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A qualche anno di distanza dalla loro ultima “calata” in Italia, i Preoccupations sono stati protagonisti nei giorni scorsi di una manciata di concerti nel Belpaese per presentare dal vivo al fedelissimo pubblico tricolore le canzoni che compongono “Arrangements”, pubblicato nel 2022. Abbiamo seguito le loro date al Covo Club di Bologna e all’Arci Tom di Mantova: ecco com’è andata.
Bologna, 01/03/2023
Requiem alla melodia e alla civiltà attuale. In questa rigidissima prima serata marzolina ad accogliere gli irriducibili avventori del Covo Club di Bologna è un piccolo muro compatto di amplificatori sul palco, segno inequivocabile di ciò che li aspetterà poco dopo. L’ultima visita dei Preoccupations in Italia risaliva ad inizio febbraio del 2019 e tra le location prescelte figurava anche in quell'occasione il Casalone, all’epoca teatro di presentazione dell’anello debole “New Material”. La voglia di rivederli sulle scene con la nuova fatica “Arrangements” è stata tale da permettere loro di registrare un inatteso e meritato sold out.
A fare gli onori di casa sono i canadesi Ghost Woman, formazione attualmente composta dal frontman Evan Uschenko alla chitarra e da Ille Van Dessel alla batteria. Su disco il duo appare improntato a un revival psych-rock dei Sixties ispirato a Kinks, Hollies e affini, a tratti un po’ più garage e blues à-la The 13th Floor Elevators e Link Wray, mentre nella sua dimensione dal vivo assume inaspettatamente tutt’altro contorno, caratterizzato da atmosfere oscure e riff ronzanti tipici dei territori nu-gaze e confinanti.
Se da un lato il sound appare stravolto e assume una maggiore grinta di cui gli album risultano carenti, la pecca maggiore dell’esibizione riguarda il bilanciamento tra microfoni e strumentazione. I pochi interventi degli artisti sono impossibili da sentire, totalmente sommersi dagli strati sintetici di chitarra effettata e giri di batteria. Si crea quindi un duetto quasi totalmente strumentale e ininterrotto, incastro tra i ritmi macinati efficacemente da Van Dessel (“Street Meet”, “Dead & Gone”), spesso principale protagonista della scena, e le trame chitarristiche di Uschenko, sempre concentrato sulla pedaliera. Parecchio “woman” ma anche molto “ghost”. Solo in un paio di brani, principalmente la scarna “Behind Your Eyes”, è possibile sentire distintamente le parole e riagganciarsi al mood dell’omonimo debutto “Ghost Woman” e del sophomore “Anne, If”.
Dopo un processo di cambio palco non indifferente, fanno capolino i synth, la batteria e i pochi amplificatori (ma non per questo meno potenti dei precedenti) del quartetto guidato da Matt Flegel. La prima metà del live dei Preoccupations è tutta dedicata ad “Arrangements”, eseguito per intero e in ordine, dai primi versi dell’ottima apertura “Fix Bayonets!” ruggiti nel microfono, fino alle note decise e concentriche del balletto goth “Tearing Up The Grass”.
“Ricochet” e “Death Of Melody” scaldano al meglio l’atmosfera e si prestano a un’esecuzione abbastanza fedele dal vivo, mentre i guitar riff armonici si contrappongono al passo pesante dettato dall’incedere di batteria di “Slowly”. Ad essa fa seguito il crescendo riflessivo di “Advisor”, lungo il quale si affacciano e prendono il sopravvento i primi passaggi strumentali di rilievo, così come nella successiva “Recalibrate”, dove spiccano i synth di Scott Munro e un sempre più concentrato Flegel, che canta a occhi chiusi e abbraccia il proprio basso.
La seconda parte dell’esibizione è inaugurata da un deciso aumento dei volumi e della prepotenza dei bassi, con un trittico proveniente dall’ottimo “Viet Cong”, durante il quale gli spettatori vengono soggiogati al punto da sembrare marionette mosse in sincrono dai suoni del gruppo. Si parte con l’accoppiata prominente di basso e batteria di “Continental Shelf”, proseguendo con le piroette super-joydivisioniane di “Silhouettes” e gli strumentali esplosivi di “Bunker Buster”.
La dinamica “Disarray” alleggerisce momentaneamente l’atmosfera preparando in maniera adeguata all'imponente suite in tre atti, per un totale di quasi una dozzina di minuti, “Memory”, senza eguali nella sua versione dal vivo.
We play the life secure with give and take
We build the buildings and they’re built to break
Tell me, tell me, tell it to me, tell it straight:
What is the difference between love and hate?
La preghiera anti-melodica dedicata a un mondo sempre più incerto e instabile sull’orlo del precipizio, leit-motiv chiaro e lampante dell’ultima fatica del quartetto canadese, si conclude con il sarcasmo dell’evergreen “March Of Progress”, il cui interrogativo finale di questi tempi appare significativo più che mai.
I Preoccupations non deludono, scegliendo per il loro ritorno una scaletta ben bilanciata con un focus sulle ultime novità, in perfetta sintonia con il materiale precedente a cui lasciano le intense (e amare) riflessioni finali.
Mantova, 02/03/2023
Un giovedì sera molto freddo, uno dei più freddi dell’anno. Al Tom non c’è il sold-out della notte prima a Bologna: del resto le due città distano soltanto cento chilometri, e in tanti hanno già presenziato ventiquattro ore prima nel capoluogo felsineo. La grande sala del circolo mantovano, però, è gremita da circa duecento persone in trepidante attesa di un evento che da queste parti, in fondo alla campagna - come direbbe Paolo Conte - non è esattamente roba di tutti i giorni.
Scaldati i motori con il set dei Ghost Woman, si parte con i Preoccupations, ed è subito, come la sera prima a Bologna, all’insegna delle canzoni del nuovo album. “Fix Bayonets!”, opener sia su disco che dal vivo, fa capire alla platea che per la successiva ora e un quarto circa di concerto non ci saranno sconti. La prima cosa che colpisce dei Preoccupations, oggi come nel 2016 quando li avevamo incrociati al Locomotiv di Bologna, è il muro del suono. Subito dopo, in perfetta simbiosi, la furia animalesca del quartetto canadese si esprime in particolar modo in una “Ricochet” che rimbomba forte e chiara con il suo messaggio “politico” tra le quattro pareti del Tom.
Tra un pezzo e l’altro, nel corso della scaletta, c’è tempo anche per un breve (ma nemmeno troppo) siparietto per fare gli auguri di buon compleanno a Daniel Christiansen, con quest’ultimo a contorcersi in un prolungato assolo mentre il resto della band filma il momento con lo smartphone.
A fare da spartiacque al concerto è forse il pezzo più atteso in assoluto dal pubblico, un brano della “vecchia guardia” nel repertorio dei canadesi: “Continental Shelf”, un monolite post-punk che fa ondeggiare il pubblico assiepato sotto il palco.
La seconda parte del concerto è persino in crescendo in termini di frastuono e di livello qualitativo, perché dal repertorio dei Preoccupations escono mine vaganti come “Silhouettes”, una versione devastante (per decibel e intensità) di “Disarray” e, quasi sul finale, quello che per chi scrive è forse il brano più bello scritto dai Preoccupations, una “Memory” che, come da copione, a metà della sua lunga traiettoria si trasforma in un pezzo wave di assoluta bellezza.
A chiudere definitivamente i conti con il pubblico mantovano è, come la sera precedente, una “March Of Progress” che è di nuovo una capriola all’indietro di quasi dieci anni, quando i quattro si chiamavano Viet Cong e facevano capolino sulle scene internazionali mietendo successi tanto immediati quanto, per certi versi, quasi inaspettati. Ma questa è un’altra storia: alla prossima, Preoccupations!