Difficile descrivere il C2C a chi non c’è mai stato. Nell’immaginario collettivo, l’esperienza classica del festival musicale fa solitamente rima con palchi all’aperto, calura estiva e uno slot temporale che va dal primo pomeriggio a poco oltre la mezzanotte. Spesso, soprattutto negli ultimi tempi, fa rima anche con la necessità di coinvolgere il maggior numero di persone attraverso line-up sempre più eterogenee sia dal punto di vista del genere musicale che da quello dell’età degli artisti. Chi si avvicina al C2C deve invece adeguarsi a nuovi parametri, soprattutto perché stiamo parlando di qualcosa che si svolge al chiuso (con location d’elezione OGR e Lingotto), nel periodo autunnale, e prevalentemente di notte. Togliendo i primi anni di vita del festival, quando il nome Club To Club alludeva al peregrinare tra locali di Torino con l’intento di sperimentare altrettante facce del clubbing, è noto che l’evento ha via via spostato il focus su altri elementi particolarmente cari al team Xplosiva che da sempre ne cura la produzione artistica. Gli ultimi dieci anni della manifestazione in particolare sono stati l’emblema di una triplice natura, nella quale il clubbing vero e proprio è stato affiancato sempre più dall’elettronica d’avanguardia e dall’avant-pop. Il messaggio è chiaro, ed è la manifestazione più tangibile dell’incredibile offerta su cui possa contare oggi il territorio torinese: se volete un’esperienza legata esclusivamente al dancefloor, potete trovare pane per i vostri denti al Kappa Futur Festival, happening dai numeri sempre crescenti nel luglio bollente del Parco Dora, o al Movement.
Con questa linea editoriale ben precisa nella testa, il C2C è diventato un’esperienza collettiva dalla natura sia fortemente focalizzata, grazie a sonorità che non possono prescindere dalla componente tecnologica – e quindi, da quella futuristica - sia piuttosto inclusiva, grazie alla capacità di portare alle orecchie del proprio pubblico cose che non avrebbe mai immaginato di sentire qui. L’edizione 2023 non ha fatto differenza in tal senso – e non vorrei suonare riduttivo descrivendola così, perché C2C è un’eccellenza internazionale alla quale tutti guardano con il rispetto che si riserva a coloro che hanno saputo creare dal nulla un concept vincente e personale, sempre supportato delle istituzioni cittadine – pur distinguendosi per la capacità di scommettere su un cartellone in larga parte composto da artisti mai transitati su questo palco (quelli invece di ritorno erano Flying Lotus, Yves Tumor, Bill Kouligas, Space Afrika, Avalon Emerson e Spiritual Sauna).
Cose nuove da Il Mondo (che poi è il tema di questa edizione, legato a una carta dei Tarocchi che simboleggia il complesso del manifestato e il riflesso di un’attività creatrice permanente)
Parto con un accenno alle novità dal punto di vista organizzativo, dal momento che il team Xplosiva è sempre molto attento alla possibilità di migliorare ogni singolo aspetto dell’esperienza (fanno fede i regolari survey inviati ai partecipanti). Da frequentatore piuttosto abituale ho apprezzato sia la scelta di predisporre un’area food del tutto nuova all’esterno (coperta e dotata di tavoli e panche, con street food e beverage di qualità) sia quella di organizzare in senso circolare il flusso di chi si spostava da uno stage all’altro (verso il main stage, sempre passando attraverso il corridoio illuminato da fasci laser verdi, e verso lo Stone Island stage, sempre passando attraverso il padiglione 2 del Lingotto - affascinante nella sua oscurità punteggiata da luci bianche - solitamente utilizzato soltanto come separatore acustico tra i due ambienti). Meno brillanti le scelte di trattenere 2 euro per ogni 20 caricati sul braccialetto token e di somministrare bevande attraverso un bicchiere (riciclabile) sprovvisto di tracolla, cosa che ha obbligato il pubblico a girare con il bicchiere in mano (pieno o vuoto) per tutta la serata, ma si tratta di dettagli in un’organizzazione per lo più inappuntabile.
Prima serata – Officine Grandi Riparazioni
La serata del giovedì alle OGR è da sempre il momento che cerca di trovare un bilanciamento tra le varie anime del festival, ed è anche la serata per così dire più artsy, quella in cui il pubblico non cerca necessariamente l’impatto visivo e sonoro. Passata la suadente collezione di frammenti ambient e post-rock diluiti in miniature chitarristiche della newyorkese Rachika Nayar, veniamo sorpresi dai suoi conterranei Model/Actriz, autori di un noise rock a deriva industrial sul quale il cantante Cole Haden dispiega la sua ostentata eleganza di movimenti unita a un’aggressività vocale di matrice hardcore. Le due cose insieme nella stessa persona fanno un certo effetto, ma sono più che efficaci per veicolare i temi del loro debutto discografico sulla lunga distanza ("Dogsbody"), attinenti al distacco, alla perdita e agli amori abusivi.
Restiamo nella Big Apple con Caroline Polachek, il cui nome spunta sul cartellone del C2C ben due volte, e stasera è qui per far conoscere al pubblico le sue velleità alla console. Il dj set è piacevole, ben strutturato, anche poco prevedibile nella prima parte, ma un po’ adagiato sulla cassa dritta nella seconda. La attendiamo al varco domani per vederla e sentirla nel ruolo che le riesce meglio, ovvero quello di star del pop contemporaneo.
Seconda serata – Lingotto Fiere
Quello proposto da Marina Herlop è un viaggio che non ci saremmo mai aspettati di fare in apertura di serata, eppure l’artista sperimentale catalana porta sul main stage una raffinatezza di trame vocali a tratti ammaliante, che attinge con misura tanto da Holly Herndon quanto dalla Bjork di "Medulla". La Herlop e le sue due coriste non lesinano su un’espressività facciale che sottolinea il vasto insieme di sensazioni in gioco, e su una teatralità che con assoluta discrezione rende impossibile distogliere gli occhi e le orecchie da quello che sta succedendo. Progetto davvero notevole, e dalla resa live superiore a quella su disco.
Si continua a parlare spagnolo, e sempre con una certa teatralità, quando la colombiana Lucrecia Dalt e il suo percussionista di lì a poco offrono al pubblico torinese il loro modo tutto lynchiano di stare su un palco. Eleganza e sintomatico mistero per Lucrecia, in stretta assonanza con il suo timbro vocale, naïveté tribale per Alex Làzaro e il suo stratificato set di conga, marimba, rullanti e piatti disposti a cerchio intorno a lui e ad altezze ben oltre la sua testa. La proposta, parimenti al disco, si adagia su un retroterra sonoro che attinge dal bolero, dal son, dalla rumba, restituito però in chiave minimal e talvolta electro, nel quale la voce tenebrosa di Lucrecia emerge fascinosamente surreale.
Forse il main stage del C2C non è l’opzione migliore per mettere in scena questo tipo di rarefazione, ma nell’insieme è un momento piuttosto alto. Ci spostiamo allo stage Stone Island (sostanzialmente un palco circolare circondato da un potente sound system con un numero imprecisato di diffusori che raramente permette di vedere chi ne è l’utilizzatore al centro) per due interessanti set a cura di Hagop Tchaparian, britannico di origine armena in grado di modellare con facilità influenze tribal house ed etno/urban, e il duo di conterranei Space Afrika, recentemente operanti nel campo dell’hauntology e della deframmentazione ritmica. Lo Stone Island stage è perfetto per il lato club oriented del C2C, perché tende a far perdere la dimensione del concerto vero e proprio e obbliga tutti a concentrarsi solo su quello che esce dall’impianto, come a un rave.
Si torna al main stage per Caroline Polachek, stavolta in versione live. Indiscutibile il fatto che il suo "Desire, I Want To Turn Into You" sia uno dei dischi pop dell’anno (la sala è imballata e tutti sembrano conoscere i testi delle canzoni), indiscutibile il fatto che la Polachek abbia il talento che si addice a una stella del pop, sia in termini di presenza scenica che vocale. Il set spara quasi in sequenza i singoli estratti dall’album (la title track, "Bunny Is A Rider", "Sunset"), che in un eccesso di produzione suonano però fin troppo aderenti al disco. Caroline prova ad evitare le esagerazioni tipiche del pop in generale, prima fra tutte quella che suggerisce di insistere troppo sul chorus, regalando momenti di piacevole intrattenimento. Più discutibile invece la scelta di riservare alla seconda parte dello spettacolo quasi tutte le ballad, ingolfando così un finale che poteva essere la ciliegina sulla torta del live.
A questo punto della serata (è l’una e un quarto) serve un vero boost, e non può che avvenire sul dancefloor. I due fratelli gallesi Ed e Tom Russell, aka Overmono, se ne assumono il compito regalando un set che mischia techno, jungle e breakbeat ai massimi livelli (e nel quale emerge il sontuoso remix di "I Have A Love" di For Those I Love), soddisfando palati e orecchie di un vasto campionario di età anagrafiche in sala. Per il momento, e per quanto mi riguarda, la loro proposta in console è ancora nettamente superiore a quella su disco.
Terza serata – Lingotto Fiere
La programmazione stasera appare nettamente sbilanciata in favore del main stage, per di più con una netta prevalenza di artisti di casa Warp (Slauson Malone, Yves Tumor, Flying Lotus). Si comincia quindi con la creatura dell’artista multi-disciplinare Jasper Marsalis, che fa dell’avanguardia artistica il suo credo fin dai tempi del collettivo newyorkese Standing On The Corner. Il progetto Slauson Malone ha come intento quello di (leggiamo da Bandcamp) "esplorare le possibili intersezioni tra musica popolare e performance art" e per quanto ci è dato vedere si configura da subito come una delle esibizioni più oblique dell’intera edizione 2023 del C2C. Marsalis utilizza la sua chitarra acustica per punteggiare arpeggi astratti dal sapore jazz/folk apparentemente sconnessi, talvolta stratificati in loop e sottolineati da un cantato a tratti confidenziale a tratti isterico. Ad accompagnarlo, un violoncellista che si fa carico di tracciare un fil rouge per tutta la durata del set, anche quando l’aspetto performativo prende il sopravvento e rende imperscrutabile il messaggio. Per quanto enigmatici, Jasper e il suo collaboratore riescono nell’impresa di mettere in scena un metaverso dell’inconscio che obbliga il pubblico al silenzio e a qualche sorrisino sarcastico nell’attesa della prossima mossa, ricordandoci che l’arte ha sempre il compito di smuovere il nostro approccio alle cose, soprattutto quelle che diamo per scontate. A loro modo, indimenticabili.
Di tutt’altro tenore è la performance di Yves Tumor, di ritorno al C2C dopo le esibizioni del 2017 e 2018. Look a metà tra il sadomaso e il cyber-punk, Sean Lee Bowie (ma c’è incertezza sia sul suo vero nome che sulla sua città di residenza – si dice Torino) si presenta con una band che deve sostenere il suo feroce desiderio di spostare il baricentro verso il rock, in netta controtendenza rispetto al set del 2018. I brani dell’ultimo "Praise A Lord Who Chews But Which Does Not Consume; (Or Simply, Hot Between Worlds)" vengono infatti restituiti con un piglio oltremodo debitore dell’ossessione tutta anni Ottanta per gli assoli di chitarra. Il risultato potrà anche essere perfetto per un live, ma è senza dubbio limitante per un personaggio dotato di imprevedibilità ed eclettismo sonoro come lui. Per rincarare la dose, Yves chiude lo spettacolo ingaggiando una specie di lotta con la videocamera dell’operatore alla sua destra, nel tentativo di dirigere l’obbiettivo chissà dove, fino a staccarla dal suo supporto. Se voleva attirare l’attenzione c’è riuscito, ma preferisco ricordarlo per le esibizioni precedenti.
Restiamo qui al main stage per uno dei nomi di punta di questa edizione, ovvero King Krule. Temevo fosse rischioso farlo salire sul palco del C2C alle 23.15 del sabato (probabilmente il momento di massima affluenza del festival) e invece mi sono dovuto ricredere, perché Archy Marshall tiene in pugno la folla senza alcun tipo di esitazione per più di un’ora, armato della sua chitarra e di una manciata di canzoni mature al punto di fargli spazio nell’Olimpo dei songwriter più importanti degli ultimi dieci anni. È ovvio che abbia un’ottima band al seguito, ma per attitudine e personalità questo ragazzo potrebbe tranquillamente tenere il palco da solo, tanto è convincente nel raccontarci la sua storia, quella che va da "Easy Easy" e "Dum Surfer" fino alle più recenti "Seaforth" e "Hamburgerphobia", tratte entrambe da "Space Heavy".
Il tempo di una bevanda e ci prepariamo a quella che dovrebbe essere l’ultima grande cartuccia sparata dal C2C 2023: Flying Lotus. Coadiuvato dallo stellare sistema di visual messo in piedi da Xplosiva (con pannelli distribuiti anche ai lati e sul soffitto della sala), Steven Bingley-Ellison dà vita a un memorabile viaggio cosmico nel quale l’intera black culture (ovvie le citazioni a Kendrick Lamar) fa capolino tra le pieghe dei beat e delle bassline. I venti minuti che seguono il suo annuncio al microfono "And now, some West Coast funk shit" sono quanto di più devastante io abbia mai sentito in questo capannone, e se la giocano alla pari con l’altrettanto strepitoso set di un altro semi-dio passato da queste parti, Aphex Twin. Impossibile stare fermi, impossibile non ballare, e laddove proprio l’onda sonora non riesce a muoverti (sempre ammesso che tu non sia sordo), è qualche tuo vicino a shakerarti più o meno involontariamente. Il finale di serata e di festival che tutti aspettavamo. La fotografia che ti si stampa negli occhi e nelle orecchie. Voto: dieci
Fine del tour
Esco dalla sala con il consueto bagaglio di belle sensazioni e, nonostante la stanchezza dovuta agli orari e al tempo passato in piedi, provo a fare una valutazione su quelli che sono stati i miei highlight di questa edizione: Marina Herlop, Overmono, King Krule e Flying Lotus. Sui primi due, a onor del vero, forse non ci avrei mai scommesso, ed è questa una delle cose che dopo tanti anni ancora mi spinge ad andare al C2C, ovvero il fatto che riesca sempre a scardinare i preconcetti. Pur consapevole che il festival quest’anno prevede una quarta serata, la domenica, nuovamente alle OGR, abdico in favore di un meritato recupero fisico. Resta la convinzione che Torino non abbia bisogno di discutere sull’arrivo di nessun importante brand dell’intrattenimento festivaliero dall’estero, dal momento che ci sono solide e italianissime realtà come il C2C già stabilmente entrate nel cuore di un’intera città e, forse, di un’intera nazione.
(Foto di Loris Brunello, Kimberley Ross, Fabiana Amato, Paolo Ciro)
Model/Actriz
Caroline Polachek
King Krule