Non c’è spazio per la nostalgia, nei concerti di Giorgio Canali. Nonostante la sua vasta discografia, durante lo spettacolo che ha tenuto al Monk di Roma, ha dominato la novità, con ampio spazio dedicato alle tracce del suo ultimo lavoro discografico, “Pericolo giallo”.
L’incipit è affidato al brano che ha scelto come singolo apripista “C’era ancora il sole”, traccia dolceamara e apocalittica che parla di un futuro, non del tutto inverosimile agli occhi dell’autore, in cui gli uomini hanno perso la loro libertà e pensano con rimpianto ai diritti di cui godevano fino a poco tempo prima. Politici corrotti, stragi di stato, polizia repressiva popolano le liriche dell’ex-componente dei Csi. La sua attitudine combattiva e la sua predilezione per la narrazione lo rendono una sorta di Guccini punk, capace di unire l'impegno sociale e politico a una profonda sensibilità poetica. D’altronde, l’attuale scenario internazionale, la politica di governo lontana dai suoi ideali sono fattori che non possono lasciarlo indifferente. In “A occhi chiusi”, Canali concepisce la sua personalissima versione di “Imagine” sognando un mondo utopistico senza guerre, lacrimogeni in piazza e ignobili ricatti.
Ma non sono solo i testi a fare la differenza. La musica dei Rossofuoco, che lo accompagna egregiamente, contribuisce in maniera decisiva al successo del concerto. La presenza scenica di Luca Martelli alla batteria non passa inosservata e spesso si guadagna le ovazioni del pubblico. Marco Greco, scherzosamente definito da Canali come "il bassista peggio acconciato della storia del rock", è un musicista di grande talento; la sua tecnica e creatività emergono con forza sul palco: il giro di basso in "Pulizie etiche", già interessante nella versione registrata, diventa ancora più convincente e trascinante nella versione live. Infine, Stewie Dal Col alla chitarra completa il quadro con il suo stile misurato sul palco che contrasta piacevolmente con l'esplosività della sua chitarra.
La prima parte del concerto scivola via velocemente con il pubblico che si anima inevitabilmente quando vengono suonati i pezzi più classici come “Undici”, "Mostri sotto il letto" e "Nell'aria”. Ma ugual fortuna hanno avuto anche brani recentissimi come la già citata “Pulizie etiche” e la struggente e tenera “Solo stupida poesia” in cui Canali, per una volta, accantona il suo animo combattivo e mette al centro del suo discorso l’amore. E in un certo senso è ancora l'amore a essere celebrato quando Canali rende omaggio al mai abbastanza acclamato genio di Mark Lanegan con una cover di "Hit The City". Questa performance apre la strada al gran finale, dove l’artista romagnolo guida il pubblico attraverso alcuni dei suoi cavalli di battaglia. Tra questi spicca "Ci sarà", tratta dal suo album capolavoro "Rojo", e "Nostra signora della dinamite”. In un simpatico siparietto, il cantautore di Predappio ha sottolineato bonariamente la sua frustrazione per coloro che gli chiedono sempre di suonare le stesse cose e che alzano i cellulari solo durante "Precipito" e "Nuvole senza Messico". La scena da lui descritta si è puntualmente verificata quando Canali ha attaccato "Precipito" e decine di telefoni si sono alzati per immortalare il momento. Ma non serve scomodare brani di venti anni fa: la stessa scena si ripete poco dopo quando canta la più recente “Rotolacampo”.
In fondo, l'essenza della magia di un concerto di Giorgio Canali sta anche nella sua capacità di aver mantenuto sempre la freschezza e l'attualità della sua musica nel corso degli anni rimanendo coerente al suo stile. La presenza di un pubblico di tutte le età sotto il palco per un concerto di un ultrasessantenne dimostra che non esistono tante ricette per fare musica di successo. La chiave è lavorare con dedizione e cura, come un artigiano che leviga e produce opere uniche e preziose.