Sono passati quindici anni dai primi, arrembanti passi dei Fast Animals And Slow Kids, lo ripete più volte Aimone Romizi durante il concerto che segna il ritorno della band a Roma dopo due anni e mezzo, una piazza che ha riservato sempre molto calore alla formazione umbra. Quindici anni di concerti roventi e serate spesso memorabili, non di rado condivise con gruppi che hanno senz’altro rappresentato fonte d’ispirazione per il quartetto che “viene da Perugia”.
Basti ricordare la micidiale apertura per i Ministri, era il 2013, oppure l’altra per i Verdena, al Rock In Roma, due anni più tardi. Poi i protagonisti principali sono diventati loro, con veemenza, mentre la platea che si muoveva per seguirli si faceva via va più folta. Oggi sotto palco c’è chi poga sperando di riascoltare quelle canzoni di tanti anni fa, accanto a chi conosce le parole soltanto delle più recenti. Sintomi di una transgenerazionalità che testimonia sì il tempo trascorso, ma anche la capacità di riuscire a piacere a un pubblico anagraficamente sempre più eterogeneo.
Questa sera si impossessano del palco dopo averlo concesso per una mezz'oretta a GattoToro, da Brescia, voce e chitarra acustica, tutt’altro che soporifera, più il pubblico incaricato di tenere il tempo e occuparsi dei cori. Una manciata di canzoni, per iniziare a farsi conoscere, briose e simpatiche, dai titoli concepiti per farsi ricordare, del tipo “Ti ho preso per Natale un vibratore wireless”, oppure “Ecco sì, quella lì è stata una cosa stupida”, perfette per scatenare in maniera naturale il sing-along da stadio. Un’esibizione decisamene personale, a metà strada fra formato-concerto e stand-up comedy.
I FASK invece portano sul palco venti tracce autografe, più la cover di “Rock And Roll”, super classico dei Led Zeppelin, cantato per l’occasione da Alessio Mingoli, che per qualche minuto scambia la propria batteria col microfono di Aimone, restando entrambi assolutamente autorevoli. Gran parte della scaletta è dedicata al materiale del recente “Hotel Esistenza” e il palco non a caso è allestito come il corridoio di un hotel, con tre porte che si schiudono verso l’ignoto, dalle quali entrano ed escono i cinque musicisti, e che a tratti vengono utilizzate come portali attraverso i quali osservare i videoclip che accompagnano lo svolgimento di alcuni brani.
Le nuove composizioni funzionano molto bene anche nella dimensione live, sia quelle più dirette (“Brucia”), sia le più atmosferiche (“Dimmi solo se verrai all’inferno” e ancor più “Riviera Crepacuore”, vero e proprio instant classic per i fan del gruppo). Aimone – come d’abitudine - si sofferma spesso a dialogare con il pubblico, raccontando aneddoti e decodificando la genesi di alcune canzoni, come avviene nel caso di “Lago ad alta quota”.
E’ un set che guarda molto ai lavori più recenti, tanto che il passo più indietro che la band si concede è al massimo fino ad “Alaska”, amatissimo album del 2014, dal quale vengono recuperate, in sequenza, “Coperta” e “Come reagire al presente”. La risposta del pubblico è esplosiva, e sulla seconda Aimone si concede la consueta passeggiata verso il bar per un gin-tonic, mentre il resto della band prosegue un’inarrestabile psych-jam sul palco. Oltre al già citato Alessio, ci sono Alessandro Guercini alle chitarre (ne sfoggia di meravigliose, sia per l’estetica che per il suono prodotto) e Jacopo Gigliotti al basso, più il FASK aggiunto Daniele Ghiandoni, come al solito affidabilissimo fra chitarre, synth e cori.
Nessuna concessione a “Hybris”, album che è stato però largamente rappresentato nel recente tour europeo, segno che si tratta di canzoni che la band non si è stancata di suonare e che presto potrebbero tornare a popolare le scalette, per mantenere viva quella botta di energia dal sapore post-adolescenziale che i Fast Animals And Slow Kids hanno saputo ben incarnare nella prima parte del proprio percorso. Erano gli anni nei quali assistevi a un loro spettacolo e davanti agli occhi ti scorrevano tutti gli anni Novanta, quelli belli, quando la scena alternative-rock italiana viveva il suo momento più florido e travolgente.
I FASK vengono da lì, da quegli ascolti, lo si percepisce ancora in maniera nitida, nonostante qualche legittima sterzata stilistica, così come si sentono chiare le loro radici, nella verde Umbria, fra quelle dolci colline, fra quelle cittadine che preservano gelosamente una storia millenaria. Aimone, lo ricordo come se fosse ieri, nel 2013 gridò dal palco dell’Atlantico di Roma: “Quando ci capiterà più un’occasione del genere? Davanti a tutta questa gente!”. E io scrissi nel mio live report dell’epoca: “Tranquilli: vi ricapiterà. Se continuerete così vi ricapiterà”. Mai predizione fu più semplice. Oggi i FASK sono qui, di nuovo, sullo stesso palco, ancora più bravi, ancora più completi, ormai una piacevole certezza. Per continuare a resistere, insieme a noi.
(Crediti foto: Salvatore Marando)