Il direttore artistico della sezione LÜRIA del Piedicavallo Festival, Alessandro Gambo (Jazz Is Dead! Festival, TUM), aveva più che ragione a invogliare il pubblico appassionato di musica, e di esperienze culturali in generale, a venire a metà agosto in questo piccolo borgo nella Alta Valle Cervo in provincia di Biella: “è un festival da vivere”, “ogni angolo del paese è un'emozione, ogni nota suonata è una sensazione” che ti porta a “essere parte di un movimento naturale che si sviluppa nello spazio e nel tempo”. LÜRIA rappresenta l’articolazione sperimentale di un festival originariamente dedicato solo alla musica classica – la storica sezione attiva dal 1990, nel 2024 SARV, che ha preceduto di pochi giorni LÜRIA – ed è stata sviluppata dall’associazione biellese Sotterranea APS, che cura con grande attenzione l’organizzazione del festival, inclusi il benessere e la sicurezza di chi decide di vivere in toto questa esperienza. Tanti aspetti, infatti, rendono speciale l’evento, tra i quali: la programmazione artistica calibrata tra nomi emergenti e nomi più affermati della scena italiana e internazionale, alternando in maniera armonica concerti di musica sperimentale a dj-set; la location raccolta e suggestiva che favorisce l’ascolto e la fruizione di un certo tipo di musica; l’entusiasmo del giovane staff del festival, anche dei volontari, e il riguardo ai particolari come la presenza di una gastronomia vegana.
Straordinari i live pomeridiani al Tempio Valdese, intriganti quelli serali al Teatro Margherita.
Il live che apre la giornata del 16 al Tempio è quello di Lino Capra Vaccina. Il maestro ha creato e presentato una composizione site-specific in tre quadri-movimenti definiti dalla dinamica spazio-temporale di Piedicavallo: la dimensione arcaica-antica spirituale-sonora; la dimensione mistico-sonora che rappresenta “l’eterno divenire, ora adesso” (cit.); la dimensione dell’infinito, che (ci) apre al futuro. Il primo movimento dei metallofoni snoda piccole cellule di frasi con pause e risonanze che creano delle risacche sonore in cerca della fusione coi suoni del paese, provenienti dalle finestre aperte; il movimento del pianoforte accoglie nelle maglie dell’armonia e delle melodie il panorama sonoro, tra cui il vociare dei bambini e l’abbaiare dei cani; i loop e i drone dell’ultimo movimento permettono di espandere la percezione sonora e di trovare, tra tutte le componenti sonore in gioco, la fusione dell’uno.
La serata al Teatro porta due live elettronici complementari, i set di Flora Yin Wong e Aho Ssan. La prima, artista nata a Londra di origini cinesi e malesi, realizza un set ambient magmatico e avvolgente, da cui emergono costantemente field recording e frammenti di fraseggi da strumenti del sud-est asiatico, che affondano poi nel brodo sonoro principale. Il secondo, artista francese prodotto da Nicolas Jaar, presenta un robusto set deep bass/noise in cui i suoni bassi profondi, nerbo di un’architettura fatta di cori e archi, a tratti vengono ricostruiti e ricompattati, creando picchi emozionali di una certa intensità.
La mattina del 17 agosto è dedicata al primo dei due concerti di Eric Chenaux, chitarrista canadese trasferito nel centro-sud della Francia, che avevamo raggiunto poco prima del festival. Nell’area Sponde sulle rive del fiume, a due passi dal campeggio, Chenaux si insinua lentamente nel silenzio del paese al suo risveglio con un lungo strumentale per aprirsi su un set di cantautorato sonoramente visionario, che trasfigura il fraseggio della chitarra jazz contemporanea attraverso un’effettistica dalla resa sci-fi in sintonia con i sintetizzatori di Sun Ra. Emblematica dell’unione tra contrasti è la versione di “Say Laura”, brano che dà il titolo all’omonimo album (Constellation, 2022), tra dolcezza vocale soul, fraseggi jazz e sonorità noise. Chiude la dolcezza di “This Ain’t Love”, il brano di apertura del recente album “Delight Of My Life” (Constellation, 2024).
Il live pomeridiano al Tempio ha per protagonisti Gabriele Gasparotti e Benedetta Dazzi col recente album “Tropismi” (Important Records, Dio Drone, 2024) e il loro set minimale sublima wave e sound art, racchiudendo sonorità elettroniche prodotte dai synth analogici Buchla e Korg al suono degli strumenti ad arco. I fraseggi sintetici insieme al cantato di Gasparotti si fondono con le ipnotiche gestualità di Dazzi, che registra e filtra i suoni delle sue mani nell’acqua con gli elementi che vi inseriscono e che reagiscono a questa. Attraverso stratificazioni ben equilibrate, la musica abbraccia l’incanto etereo della classica esplorando la dimensione, anche emozionale, della melodia contemporanea e della forma canzone.
La serata del 17 al Teatro è dedicata al progetto “Ghosted” di Orem Ambarchi con Johan Berthling e Andreas Werliin, la sezione ritmica dei Fire! Un live ad alta intensità per uno dei dischi che ci hanno più appassionato nel 2024, fatto di lunghe improvvisazioni costruite su solide strutture ripetitive, che mettono in risalto non solo l’estro chitarristico, anche sonoro, di Ambarchi, ma anche la qualità ritmica soprattutto della batteria, la spina dorsale di questa tempesta sonora.
Il risveglio nella uggiosa terza giornata di festival ci ritrova al Tempio Valdese per il secondo set di Chenaux, dove la quiete della domenica mattina in un luogo sacro, rotta dalle campane che suonano dalla chiesa al di fuori del perimetro del concerto, accoglie un set più intimo, iniziato con meno improvvisazione e un imprinting più folk-jazz. Dopo una prima parte più effettata, Chenaux decide di tornare alla dimensione clean della sua chitarra e offrire un set ancora più (a) nudo, dove lasciare infine solo la sua voce a risuonare tra le mura. “Love In Many Ways” canta visibilmente commosso nel finale di un live intenso che ci ha lasciati col fiato sospeso. Ringrazia poi tutt* compreso il pubblico e, richiamando l’energia di Piedicavallo, dichiara: “Riparto meglio di come sono arrivato”.
I live serali al Teatro Margherita vedono un'altra combo intrigante, quella tra l’organo e i campionamenti di Giulio Stermieri, con i loop e i beat di Elena Colombi. Il sorprendente live del pianista emiliano di formazione jazz che, come nel recente “Fort Da” (Maple Death, 2024), esplora le sonorità della farfisa, strumento regalatogli da un amico e decomposto in campioni, parte con un andamento rotto, tra frasi che non terminano e si interrompono e inciampi provocati dall’intervento dell’elettronica; la parte centrale presenta invece groove hip-hop che aprono al suono ricco e straniante della farfisa, esplorato ampiamente nella terza parte del set, delineando la curiosità e l’estro compositivo di Stermieri. Chiude il live di Elena Colombi, dj che con questa premiere approda definitivamente anche al live-set elettronico di composizione originale, inanellando un corpo di frammenti di melodie, voci e groove minimali che propongono una prospettiva compositiva personale ma restano ancora acerbi.
Tra i dj-set che hanno animato il festival ci piace ricordare quello di ISAIAS, dj biellese che ha realizzato un set di ambient/minimal techno con field recording ricavati dal panorama sonoro della valle, e quello di Marie Pravda, dj praghese che ha animato la transizione dalla mattina al primo pomeriggio con un set dinamico di alcune ore di slow electro, Ebm e deconstructed club. Da segnalare anche l'iniziativa delle camminate sonore, curate rispettivamente da Marco Augusto Basso e Gaia Ginevra Giorgi.
La musica ha sempre più bisogno non solo di un tempo per l’ascolto ma di uno spazio. Un luogo per ricevere una musica più complessa, stratificata, delicata, che altrimenti rischierebbe di venire travolta dal rumore di fondo digitale della nostra vita quotidianità. L’ascolto richiede cura e attenzione, e, quando avviene nelle condizioni adatte di spazio e di tempo, è un’esperienza che ti può cambiare. Per tornare, da dove si viene, diversi. Piedicavallo ha la capacità, nel suo (straordinario) piccolo, di arricchire il punto di vista sulle esperienze culturali, sul ruolo degli eventi collettivi e sul valore della relazione e della condivisione.
Foto di Fabiana Amato e Denise Tosato Parziali