02/08/2020

Brunori Sas

Monte Cucco, Suoni Controvento, Costacciaro


C’è tanta gente sul Monte Cucco. Non so dire quanta, ma abbastanza da dimostrare che si più fare, che si può ricominciare a suonare e a cantare anche scendendo a patti con il distanziamento sociale e con le paure che dovremo portarci dietro ancora per un po’. Il concerto di Brunori a 1500 metri d’altezza è l’antipasto di quello che verrà, o meglio, di ciò che tornerà a essere, quando tutto questo sarà davvero finito.
Lo sa anche lui, Dario Brunori, che accompagnato dalla umbra Lucia Sagretti e dalla storica compagna Simona Marrazzo, si avvolge di poche pochissime cose, quelle essenziali per un’occasione intima e bucolica: un violino, un pianoforte, una chitarra e poco altro.

Il sole picchia, ma il vento di tanto in tanto ne addolcisce l’incidere. E’ per via di una pioggia lontana che sta bagnando qualche posto a chilometri e chilometri da qui. Il concerto inizia puntuale, più puntuale di me che perdo l’ingresso di Brunori sul palco. Quando mi siedo sul prato arso dal caldo, mi accorgo che una mandria di cavalli staziona in lontananza, facendo da naturale scenografia al palco su cui Brunori attacca “Mio fratello Alessandro”, uno dei pezzi più belli del suo ultimo album. Pure i cavalli sembrano lì per ascoltare il concerto e forse sono anche felici di vederci così, tutti insieme, dopo un duro periodo di responsabile letargo.

brunori_9_copia_01
Rachele e Eva siedono vicino a me. Una viene da Gubbio e l’altra da Scheggino. Penso a quanto dev’essere bello poter vedere un concerto così, a due passi da casa. Forse nel pensarlo forte è andata a finire che gliel’ho pure detto. Mi raccontano di essersi avvicinate a Brunori con le canzoni più recenti, anche se le loro due preferite non sono dentro “Cip!”. Una parla di quanta profondità può scoprire l’uomo, se si spinge oltre la superficie delle cose; l’altra dell’amore di Frida Kahlo e Diego Rivera o più semplicemente dell’amore di ogni coppia e della sua infinita complessità. E' anche così Brunori, evoca nomi celebri per raccontare le storie di tutti.

Il pubblico siede composto, io lo osservo guardandomi attorno e scendendo per i corridoi che si formano tra un telo e l'altro, piccole isole in un mare giallo paglierino, il colore dello scabro Pian di Spilli che a guardarlo nei suoi contorni sembra arrotondato con la pomice. Il nipote di Brunori le sa tutte. Grida nel silenzio che divide una canzone dall'altra, mentre lo zio dal palco lo riprende scherzosamente. Si chiama Francesco e indossa un berretto rosso per ripararsi dal sole d’agosto, un sole che con la complicità delle nuvole si diverte ad accendere e spegnere le luci del concerto. Altro spettacolo di una scenografia al naturale.

Mentre penso a come dev’essere il mondo visto da Francesco, Brunori attacca “Per due che come noi”, seduto al piano. Quando sussurra “ti amo, andiamo” Simona Marrazzo diventa più compagna che musicista e voltandosi rivolge a Dario un’occhiata dolce e corrisposta. E' l’ennesima celebrazione di un tenero rito che si ripete ad ogni esecuzione.


brunori_5


Chiedo a Eva e Rachele perché proprio Brunori e loro mi parlano dei testi e di dove possono arrivare. Io ascolto e capisco tutto. E’ per quella sua poetica immediata, ma al contempo profonda, che alternando ironia e riflessione si presta ad approcci variegati, dai più ai meno impegnati.
Se con “Fuori dal mondo” batto le mani, con “Il costume da torero” ripenso a una mia cara amica e al concerto di Brunori che abbiamo visto insieme, un inverno di qualche anno fa, quando ancora si stava stretti e fuori faceva un freddo cane. Eva tira fuori il cellulare a “Diego e io”, Rachele a “Kurt Cobain”. Sono le loro canzoni. Ognuno su questo prato ne ha una sua. “Come stai” è per i fedeli, “Un errore di distrazione” per i seguaci dell’ultima ora. Comunque vada, i tempi di “Guardia ’82” sono lontani come la pioggia che sta bagnando qualche posto a chilometri e chilometri da qui e quando qualcuno la reclama Brunori ci scherza su: “Tanto non la faccio!” e sarà di parola.

brunori_4_copia_01

 

In mezzo alla natura è sempre un po' più difficile recitare una parte. Pure Brunori rinuncia alla scenetta del bis, risparmiando a se stesso un viaggio sul palco andata e ritorno e al pubblico un’altra spellata di mani, l'ennesima di questo piacevole pomeriggio.
Vicino a me una ragazza bacia il suo fidanzato, un uomo beve un sorso d'acqua dalla borraccia e una signora si infila gli scarponi che si era tolta all’inizio del concerto.
“Te ne sei accorto, sì? Che parti per scalare le montagne..” dice Brunori, mentre il vento soffia un po’ più forte di prima, quasi a voler onorare il nome di questo delizioso festival. Adesso è davvero finita. Lo hanno capito tutti che è arrivato il momento di andare, anche il sole che ora si concede assenze più prolungate.

Eva e Rachele mi salutano. Mentre si allontanano sorridono e sembrano contente, un po’ come tutti qua attorno. Persino i cavalli paiono abbozzare un sorriso, loro che da lontano contemplano file ordinate di esseri umani incamminarsi sulla via del ritorno, verso valle. Tante persone così, tutte insieme e felici, non ne vedevano da un po' di tempo.

Le foto sono di Roberta Paolucci, a cui va un grandissimo "grazie".