24/10/2023

Motorpsycho

Santeria Toscana 31, Milano


There's ghosts around,
They're guardians of the soul,
The conscience and control,
Infused with city stories they remain…
There's ghosts around,
You feel their sadness floating on the breeze
In the air and in the ground,
They are forever here
In the aether, in the spheres,
Infused with city stories they remain
(Motorpsycho, “Sentinels”)

Non esiste scenario più calzante di un’umida serata milanese, con le strade lastricate velate dal luccichio della pioggia che ha picchiato incessantemente per tutto il giorno, per calarsi nell’ascolto dal vivo dei Motorpsycho, pronti a saturare e riscaldare le mura della Santeria Toscana 31 con i loro virtuosismi intrisi di psichedelia. La quarta tappa italiana a supporto dell’ultima fatica dai contorni folk “Yay!” ha visto Bent Sæther e Hans Magnus Ryan, accompagnati dal nuovo batterista Ingvald Vassbø, registrare un sold-out, segno della rinnovata fedeltà da parte del pubblico che, anno dopo anno (e data la prolificità, nel loro caso è quasi sinonimo di “disco dopo disco”), segue le loro piccole evoluzioni. Nessun gruppo spalla, solo una minima attesa, durante la quale il pubblico, tra birrette, chiacchiere e foto alle pedaliere, prende posto in sala con la massima tranquillità.

Un grande punto a favore e marchio di fabbrica del trio norvegese è la varietà della setlist, modificata per buona parte di sera in sera e quindi impossibile da prevedere, a cui segue la cura della struttura del live in crescendo, caratterizzata da un
set acustico introduttivo di stampo folk, e i restanti due terzi della scaletta dominati da sonorità che oscillano tra hard-rock, rock progressivo, heavy-psych, e qualche vezzo space, sostenute da visuals ipnotici ed efficaci giochi di luce.
Puntualissimo, il gruppo si schiera sul palco alle 21 spaccate, inaugurando la prima parte acustica con i cori e i giri di chitarra armonici della nuova “Dank State” e una versione scarna e riflessiva di “Sunchild”, avvolta da un clima quasi religioso. Con la sottile “Patterns” la parola passa a Ryan, in primo piano anche sugli accordi di “Mad Sun”, a cui fa seguito la corale “Feel”, tratta dall’ottimo “Timothy’s Monster”, retta dalle trame melodiche dei
synth di Vassbø sullo sfondo.

Lo show cambia gradualmente volto con i primi virtuosismi di chitarra di Ryan su una “Sentinels” molto più ricca, intensa e soprattutto psichedelica, rispetto alla versione originale presente su disco, punto di partenza del lungo
set elettrico. Si prosegue con la partenza slowcore di “Manmower”, corredata da una coda chitarristica che mescola noise e psych-rock, i ritmi coinvolgenti della canterburyanaSerpentine” e la lunga e vorticosa suite di carattere progressive “Gullible's Travails”, rimanendo in atmosfera affine con l’incedere epico di stampo crimsoniano, che intreccia bassline e riff di chitarra potenti, della successiva “Like Chrome”.
Alzano ulteriormente l’asticella e i toni “Superstooge” e la
cover di “August” dei Love, dove a spiccare in primo piano sono i bei virtuosismi di batteria di Vassbø, anticamera della più acclamata e loud “Nothing To Say”, celebre brano dal retrogusto grunge, cantato in coro insieme al pubblico. Ci si continua a scatenare con l’hard-rock reboante di “The Alchemyst”, per poi rallentare momentaneamente con il crescendo sintetico di “Mona Liza/Azrael”, monumentale chiusura del set principale.

Dopo la consueta uscita di scena per riprendere fiato (e recuperare una birretta), il ritorno sul palco per l’
encore vede susseguirsi la doppietta micidiale “Hogwash” (scelta in corso d’opera, poiché inizialmente la setlist prevedeva “Psychotzar”), introdotta da divagazioni sintetiche, e “Plan #1”. A fronte di due ore e mezza (piene) di show, tra jam strumentali dove a farla da padrone sono tecnica e affiatamento invidiabili, i Motorpsycho si confermano nuovamente tra i progetti che valgono la pena di essere visti dal vivo almeno una volta nella vita, e che, anche alla centesima esibizione osservata, riescono sempre a riservare inaspettate sorprese.