19/10/2024

Lankum

Teatro Celebrazioni, Bologna


Un concerto alla fine del mondo, dove l’Arco del Meloncello diviene una porta che affaccia sugli inferi, e sullo sfondo martoriato dalla pioggia incessante troneggia il Teatro Celebrazioni situato in via Saragozza a Bologna. A seguito dell'annullamento delle tappe italiane nel 2023 per problemi personali di uno dei componenti, c'era attesa per l’unica data italiana dei Lankum, formazione dublinese di matrice avant-folk in costante ascesa, collocata all'interno della cornice del Barezzi Way. Tra sperimentazioni di carattere drone, il folk-punk tipico dei Pogues e musica tradizionale irlandese, il gruppo è finito sotto i riflettori soprattutto grazie all’ultima, acclamata pubblicazione “False Lankum” (2023), oltre alle sue intense performance in festival come il Primavera Sound.
I quarantacinque minuti di ritardo del gruppo non fanno ben sperare, e l'inquietudine cresce ancor di più sapendo che la città sta scivolando sott’acqua a partire da Via Saffi (zona non troppo lontana dalla venue), come già accaduto a più riprese a causa del maltempo, dall’alluvione del maggio 2023 ad oggi.

Il sipario si apre finalmente sul crescendo che incorpora viola, chitarra acustica, cornamusa e bajan, e i potenti bagliori di luce che prendono gradualmente il sopravvento sulla voce di Radie Peat nell’imponente versione della tradizionale “The Wild Rover”, a cui fa seguito un primo breve ringraziamento del polistrumentista fondatore Ian Lynch. Quest'ultimo ingrana con le danze scure di “The New York Trader”, che vedono come grande protagonista il violino battagliero di Cormac Mac Diarmada, sostenuto dai battimani della platea.
Si passa alle liriche dirette della nuova e intensa “The Rocks Of Palestine”, rielaborazione del brano folk “The Rocks of Bawn”, con cui la band rinnova il suo supporto in prima linea al popolo palestinese, posto in evidenza simbolicamente anche da una kefiah appoggiata sulla strumentazione di Ian (e un'altra sul banco del merch situato all’ingresso), continuando con i cori armonici di “The Young People”, inclusa nel prestigioso “The Livelong Day”. Sorprende un intervento in italiano perfetto di Peat, che rivela di aver anche vissuto in passato proprio nella città felsinea.

Le voci solenni che emergono dalle nebbie di “The Rocky Road To Dublin” si agganciano ai lampi e ai vortici dell'atmosferica e suggestiva “The Pride Of Petravore”, punta di diamante dello show dei dublinesi, giusto un attimo prima della fatale ma prevedibile doccia fredda. I Nostri hanno solo altri dieci minuti a disposizione, poi saranno obbligati a chiudere bottega: c’è il rischio di seri danni all’impianto elettrico a causa dell'alluvione in corso, e ovviamente tra le zone messe peggio non può che esserci proprio Costa-Saragozza. I primi a essere costernati e delusi per la situazione sono i musicisti, costretti a dover tagliare un terzo della scaletta. La natura “matrigna” tuttavia non riesce a privare il pubblico della coppia di assi “Go Dig My Grave”, caratterizzata da una lunga coda sinistra e fortemente evocativa, e “Bear Creek”, ultimo ballo catartico.

Non resta che tornare faticosamente alle proprie case, imbacuccati, pensosi e con l’amaro in bocca, facendo lo slalom (in qualche caso al buio pesto, fattore che insieme a pioggia e vento crea il connubio perfetto per rimuginare meglio su una nuova quotidianità che reca un'unica definizione: crisi climatica) tra veri e propri fiumiciattoli che hanno preso il posto delle strade.

(Foto di Andrea Amadasi)

Setlist

The Wild Rover (traditional cover)

The New York Trader

The Rocks Of Palestine

The Young People

The Rocky Road To Dublin (D.K. Gavan cover)

The Pride Of Petravore

Go Dig My Grave

Bear Creek

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