12/12/2024

Faust

Locomotiv Club, Bologna


Catarsi in chiave kraut-rock. A fronte della classifica pubblicata pochi mesi fa, frutto del mega-riascolto di tutto lo scibile del genere, dagli avanguardisti, ai mistici, fino ai corrieri cosmici, le quote motorik, prog, psych, folk e chi più ne ha più ne metta (il tutto tra luglio e agosto con novecento gradi all’ombra e nessun condizionatore; una condizione eccellente se si desiderasse fare un gran bel viaggio, ma senza fondi a disposizione ci si vuole accontentare anche di farne uno mentale), la notizia del tour italiano del progetto Faust, curato dal batterista fondatore Zappi W. Diermaier, rappresentava l’occasione delle occasioni per la penna di questo articolo: avere la possibilità di vedere all’opera un mostro sacro della musica, tra gli artefici al tempo che fu dei leggendari “Faust” e “Faust IV”, accompagnato dai sodali Dirk Dresselhaus (Schneider TM), Elke Drapatz, Uwe Bastiansen e Ilpo Vaisanen (Pan Sonic), attuale formazione in fase live.

Considerata la line-up, era impossibile aspettarsi brani storici nella scaletta, incentrata infatti sui lavori pubblicati recentemente da Diermaier, ma ciò che contava maggiormente era lo spirito e l’intento con cui tali tracce sarebbero state interpretate e rielaborate. Una questione di punti di vista; e non a caso è proprio “prospettiva” la traduzione letterale del termine “Blickwinkel” (2024), titolo dell’ultimo disco firmato dal progetto tedesco.
A fare gli onori di casa è Permanent Fatal Error, progetto sperimentale del musicista francese Olivier Manchion (Ulan Bator, Damo Suzuki's Network, Faust, Bias!, Heldon), che ipnotizza in solitaria il pubblico con due lunghe suite strumentali, intavolando complesse e suggestive trame grazie all’uso di chitarra acustica ed effetti vari, che fluttuano tra folk, post-rock e deaf-blues, perfettamente concordi con il mare in tempesta mostrato nei visual alle sue spalle.

Diermaier e soci entrano in scena e attaccano con la meccanica e ossessiva “For Schlaghammer”, apertura dell’ultimo capitolo, dove le ritmiche minacciose di batteria vengono a poco a poco assorbite da melodie sintetiche. I nostri proseguono in penombra con l’incedere arabeggiante e trionfale di “Sunny Night”, tra calorosi ringraziamenti al pubblico che si ripeteranno al termine di ogni brano eseguito.
Ci si lascia inghiottire dall’epico e colorato vortice kraut composto dalle suggestioni psichedeliche di “Weisse Schokolade” e quelle di deriva noise e space incalzate dai ruggiti di chitarra elettrica di “Border River”, lunghissime e articolate tracce appartenenti a “Daumenbruch” (2022), arricchite ulteriormente in fase live.

Il finale vede susseguirsi i tornado sintetici, tra industrial ed elettronica, della più breve “Kriminelle Kur” e un bis affidato a “Default Mood”. Il dettaglio più bello dell’evento è stata la presenza di diversi giovani (ben più di quanti se ne potesse aspettare chi sta scrivendo) desiderosi di ascoltare Zappi Diermaier e i suoi compari, ben consapevoli della grande eredità di cui lui, Hans Joachim Irmler, Arnulf Meifert, Jean-Hervé Péron, Rudolf Sosna e Gunther Wüsthoff ci hanno fatto dono tanto tempo fa, e soprattutto della scelta ancor più ardita che hanno compiuto continuando a fare musica, lontanissimi dai canoni attuali e dalle mode, ma con lo stesso spirito degli esordi, privo di qualsiasi dettaglio che potesse dare adito a una qualche “operazione nostalgia”.