What need you, being come to sense,
But fumble in a greasy till
And add the halfpence to the pence
And prayer to shivering prayer, until
You have dried the marrow from the bone;
For men were born to pray and save:
Romantic Ireland's dead and gone,
It's with O'Leary in the grave.
(William Butler Yeats, "September 1913")
Chi scrive ha colpevolmente scoperto i
Clockworks in ritardo pazzesco grazie all'annuncio dell'unico live italiano previsto al Covo Club di Bologna e al passaparola tra amici. La sorpresa avuta fin da subito ascoltando su disco i testi diretti del quartetto di Galway è stata non indifferente: versi che snocciolano con intelligenza temi tra politica e società attuali, riferiti alla situazione vissuta in Irlanda dagli inquieti protagonisti delle tracce, ma tranquillamente estendibili a contesti universali, e che si prestano a diverse chiavi interpretative, includendo numerose citazioni letterarie e provenienti dalla cultura pop. A coronamento di tutto ciò, sonorità che rielaborano con discreta abilità il meglio dell'indie-rock e del
revival post-punk degli anni
Duemila, confezione di pezzi energici che rimangono subito in testa.
Da quel momento la curiosità di vedere dal vivo il gruppo è cresciuta insieme al numero degli ascolti, e quella tiepida serata (ormai) primaverile è divenuta gradualmente
sold-out, sempre in un clima generale piuttosto tacito, nel
mare magnum di concerti previsti a marzo. A scaldare i motori sono i
guitar-riff dei modenesi Pip Carter And The Deads, evoluzione dei Pip Carter Lighter Maker guidati da Claudio Luppi, con il loro
sound sixties che oscilla tra memorie della
British invasion e il
rock psichedelico made in Usa.
A tratti l'impressione restituita sfocia un po' troppo verso il limite "cover band", basti pensare all'
intro di "Did Man Invent God?" in parallelo quasi esatto alla "
Soul Kitchen" dei
Doors, al mix blues-rock e
psych di "French Meaning", o alla
pseudo-ballad "War" che chiama in causa
Moody Blues e
Byrds.
Resta nel complesso un'esibizione piacevole e perfetta dal punto di vista strumentale, sebbene un po' troppo slegata dagli
headliner.
La formazione guidata da James McGregor snocciola l'intero debutto "
Exit Strategy" in ordine quasi perfetto, insieme a qualche singolo fuori album: si passa per la lenta partenza al piano elettrico con "Death And Entrances", per poi entrare nel vivo con le esplosive e reboanti "Bills And Pills" e "Mayday Mayday", dove i Nostri mostrano una buona padronanza della scena.
Si riprende fiato con la dinoccolata "Hall Of Fame", mentre assume maggior spessore "Car Song", più distorta e tagliente rispetto alla versione in studio, continuando con la quieta "Danny's Working Like A Dog", le sferzate di "Feels So Real" e la batteria prepotente di "Advertise Me", che assume quasi contorni
strokesiani. L'amore per la poesia e il peso dei temi trattati dal gruppo irlandese vengono messi ulteriormente in evidenza dal breve monologo in rima sui costi di vita odierni recitato da James, prima di attaccare con i
sing-along di "Modern City Living (All We Are)".
Il
frontman imbraccia la chitarra acustica sui passi concitati di "Life In A Day", proseguendo con una più decisa "Lost In The Moment", e un mezzo richiamo agli
U2 con "Westway". Si rialzano i toni con i
riffdi "Blood On The Mind", arricchita da una piccola introduzione strumentale, durante la quale James scende in mezzo al pubblico, a cui fanno seguito le invettive della valida e amara "Endgame", che guardano con grande incertezza al futuro.
We're post-punk, post-truth, post-Europe, post-youth
Post-modern, post-faith and God, and post-post too...
La chiusura è affidata alle altrettanto emblematiche "The Future Is Not What It Was" e "Enough Is Never Enough", che cita apertamente la riflessiva poesia di William Butler Yeats "September 1913", incentrata su un passato turbolento e ancora una volta infiniti dubbi sull'avvenire.
I Clockworks si confermano una piccola piacevole sorpresa anche in ambito live, con discrete possibilità di crescita. Una maggiore definizione e personalizzazione delle sonorità, con un occhio clinico verso qualche potenziale pezzo radiofonico, così come continuare a scrivere testi ragionati e di qualità, potrebbe rivelarsi la loro arma vincente.