28/06/2025

The The

Anfiteatro del Vittoriale, Gardone Riviera


Incanta, commuove, eccita e riesce persino a scuotere qualche riflessione, coi testi di quei ritornelli tracciati attraverso l’intimismo universale comune ai maggiori songwriter della musica popolare; Matt Johnson e i suoi The The sono tornati in grande spolvero, causando un secondo sold-out all’anfiteatro del Vittoriale, a Gardone Riviera, sabato 28 giugno, dopo il tutto esaurito della sera prima per il duo Hermanos Gutierrez.

Johnson e la sua band, un quartetto affiatato su cui spiccherà la chitarra elettrica di Barrie Cadogan, fanno il loro ingresso ai margini del tramonto, di nero vestiti e caricati di un’energia medio-alta con la quale attaccano la discreta “Cognitive Dissent”, singolo di lancio dell’album “Ensoulment” uscito nel 2024 dopo 24 anni di pausa discografica (eccezion fatta per un prescindibile quartetto di colonne sonore).
L’atmosfera si accende già nei due pezzi successivi, “Sweet Bird Of Truth” e “Armageddon Days”, dal repertorio degli Eighties, dimostrazioni in pop che speranza e catastrofismo possono coesistere nella mente dell’artista, quand’egli si faccia veggente. Il registro di Matt alterna, come da copione, viscose sensualità e toni da predicatore, per poi planare nel godibile pop di “The Beat(en) Generation”. Se la sepolcrale interpretazione del gioiellino “Love Is Stronger Than Death” supera in intensità la versione da studio, è con l’inno alla malinconia esistenziale “This is the Day” - tratto dal capolavoro “Soul Mining” del 1983 - che il pubblico esplode, accorrendo sottopalco per cantare a squarciagola “Questo è il giorno/ in cui la tua vita cambierà sicuramente/ Questo è il giorno/ in cui tutto andrà al proprio posto”.
Ma c’è di più. L’inatteso ripescaggio della disturbante “Icing Up”, dallo sperimentale “Burning Blue Soul” (1981), ci ricorda della prima stagione di Johnson quando, vampirizzando Residents e Throbbing Gristle, il nostro diede prova di un post-punk dalle venature psichedeliche ancor oggi sorprendente.

Si chiude con tre bis superlativi: la ballata “Lonely Planet”, con l’anfiteatro all’unisono a cantare che “Se non riesci a cambiare il mondo/ devi cambiare te stesso”; “Uncertain Smile”, tra le prove più evidenti del talento compositivo e negli arrangiamenti dell’intero catalogo; il monolite dance-wave “Giant”, in cui la band e il pubblico intonano un coro al sapor d’Africa, mentre il frontman reitera, incessante, la domanda di cui nessuno conosce la risposta: “Come possono gli altri dire di conoscermi/ Se neppure io conosco me stesso?”.
Un plauso aggiuntivo va naturalmente al festival Tener-A-Mente, nella visionaria direzione artistica di Viola Costa, per aver concesso l’ennesima riprova che, anche osando in nome di una qualità non mainstream, si possono ottenere grandi soddisfazioni di pubblico.