When you'll be bare and unknown
On a walk in the park in the dark all alone
Your key's in your bag, your earbuds full blast
To drown out the birds, disposition downcast
And you will call it bliss…
Quando si parla di BOtanique, il sinonimo è quello di “eccellenza garantita”: l’ormai consolidata kermesse bolognese, giunta quest’anno alla sua tredicesima edizione e collocata all’interno dei giardini di via Filippo Re, vanta un fitto elenco di appuntamenti distribuiti tra giugno e luglio, e tra quelli che avevano attirato maggiormente l’attenzione fin dai primi annunci figuravano nientemeno che gli Arab Strap, che nella città felsinea tornano spesso e volentieri. Come già anticipato nella nostra intervista, il duo scozzese formato da Aidan Moffat e Malcolm Middleton ha deciso di incentrare il nuovo tour sulle sue ultime produzioni, con ben nove pezzi estratti dall’ultima e valida fatica “I'm totally fine with it don't give a fuck anymore”, e tre appartenenti all’ottimo ritorno sulle scene avvenuto nel 2021 “As Days Get Dark”, aggiungendo qualche altra piccola sorpresa e modellando le canzoni intorno a un’allargata formazione a cinque.
Il trittico d’apertura detta da subito il passo della performance, seguendo la tracklist dell’ultima pubblicazione con l’incedere pesante di “Allatonceness”, l’elettronica scura di “Bliss” e il drumming e gli arpeggi di “Sociometer Blues”, il tutto accompagnato da suggestivi giochi di luce, alcuni di essi situati anche sulle arcate della Palazzina della Viola, alle spalle del palco.
Si prosegue con la sezione ritmica in primo piano di “The Turning Of Our Bones”, le luminose arie synth di “Hide Your Fires” e il piano elettrico della meditabonda “Summer Season”, fino ai vezzi tra wave ed electro di “Compersion, Pt. 1”.
Il dark-pop infestato di “Infrared”, particolarissima scelta da “The Red Thread” (2001), assume contorni ancor più sfumati e atmosferici nella sua nuova veste live, culminando in un’inattesa chiusura strumentale che vede Moffat impegnato ai sintetizzatori, perfetta anticamera per l’inconfondibile monologo spoken word di “New Birds”, gemma inclusa in “Philophobia”, la cui coda dominata dalla chitarra di Middleton è (sempre e comunque) da brividi.
Si torna al presente con l’efficace “Strawberry Moon”, le melodie di “Haven’t You Heard” e la grintosa “Dreg Queen”, per poi virare verso i ritmi di “The Shy Retirer”. Chiudono egregiamente il set principale i fraseggi leggeri di “Fable Of The Urban Fox” e il lungo crescendo rumoroso di “Turn Off The Light”.
L’encore vede susseguirsi la minimale “Pyjamas” e i guitar-riff della splendida e lunga chiusura strumentale di “Girls Of Summer”, estratta dall’omonimo Ep pubblicato nel 1997, a completamento di un'esibizione scevra da qualsiasi minimo difetto. A quasi trent’anni dall’inizio della loro carriera, gli Arab Strap sono ancora in grado di stupire e incantare il pubblico, non solo inseguendo nuovi panorami sonori su disco, ma anche nella loro ineccepibile rielaborazione dal vivo; in questo caso specifico, la cornice della venue scelta è stata un “di più” ben gradito.
In una situazione del genere, per gli irriducibili che sanno aspettare, non può ovviamente mancare un breve momento conviviale post-concerto, mentre il palco viene sgomberato dalla strumentazione della band, con un socievole e affabile Aidan che scende in mezzo al pubblico per foto e autografi, il più timido Malcolm che si fa attendere e il resto del gruppo di supporto che si affaccia per scambiare due chiacchiere e snocciolare aneddoti molto interessanti.
Allatonceness
Bliss
Sociometer Blues
The Turning Of Our Bones
Hide Your Fires
Summer Season
Compersion, Pt.1
Infrared
New Birds
Strawberry Moon
Haven’t You Heard
Dreg Queen
The Shy Retirer
Fable Of The Urban Fox
Turn Off The Light
Encore
Pyjamas
Girls Of Summer