E’ la terza volta che mi trovo al cospetto di Laetitia Sadier dal vivo, solo che questa occasione l’artista francese è unica protagonista dell’evento, non più ospite del bravo ma poco noto Giorgio Tuma (recuperate l’eccellente recensione di un suo album qui sulle pagine di OndaRock con la firma del maestro Giampiero Vigorito), né come parte fondamentale degli Stereolab. La suggestiva cripta del Duomo di Avellino è la cornice scelta per un concerto che offre finalmente una visione più completa dell’artista francese, non a caso Laetitia Sadier ha scelto per questo recente tour una scaletta che pesca in tutto l’arco delle produzioni extra Stereolab, a partire dall’elegante e sensuale brano per voce e chitarra “Dry Fruit” (un singolo pubblicato nel 2015).
Dopo un breve dialogo (il primo delle tante e sempre empatiche chiacchierate con un pubblico particolarmente attento) Laetitia introduce scherzosamente la sua band, ovvero “la machine”, una base sulla quale l’artista offrirà durante la serata non solo la propria voce ma anche loop chitarristici e il suono del trombone. Con “Une Autre Attente” e “Protéìformunité” mette subito in campo l’autorevolezza raggiunta come autrice nell’ultimo album “Rooting For Love”, per poi introdurre una delle canzoni più eleganti e profonde della serata, "Don’t Forget You’re Mine" un brano che le offre anche un momento per parlare della violenza di genere con un’emotività che non sfugge al pubblico, che regala uno degli applausi più sinceri e sentiti della serata.
Abile nel gestire una varietà di soluzioni musicali, Laetitia Sadier approfitta della splendida cornice per proporre un brano dal progetto Monade, “Ode To A Keyring” dove protagonista è prima la chitarra e poi il trombone (non incluso nella versione originale), con “The Reflectors” (tratto dall’album del 2017 “Find Me Finding You”), l’attualità ritorna al centro delle sue osservazioni, le complesse trame minimalista in stile Steve Reich fanno da sfondo a un'amara riflessione sull’elezione di Donald Trump, la tensione strumentale è oscura, intensa, senza dubbio uno dei momenti clou della bella serata.
Dopo due brani tratti sempre dall’ultimo album “Rooting For Love” – le variazioni modular-synth di “Cloud 6” e l’ennesima raffinatezza pop “Panser L’inacceptable” - e alcune performance della stessa Sadier come ballerina e trombonista, è il momento per il previsto bis "La Nageuse Nue" e un omaggio finale a Scott Walker con una rilettura personale di “On Your Own Again”, perfetta chiusura per una serata che ha offerto una varietà di emozioni incredibili, anche grazie al luogo scelto dall’organizzazione FITZ per un concerto che ha offerto al pubblico un’artista in piena forma. Un cenno va anche alla simpatia e affabilità di Laetitia Sadier, alla quale perdoniamo il vezzo di non voler autografare i dischi realizzati con gli Stereolab, ma ovviamente un piccolo trofeo della serata non manca e lasciamo la cripta del Duomo di Avellino con la speranza di trovarci nuovamente al cospetto di una perfomer, cantante e autrice che ha pochi eguali nel panorama internazionale.
Foto per gentile concessione di Pierpaolo Farsetti