Sentieri tortuosi
S'intrecciano stretti
In forme mai viste
Il cuore si perde
In una fredda e nebbiosa serata autunnale la necessità di qualcosa che riscaldi l’animo si fa sentire più che mai, e tra i migliori toccasana non può che figurare anche l'intensa voce di Marta Del Grandi. A poco più di un anno dall’uscita dell’opera art-pop di valida fattura “Selva”, l’artista ha pubblicato una release con delle piccole aggiunte niente male. Tale uscita ha coinciso con la sua visita in quel di Bologna, al Locomotiv Club.
Ad addolcire l'attesa è la cantautrice Arianna Poli che per l’occasione snocciola sei pezzi, a partire da “Moltitudini”, dove filtrano echi di Maria Antonietta e Carmen Consoli, una magistrale interpretazione di “Youth” dei Daughter, una traccia ancora priva di titolo, dove a farla da padrone sono alienazione e lontananza, i sogni ad occhi aperti di “Sonno”, uno degli ultimi brani composti dall’artista, per poi avviarsi a conclusione con “Distacco”, introdotta da un aneddoto su come fosse risultata casualmente molto simile a “Martha Sways” di Andy Shauf per andamento e sonorità, e una cover della canzone del cantautore canadese.
Del Grandi sale sul palco accompagnata dal percussionista Gabriele Segantini e dal violinista Vito Gatto, entrando gradualmente nel vivo con il lieve crescendo sognante di “Two Halves”, il pop-folk brillante di “Eye Of The Day” e le armonie rette dal drumming leggero di “Chameleon Eyes”.
Frozen in a picture
Where your eyes look just like mine
Do you remember?
When you told me I was too invested
And I fed on love
Like it was a bad thing
But if not for love
Then, what is it we live for?
Si continua con una doppietta molto attesa, ovvero quella che include i guizzi elettronici di “Mata Hari” e le concentriche danze rituali di “Snapdragon”, entrambe eseguite con qualche variazione dal punto di vista strumentale rispetto alle tracce su disco, a cui si accodano i luccichii di chitarra e le sottilissime note di violino di “Polar Bear Village”, per poi incantare il pubblico con il mantra ipnotico e i giochi di voci stratificate di “Selva”.
Post-rock e arie dreamy si intrecciano su “Marble Season”, che scivola via verso la disarmonia folk di “Totally Fine”, brano tratto dal debutto “Until We Fossilize”, e la romantica e dinoccolata ballad “Stay”. Un buon highlight è segnato da “Hotel Supramonte”, splendida versione di un classico di Fabrizio De André contenuta nella deluxe di “Selva”, e conduce alla chiusura del set con le note eteree sostenute dalle percussioni di “Somebody New”.
Del Grandi torna sul palco per un encore in solitaria con un’incantevole “The Best Sea”, anch’essa inserita nella nuova edizione del sophomore, concludendo così la piccola festa dedicata a questo gioiellino, con l'augurio che questo viaggio, che l'ha già portata tanto lontano, prosegua verso nuovi orizzonti.
Two Halves
Eye Of The Day
Chameleon Eyes
Mata Hari
Snapdragon
Polar Bear Village
Selva
Marble Season
Totally Fine
Stay
Hotel Supramonte (cover di Fabrizio De André)
Somebody New
Encore
The Best Sea