
I tre giorni del Festival partono venerdì 14, con un preambolo adrenalinico tutto italiano di quello che succederà nei due giorni successivi. Ecco dunque i piemontesi Cripple Bastards, storico gruppo grindcore giunto al trentesimo anno di carriera, i punk-hardcore emiliani Raw Power, gli esordienti romani Scheletro (autori del recente “Farfalle dentro al vomito”) e infine i rabbiosi milanesi Vide.
Ma il Metal Italia entra nel vivo nella giornata di sabato 15, interamente dedicata al power-epic metal, con protagonisti provenienti oltre che dall’Italia, dalla Germania e dalla Svezia, terra madre di tantissimo metal estremo. Spicca l’esibizione degli epici toscani Domine, gruppo amatissimo dai fan italiani che - pur non pubblicando alcun Lp dal 2007 - si presenta in forma strepitosa, con una performance quasi commovente del chitarrista Enrico Paoli. Tanti brani provengono dall’album del 2004 “Emperor Of The Black Runes”, probabilmente il loro vertice compositivo. Quando i toni da battaglia di “The Aquilonia Suite” irrompono nel Live Club il pubblico risponde partecipe ai potenti richiami guerreschi del cantante Morby (“Ave domine! Ave domine!”) e ammira incredulo la complessità dell’esecuzione di Paoli.

Dalla Germania giungono i “necrofori” Grave Digger, autori di un power-metal molto classico e travolgente per il pubblico. Interessante il chitarrista Axel Ritt, dalle movenze hair-metal anni Ottanta e perfetto esecutore della storica trilogia “The Middle Ages Trilogy”. Prima di loro si erano esibiti i friulani Elvenking (folk-metal), i laziali Rosa Crucis (power), gli italo tedeschi Asgard col loro pagan-metal melodico, i veneti White Skull con la peculiarità del ritorno della vocalist storica Federica "Sister" De Boni, che squarcia il luogo comune del metal come genere prettamente maschile. I secondi headliner sono i tedeschi Rage/Refuge, due band con musicisti e storia in comune che si alternano sul palco l’una dopo l’altra in uno spettacolo anomalo nell’esecuzione ma tradizionale nella sua proposta di metal power classico. Gli headliner sono una band storica del power, gli svedesi Hammerfall, che chiudono la serata con uno spettacolo che propone un “best of” della loro lunga carriera. Brani veloci, ritmi incalzanti per un perfetto show power senza sbavature. La conclusione spetta alla canzone inno “Hearts On Fire” che chiude la serata con i cori a squarciagola del pubblico.

Se la prima giornata è stata incentrata su velocità e leggerezza, su epiche battaglie e gesta gloriose, su miti nordici e divertimento, nella seconda giornata i toni si fanno decisamente macabri e introversi, differenza fondamentale tra la velocità e i virtuosismi del power e i ritmi pesanti e oscuri di doom e black-metal. Si parte prestissimo quando la platea purtroppo è ancora semivuota, con le scelte più alternative che, come spesso capita, sono anche le più interessanti e pregne di novità. Iniziano i piemontesi Nibiru, band dotata di un enorme impatto visivo e carismatico. Sembra di assistere a un vero rituale sciamanico le cui coordinate - per comprendere davvero un ascolto così estremo - non nascono esattamente dal metal, luogo dove i piemontesi trovano più frequentemente cittadinanza. E’ probabile che i loro caotici rituali sorgano dalle ceneri della musica cosmica più psichedelica e dilatata degli Ash Ra Tempel per continuare sino al canto da sciamano del guru degli Swans, Michael Gira, sino ai viaggi lisergici più intransigenti dei Bardo Pond.

Dall’orrore psichedelico dagli elementi persino orientali, si arriva alla messa nera doom dei parmensi Caronte, con tanto di scenografia con candele, luci rosse infernali e teschi di caprone. Difficile immaginare qualcosa di più diverso dalla giornata precedente. Provengono dalla città eterna i Doomraiser che accelerano i ritmi con loro “heavy drunken doom” potente e adrenalinico. Dopo è la volta degli olandesi Dool, band che nel 2017 si è fatta notare con l'album d’esordio “Here Now, There Then”. L’impatto è potentissimo, la cantante e chitarrista Ryanne Van Dorst domina il palco senza alcun timore reverenziale, il sound non è propriamente metal ma più legato a una tradizione seventies con elementi psichedelici e tematiche dark. Vedere l’impeto della Van Dorst sul palco è un piacere per gli occhi e i finali strumentali un piacere per le orecchie. I Dool sono certamente una band da tenere d’occhio nei prossimi anni.

Arriva il momento del black-metal e si torna in Italia con i piacentini Forgotten Tombs che ripropongono per intero il loro Lp “Songs To Leave” del 2003. Dopo di loro i romani/siciliani Novembre, band di culto del black-metal italiano, con sonorità ben più melodiche dei Forgotten Tombs. Buona parte dei brani provengono dal loro ultimo Lp “Ursa”, album di svolta della loro discografia. Si giunge infine ai due headliner, la monumentale accoppiata svedese dei Tiamat e dei Candlemass. I Tiamat ripropongono i loro due Lp storici più riusciti, “Clouds” (1992) e “Wildhoney” (1994). I riff lenti e potenti, il canto gotico stanno alla base del sound degli svedesi. I due album scelti sono decisamente il vertice della loro discografia e il concerto sarebbe stato perfetto se non fosse stato per lo stato di salute di Johan Edlund che a un certo punto è costretto a lasciare il palco. Nonostante tutto, il carisma di Edlund e la potenza di brani come “Sleeping Beauty”, “Whatever That Hurts” e “The Ar” valgono il prezzo del biglietto.
Infine, il doom monolitico dei Candlemass col ritorno dopo più di trent’anni del vocalist Johan Langquist. Interessante la scelta di riproporre il loro primo album “Epicus Doomicus Metallicus” del 1986, suonato con una potenza e una compattezza spaventosa. La cosa che colpisce di più è la loro genuinità; il loro sound è il meno contaminato da altri generi che si è sentito al Metalitalia, un doom puro e granitico che colpisce gli ascoltatori come un muro. Un sincero orgoglio della propria identità.

Finisce così la settima edizione del Metalitalia, con la soddisfazione dei partecipanti e dei musicisti. Non resta che attendere dodici mesi per l’ottava edizione, fiduciosi nella proverbiale qualità di una squadra di appassionati, volontari e redattori capaci e professionali.