07/10/2025

Preoccupations

Monk Club, Roma


Mentre il sergente inverno muove implacabile le sue pedine per la guerra del gelo, un manipolo di spettatori sfida i primi brividi articolari in un martedì sera insolitamente silenzioso. L’ingresso del Monk Club è deserto intorno alle 21,40, sono tutti rintanati al chiuso per assistere al set di apertura dei canadesi Knitting, che sfoderano il loro mix tra lo-fi e indie-rock con chitarre vibranti dal tipico gusto nineties. Poco dopo le 22, l’esibizione ovviamente attesa è quella dei Preoccupations da Calgary, Alberta, arrivati al tredicesimo anno di attività per presentare dal vivo il nuovo album “Ill At Ease”. Un disco che ha di fatto confermato il ruolo del gruppo canadese all’interno della rediviva scena post-punk, in cui Matt Flegel e soci restano tra gli alfieri più plumbei e claustrofobici.

La “Unconscious Melody” che apre il set prova subito a spiazzare per invertire la rotta, tra squarci più melodici di synth. Il sound è in partenza pastoso, con la voce di Flegel coperta dai volumi della strumentazione, ma le iniziali difficoltà tecniche vengono sciolte rapidamente. Il gelido ritmo joydivisioniano di “Silhouettes” investe gli spettatori che aspettavano il materiale splendente del disco d’esordio “Viet Cong”, prima che la band venisse praticamente costretta a cambiare il suo nome, da quella data cancellata all’Oberlin College, in Ohio, dopo accuse ripetute di razzismo e appropriazione culturale indebita.
Il set prosegue con la nuova “Ill At Ease”, che parte con un ritmo marziale per snodarsi tra aperture luminose e un groove martellante ansiogeno. In stile Chameleons, “Ricochet” seduce con il suo ritmo suadente, come una “Message In A Bottle” per cuori neri.

Risolti i problemi audio, i Preoccupations possono dare sfogo alle loro illuminanti fughe strumentali, come i sublimi cambi di tempo in “Continental Shelf” con la chitarra che arriva quasi a lacrimare durante il chorus. Tra il nuovo materiale c’è l’elettronica robotica di “Bastards”, sfumata in tonalità ambient sull’attacco di “March Of Progress”, conclusa dalla splendente coda psichedelica. Dall’eco coldwave di “Andromeda” si arriva a quello che forse è il punto più alto del set dei Preoccupations, la lunga falcata di “Memory”, che parte dall’oscuro giro di basso per aggiungere il canto straziante prima della straripante parte strumentale centrale. La pressione si abbassa sulla melodia di “Krem2”, mentre Flegel ha dei problemi con il suo basso ed è costretto a interrompere il set per qualche minuto. E’ probabilmente per questo che “Focus”, regolarmente in scaletta, viene saltata, per approdare direttamente alla velocità di “Stimulation”, prima del pirotecnico finale sulla fantascientifica distorsione di “Bunker Buster”.

La band regala al pubblico la sua ultima fuga strumentale, congedandosi forse un pò troppo frettolosamente, lasciando leggermente delusi gli spettatori che chiedono il bis a gran voce. Ma tanto basta, i Preoccupations hanno saputo mantenere alta la bandiera del post-punk nordamericano.