20/03/2022

Joan As Police Woman

Santeria Toscana, Milano


Ricordo bene il giorno del mio compleanno di due anni fa: davanti a un calice di vino rosso scartai il regalo dei miei due amici Lucio e Giacomo. Un moto di felicità e sorpresa rischiò di farmi cadere il bicchiere… Joan Wasser, la poliziotta, sarebbe tornata presto a Milano con uno dei suoi imperdibili concerti! Peccato però che nel frattempo son passati due anni da quel giorno: in ogni mio spostamento ho riposto il biglietto in mille cassetti per non perderlo. Oggi posso dire non solo di essere orgogliosa di non averlo perso, ma soprattutto che la pena dell’attesa è stata ben ripagata, più di quanto avessi immaginato. Nel frattempo infatti Joan as Police Woman ha lavorato al suo ultimo disco, uno dei più raffinati e improvvisati della sua carriera “The Solution Is Restless”, registrato a Parigi nel 2019 in compagnia di Dave Okumu e del compianto Tony Allen, eccelso batterista e pioniere dell’afro-beat, deceduto qualche settimana dopo le registrazioni.

Fin dalla mattina di un’insolita domenica del 20 marzo, dopo mesi di astinenza da concerti, sono già in fibrillazione. Mi accorgo che non sono la sola ad avere sete di buona musica. Leggo infatti sulla pagina Fb della Santeria Toscana 31, club milanese che ospita l’evento, che il set è stato raddoppiato: uno è previsto il tardo pomeriggio alle ore 18:30 e l’altro in serata alle ore 21:00… entrambi sold out! (“fiuuu… fortuna ho il biglietto da due anni “mi dico).
Mi presento in anticipo per il secondo spettacolo perché sapevo già che, per questioni di capienze e restrizioni attualmente in vigore, il locale avrebbe disposto delle sedute, non numerate. Io e i miei amici scegliamo i posti migliori ma, prima di sedermi con loro, saluto Andrea che, arrivato prima di me, è già posizionato in prima fila per scattare le foto. Noto subito, mentre parlo con lui, un ricco allestimento sul palco. In particolare ciò che mi balza agli occhi è un messaggio molto chiaro ed evidente: a sinistra dello stage, tra gli strumenti ma ben visibile, c’è un amplificatore nero con una scritta modellata con dello scotch bianco che recita “NO WAR”.

Il concerto sta per iniziare. Vado al mio posto, le luci si abbassano e finalmente, puntualissima e accolta da un caloroso applauso, Joan as Police Woman sale sul palco, seguita dai suoi tre musicisti. Un urlo pieno di euforia esplosiva – di chi non sembra aver terminato da poco un set – anticipa il suo “Buonasera Milano, come stai?”.
Sin dall’inizio si percepisce la completa sintonia tra la polistrumentista statunitense e i suoi collaboratori di lunga data: Parker Kindred (batteria), Benjamin Lazar Davis (basso elettrico) ed Eric Lane (synth e tastiere) si cimentano tra un brano e l’altro in divertenti siparietti, scambiandosi battute e interagendo col pubblico, come se fossero in uno studio di registrazione tra amici. Un gruppo perfettamente integrato e a proprio agio, in cui, fra tutti, Kindred ha l’ingrato compito di rievocare il tocco magistrale di Tony Allen. Lavoro, quest’ultimo, molto ben riuscito e reso personale, con l’aggiunta della sua voce “celestiale” nei cori. Cappellino e tuta verde per il biondissimo e istrionico Benjamin Lazar Davis che, per come riesce a tenere il ritmo muovendo il collo, diverte solo a guardarlo suonare. Infine Eric Lane, con la sua camicia colorata e l’aria sorniona, riesce a riproporre sezioni d’archi e ottoni nel mezzo di tastiere funk. La setlist (che è la stessa di tutto il tour europeo) è quasi totalmente incentrata sui pezzi del nuovo album, anche se non mancano escursioni in territorio cover e affacci sui primi dischi.

L’inizio del concerto è affidato a tre canzoni di “The Solution is Restless”, un capolavoro compositivo dalle innumerevoli influenze, una sorta di moderno afro-soul, intriso di R&B e stile cantautorale. Destrutturato e libero, è stato il frutto della post-produzione solitaria e laboriosa di Wasser che ha costruito i brani trasformando le jam in canzoni, partendo sempre dai pattern ritmici di Allen. In “Get My Bearings” sembra scorrere sangue black: la frontwoman inizia il suo show seduta alle tastiere e ci resta anche per il secondo brano “Take Me To Your Leader” dalle atmosfere jazzy, che termina con una coda quasi ipnotica; lo stesso groove coinvolgente, nonostante le armonie tutt’altro che scontate, per “Masquerader”, track che Joan esegue alla chitarra dopo aver scambiato qualche battuta con i suoi straordinari musicisti, che da questo momento si sciolgono completamente.
A seguire un ottimo arrangiamento alle chitarre per “Hard White Wall”, ripescata direttamente dall’album del 2008 (“To Survive”). La prima delle tre cover in programma è una suadente e morbida “Sweet Thing” di David Bowie in “Diamond Dogs”, che era stata inclusa come bonus track nell’edizione speciale di “Real Life”. Arriva poi il momento di un piccolo capolavoro come la seducente “Geometry Of You” per la quale Joan torna alle tastiere tenendo fede a un ritmo sincopato e flessuoso, narrando di sensualità e matematica. Qui più che altrove la sua voce sensuale plana su una struttura musicale totalmente libera, che si destreggia tra atmosfere soul-r&b e funk, veleggiando tra note di pianoforte e melodie d’archi. La seconda cover proposta dal quartetto è l’imperdibile “I Keep Forgettin’” di Michael Mc Donald inserita nell’album “Cover Two”: qui la Wasser stravolge totalmente il brano originale che da un pezzo pop anni 80 diventa una ballata seducente in cui la voce morbida e intima di Joan, sostenuta da un ritmo della batteria quasi ipnotico, mette in gran risalto il testo.

Il mix è capace di trasportarti in un altrove immateriale, un luogo sicuro in cui rifugiarsi. “Let It Be You” è il brano che coincide anche con la title track del disco realizzato insieme a Benjamin Lazar Davis nel 2016: qui Joan aggiunge ritmo battendo in levare le sue clavette. Subito dopo, ancora un brano da “Real Life”, “Feed The Light”, dal finale dolce come una nenia. È poi la volta di una squillante “Tell Me”, pietra miliare da “Damned Devotion” cantata dal pubblico presente all’unisono. Dedicata al guru dell’afrobeat una splendida versione dell’oscillante “Dinner Date”, trainata dalle poliritmie e dal drumming dello stesso Allen. Di “The Solution Is Restless” l’artista americana propone l’ultima canzone (che poi è la traccia n.1 sul disco): la sperimentalissima “The Barbarian”, che si staglia su un velo di luci fucsia.
A chiudere l’immancabile “The Magic” dall’album “The Deep Field”. A questo punto, tra applausi scroscianti, il quartetto esce di scena. Il tempo di un sorso d’acqua e l’instancabile Wasser è già nuovamente sul palco per un bis di tre brani: il primo è la struggente “Your Song”, una versione suonata al piano-solo estremamente intima ed emozionante (e per la quale devo ringraziare il mio amico Lucio per averla richiesta!). E poi la straordinaria proposta di un classico di Timmy Thomas “Why Can’t We Live Together”, perfettamente nelle sue corde. Per chiudere, gran finale con una vibrante e ispirata “Holy City”, un “classico” riarrangiato con una veste totalmente nuova e ricercata.

E dunque nulla da eccepire, dopo un’ora e mezza di concerto, un lungo e grato applauso per Joan as Police Woman che è sempre una meravigliosa conferma: anche stavolta si è presentata in splendida forma, piena di empatia nonostante non sia potuta correre a salutare i fan al merch, come è solita fare dopo ogni suo live. Con l’altruismo di chi desidera regalare emozioni ancor più intense dopo i due anni di attese e paure. Con l’attenzione di chi guarda con realismo al triste periodo che stiamo vivendo (l’immagine in chiusura e a luci spente è ancora quella dell’amplificatore sul quale campeggia la scritta “no war”). Con il coraggio di essere libera e la curiosità di chi propone, con mente aperta e disponibile al confronto, approcci sempre diversi tra i generi musicali più disparati. Mai uguale a sé stessa, è decisamente una delle artiste più eclettiche in circolazione… grazie Joan!