Prima che iniziasse il concerto, quando ancora le luci non si erano spente, mi sono chiesto a cosa stavo andando incontro: un evento contemporaneo o la rivisitazione di un momento storico, simile a un dramma in costume? Mi trovavo, infatti, all’Auditorium Parco della Musica dove Cat Power si apprestava a eseguire dal vivo il suo ultimo progetto che replica meticolosamente l'iconico concerto di Bob Dylan tenuto alla Manchester Free Trade Hall nel 1966, notoriamente identificato come il concerto della Royal Albert Hall.
Avevo sempre considerato un concerto come qualcosa di sfuggente, irripetibile: un frammento destinato a disperdersi nel vortice dell’eternità, del quale si può al massimo intuire il valore ascoltandone qualche riproduzione. A conti fatti, però, la performance di Charlyn Marie Marshall non è stata una semplice imitazione ma un'opera d'arte autonoma. Per quanto la sua trasposizione fosse accurata e fedele all’originale, tutto era permeato dalla personale sensibilità di una donna con un carisma straordinario. Ogni canzone che ha interpretato, pur rispettando le melodie e le parole originali (tranne qualche eccezione), era trasformata dalla sua voce unica e dalla sua intensa emotività. Come non notare, ad esempio, le nuove sfumature e i significati che assume una canzone come “Just Like A Woman" cantata da lei, una donna forte e indipendente che ha anche attraversato il suo inferno personale, fatto di battaglie contro la dipendenza, la depressione e relazioni turbolente?
Lo spettacolo, così come l’originale, è stato diviso in due parti distinte. Nella prima, interamente acustica, Marshall, accompagnata da Henry Munson alla chitarra e da Aaron Embry all'armonica e tastiera, ha lasciato che le parole del premio Nobel per la Letteratura avessero il sopravvento. Le visioni di Johanna, Einstein camuffato da Robin Hood, Cenerentola e tutti i personaggi della poetica dylaniana hanno sfilato sul palco debolmente illuminato, evocati dalla voce profonda e modulata di Cat Power.
L'acustica del primo set ha preparato perfettamente il terreno per la seconda parte del concerto, che ha visto l'ingresso della band al completo. Con l'aggiunta di un organo, una batteria, un basso e un’altra chitarra, il palco ha subito una trasformazione drammatica. Dopo le brillanti e dinamiche “Tell Me, Momma” e “I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)”, l’atmosfera ha iniziato a scaldarsi. Cat Power si è sfilata le scarpe con il tacco e si è mossa sul palco in modo sempre più frenetico. In “Just Like Tom Thumb’s Blues” ha dedicato un verso, opportunamente modificato, alla città capitolina, invitando il pubblico a sentirsi parte della performance. In “Leopard-Skin Pill-Box Hat” ha chiesto a tutti di alzarsi e avvicinarsi ai piedi del palco per il gran finale, che è culminato con l’immancabile “Like A Rolling Stone”.
Effettivamente fa sorridere che, per poter ascoltare tutti questi grandi successi di un maestro come Dylan, così refrattario a proporre i suoi cavalli di battaglia, si debba andare al concerto di un’altra artista. Ma la sensazione che se ne ricava è che, attraverso la reinterpretazione, queste canzoni non solo ritrovano nuova vita, ma anche nuovi significati. Marshall non si limita a copiare Dylan; lei lo reinventa, lo vive e lo trasforma, rendendo le sue canzoni accessibili e rilevanti per una nuova generazione di ascoltatori (che potrebbero trovare l'occasione di riscoprire anche l’eccellente discografia della cantante di Atlanta).