10/08/2024

Mr. Big

Parco Alex Langer, Monte Urano (Fm)


Cos’è un momento chiave? Un istante nel contesto di un evento maggiore che scatena qualcosa da quel punto in poi: una svolta emotiva, un richiamo nostalgico, un immaginario che diventa finalmente realtà. Ecco, dopo questa serata potremmo definire un momento chiave quando Billy Sheehan a metà spettacolo scende dal palco e ritorna dopo pochi secondi con il suo iconico basso doppio. In quel momento chi scrive, insieme a molti dei presenti in questa serata marchigiana, è tornato con i ricordi ai banchi di scuola dove ascoltando quel gran disco rock chiamato “Lean Into It” immaginava i virtuosismi sul palco di uno dei più popolari bass hero del tempo.

La nostalgia è sicuramente il tema portante del programma proposto dal Bambù Festival di Monte Urano. Oltre alle leggende dell’hair rock previste per stasera, troviamo tra i presenti nientemeno che Dennis Stratton, storico primo chitarrista degli Iron Maiden dell’esordio omonimo, presente come ospite del festival e già carico a suon di birre, pronto a salire sul palco per la sua esibizione, prevista per la sera successiva. Il pubblico è quello che ti aspetti da una band adorata per i suoi tecnicismi, ovvero pieno zeppo di musicisti ed ex-musicisti della zona. Ciò che sorprende è semmai il numero tutto sommato esiguo di spettatori accorsi: raramente capita di trovare un’area Pit così spoglia e anche il settore standard non è esattamente gremito, ad occhio e senza pretesa di precisione potremmo essere intorno ai 1.500 presenti. E’ possibile che all’effetto contribuiscano anche le notevoli dimensioni della venue scelta - il parco fluviale Alex Langer potrebbe contenere ospiti anche di richiamo maggiore di Martin e soci - ma forse ci saremmo aspettati una risposta maggiore nei confronti dell’unica data italiana del tour di addio di una band storica.

palco_600.

Venuti a conoscenza dello spiacevole forfait di Adrian Vandenberg che avrebbe dovuto aprire agli headliner, dovuto a problemi con il volo, ci gustiamo tuttavia l’ottimo opening act dei Dobermann che ci bombardano con un’ora abbondante di hard rock dal gusto glam senza concedere un attimo di respiro. Sound ed estetica volutamente stereotipati, ma nel complesso una formula che funziona bene grazie a composizioni solide e non per ultimo all’ottima presenza scenica del power-trio torinese.
Con qualche minuto di ritardo arrivano le star della serata che intonano subito una doppietta prelevata dai primi lavori “Addicted To That Rush” e “Take Cover”. L’avvio è convincente ma è dal terzo brano che i motori si scaldano e producono una “Price You Gotta Pay” dirompente: la voce di Martin sembra in buona forma, nonostante qualche timore che alla vigilia serpeggiava in Rete, mentre Billy al basso ed Edu Cominato, il giovane sostituto di Nick D’Virgilio alla batteria per questa fase del tour, avviano un groove travolgente. Ottima la prova del batterista brasiliano che riesce a suonare con personalità pur lasciando la scena al trio di senatori della band di fronte a lui.

Ma, tornando al discorso dei momenti chiave, ecco che parte l’incipit di “Daddy, Brother, Lover, Little Boy (The Electric Drill Song)” che inaugura l’annunciata celebrazione del masterpiece della band “Lean Into It”. Da lì fino a “Green-Tinted Sixties Mind”, passando attraverso “Alive And Kickin’”, la folla si scalda e intona a gran voce tutti quei refrain che hanno segnato gli anni 90 del rock. Anche Paul Gilbert sembra divertirsi un mondo mentre osserva compiaciuto i suoi fan adoranti che mimano i suoi riff. Forse chi inizia a non divertirsi più è proprio il “povero” Martin, che mostra il fianco ai primi affanni alle corde vocali e di mestiere comincia a rifugiarsi dietro l’entusiasmo del pubblico, chiamando subito una breve tregua alla fine del micidiale trittico appena eseguito.

mrbig2_600.


Fortunatamente, la pausa funziona e si procede senza sosta e senza particolari inconvenienti fino alla fine dello storico platter (pur saltando curiosamente “A Little Too Loose”, diversamente dalle date precedenti del tour) fino a chiudere con una “To Be With You” cantata da tutto il pubblico. Purtroppo, proprio in questo altro momento topico la voce di Martin torna a soffrire in modo evidente e da lì non tornerà più ai livelli precedenti; per fortuna il mestiere del frontman compensa in parte il problema, oltre alla sua autoironia quando inizia a tossire per scherzarci un po’ su.
Dalla fine di “Lean Into It” cambia il copione della serata e lo show si avvia verso una chiusura inusuale, se non altro per chi non conosce già la veste live dei Mr. Big. L’intenzione sembra quella di voler avviare una festa di addio, partendo da “Wild World” di Cat Stevens che fa da introduzione a una doppietta di lunghi assoli da parte di Gilbert e Sheehan: virtuosi, autocompiaciuti e rigorosamente “sboroni”, per la gioia dei molti chitarristi e bassisti accorsi. Il clima è appunto di festa, anche se la chiusura - con altre due cover (“Shy Boy” dei Talas di Sheehan e “Baba O’Riley” degli Who), senza bis e con una scaletta complessivamente più corta di tre brani rispetto alle altre date europee - lascia una sensazione strana, come se si fosse persa l'occasione per un finale realmente adeguato alla serata.

La folla defluisce ordinatamente, grazie anche all’ottima organizzazione degli spazi del Bambù Festival e pochi ostinati rimangono per un’ultima birra in onore degli antichi rocker che erano un tempo. Loro, e i loro adorati Mr. Big, non sono più ragazzini di una volta, ma è stato bello salutarsi con dignità per un’ultima volta.

Contributi fotografici su concessione di Aurora Ribichini, Alessio Bracalente e Alessandra Machella



Setlist

Addicted to That Rush
Take Cover
Price You Gotta Pay
Daddy, Brother, Lover, Little Boy (The Electric Drill Song)
Alive and Kickin'
Green-Tinted Sixties Mind
CDFF-Lucky This Time
Voodoo Kiss
Never Say Never
My Kinda Woman
Road to Ruin
To Be With You
Wild World
Guitar Solo
Colorado Bulldog
Bass Solo
Shy Boy
Baba O'Riley

Mr. Big su Ondarock

Vai alla scheda artista