19/09/2023

Squid

Santeria Toscana 31, Milano


Nulla scalda il cuore più del contatto diretto e della chimica instaurata tra artista e pubblico, accalcato ai piedi di un palco senza transenne, durante un’esibizione dal vivo: a Milano questa atmosfera intima da club, allargata alla presenza di più di cinquecento persone, si ritrova alla Santeria Toscana 31, istituzione meneghina di fronte al campus Bocconi. A segnare tra i primi la riapertura stagionale, registrando un sold-out in cassa a inizio settimana, sono gli attesissimi Squid, band rivelazione tra sperimentazioni rock, art-punk e attitudini kraut-rock e di elettronica progressiva, alla loro prima data italiana da headliner, dopo la visita al Todays nel 2022 e la comparsata al Poplar Festival di Trento di quest’anno.

Ad aprire la serata è l’incantevole voce di Naima Bock, ex-bassista del progetto Goat Girl, in tour per presentare il suo primo lavoro solista tra bossa nova e folk “Giant Palm”, di tutt’altro tenore in confronto alle sonorità post-punk sperimentate con la band di South London. Decisamente fuori target rispetto ai protagonisti dell’evento, e di conseguenza non considerata adeguatamente, Naima esegue con l’ausilio della sola chitarra acustica il nuovo singolo “Lines”, l’ancora inedita “Gentle”, una personale versione di “Assum Preto” di Luiz Gonzaga, oltre ai pezzi forti “Campervan” e “Giant Palm”, avvolta e via via inghiottita dal crescente brusio di sala all’arrivo del pubblico.

Fatto un rapido controllo della strumentazione, il quintetto di Brighton capitanato dal batterista Ollie Judge si schiera sul palco e attacca con la coinvolgente intro dominata da percussioni e tastiere di “Swing (In A Dream)”, dove il pensiero vola subito alle strutture complesse di "YYZ" dei Rush (non a caso è risaputo che il compianto Neil Peart fosse amante dei tempi dispari) e nella cui seconda parte spiccano gli ottoni di Laurie Nankivell, protagonista anche all’interno del new jazz robotico della successiva e oscura “If You Had Seen The Bull's Swimming Attempts You Would Have Stayed Away”, alla quale fanno seguito i passi funkeggianti della corale “Undergrowth”. Una partenza in crescendo graduale, caratterizzata da balli sul posto sulle note del trittico appartenente al nuovo “O Monolith”. Considerato il ruolo del frontman, ciò che salta all’occhio è l’imposizione della batteria in primissimo piano, allineata perfettamente con il resto dei componenti della band, dettaglio che tuttavia non rende la performance eccessivamente monopolizzata dalla stessa o meno equilibrata.

Le sferzate di basso sulla strumentale ed elettrizzante “Leccy Jam” introducono efficacemente l’ottima doppietta pescata dal debutBright Green Field”, ovvero la spigolosa e trascinante “G.S.K.”, arricchita da un outro esteso, e il colpo di grazia sferrato dalle chitarre impazzite della lunga e vertiginosa “Narrator”, sulla quale si accendono finalmente i tanto agognati poghi. Presi questi ultimi come elemento di discrimine che mette in luce l'effettiva differenza tra i due capitoli sfornati dalla band, con una possibile lieve preferenza per il primo, dall'attitudine art(-dance)-punk più asciutta e tagliente, non risulta tuttavia un reale contrasto tra l'anima punk dell'esordio e quella improntata maggiormente all'elettronica del sophomore, in quanto poste in naturale continuità tra loro all'interno del percorso live. L’intervento di cornetta di Nankivell funge da ponte con la catartica e vibrante “After The Flash”, perfetta anticamera per la serpeggiante “Devil's Den”, al cui finale esplosivo si agganciano i ritmi nevrotici à-la Lcd Soundsystem della micidiale “Peel St.”.

Si riprende fiato con “Documentary Filmmaker”, al termine della quale Arthur Leadbetter lascia le tastiere per imbracciare brevemente il violoncello elettrico, per poi gettarsi a perdifiato sull’andamento funky e i guitar-riff scatenati della reboante “Pamphlets”, fino alla perfetta chiusura con la distopica (ma non troppo) “The Blades”.
Quintetto tra i più semplici e senza fronzoli, quasi timido, ma solo all’apparenza, gli Squid sono una macchina da guerra eccezionale con una grande preparazione tecnica, capace di ipnotizzare il pubblico con uno spettacolo corale perfettamente orchestrato. Abili giocolieri in grado di tessere trame complesse e passare da uno strumento all’altro senza batter ciglio, anche all’interno dello stesso brano, aprono una porta su una dimensione oscura e trasognata, alternando sapientemente momenti riflessivi ad altri più isterici e bistrattati, fino alla conclusione dove non vi è più distinzione tra incubo e realtà. Un’emotiva altalena di suoni, tra intro e dissolvenze cucite ad hoc per unire le tracce in un unico viaggio che vale il prezzo del biglietto.

Setlist

Swing (In A Dream)
If You Had Seen The Bull's Swimming Attempts You Would Have Stayed Away
Undergrowth
Leccy Jam
G.S.K.
Narrator
After The Flash
Devil's Den
Peel St.
Documentary Filmmaker
Pamphlets
The Blades

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