29/03/2018

Suuns

Monk, Roma


Tre volte a Roma in meno di due anni, nel giro di dieci mesi ospitati nella capitale sia da una rassegna di musica elettronica, lo Spring Attitude, sia sul palco del Monk in occasione di una serata del ciclo Psych Fest, come dire che i Suuns potresti metterli un po’ ovunque e non sfigurerebbero mai, con il loro personale mix che unisce suoni electro e chitarre, divagazioni noise e psichedelia basata sulla ripetizione.

Questa volta il quartetto canadese varca l’Atlantico per promuovere il quarto lavoro, “Felt”, e l’inizio della scaletta di questo giovedì pre-pasquale segue pedissequamente la tracklist dell’album, mettendo in sequenza le prime quattro tracce, le ipnotiche "Look No Further" e "Baseline", l’energetica “X-ALT”, il tripudio electro del singolo “Watch You, Watch Me”, perfetta sintesi fra Mogwai col vocoder e Trans Am.
Nel nuovo album i Suuns non fanno sostanzialmente nulla di nuovo, ma continuano a perfezionare le sperimentazioni di evidente matrice Radiohead: partono da lì per progettare una forma di crossover che si estrinseca in un formato canzone obliquo ma in qualche modo accessibile.

Con i due estratti dal precedente “Hold/Still” - “Instrument” e “Translate” - il set s’infiamma, esplodendo letteralmente nelle successive “2020” e “Powers Of Ten”, entrambe riprese da “Images du Futur”, dove sono le due chitarre ad assurgere al ruolo di soniche protagoniste, imbracciate da Joe Yarmush e dal cantante Ben Shemie. Seguono altre quattro tracce da “Felt”, per poi chiudere lo show sulle note dell’unico ripescaggio dall’esordio, “Pie IX”, e come spesso accade con i Suuns, saluti veloci senza alcun bis dopo poco più di un’ora di musica.
Fra le migliori live band emerse negli ultimi dieci anni, i Suuns si confermano su livelli altissimi, una formazione che, grazie anche all'intensa attività sui palchi di tutto il mondo, sta gradualmente aumentando la propria notorietà, e che oggi meriterebbe platee ancor più vaste.

(Foto di Alessio Belli)