13/03/2025

Whispering Sons

Wishlist Club, Roma


E’ una serata nera per milioni di tifosi giallorossi, mentre si spengono Tv e maxi-schermi dopo la bruciante eliminazione agli ottavi di Europa League per mano del Bilbao. Il cielo pare assecondare l’umore generale, minacciando un rovinoso temporale nel cuore della notte. Non potrebbe forse esserci atmosfera migliore per le oscure trame post-punk dei Whispering Sons, per la prima volta nell’eterna città sul palco del Wishlist Club nel quartiere San Lorenzo. Con la sua lunga camicia bianca ad avvolgere il fisico asciutto e nervoso, l’androgina Fenne Kuppens cattura subito tutte le attenzioni in sala, iniziando il rituale oscuro sul pianoforte noir di “Balm (After Violence)”. “The Great Calm” è l’ultima fatica in studio del quintetto belga, autoprodotto a sei anni dal disco d’esordio, “Image”, che mantiene ferrea la direzione verso un terribile e ossessivo pattern sonico, allo stesso tempo aprendo a forme espressive più luminose.
Gli occhi di tutti sono piantati su Fenne, che si muove sul piccolo palco del locale romano come un incrocio tra Mick Jagger e Nick Cave. La sua voce crepuscolare e profonda si snoda sul groove opprimente di “Surface”, condotta dalla velvettiana sezione ritmica, marziale e claustrofobica. E’ una delle massime espressioni del mix di industrial e no-wave applicato al più generico post-punk, elevato dal gruppo nel secondo disco “Several Others”, uscito post-pandemia a proseguire (e ampliare) i principali elementi stilistici dell’esordio.

Come novelli Birthday Party, i Whispering Sons si lanciano sulla nevrosi gothic di “Satantango”, prima di addentrarsi nelle tetraggini inquiete di “Hollow”, primo estratto dal disco d’esordio nell’anno 2018, nuovo infuso energizzante per un movimento, quello del post-punk, giunto alla veneranda età di quarant’anni e più. Su “Poor Girl” i ritmi rallentano inizialmente, in una ballad eterea, improvvisamente squarciata da distorsioni e feedback furenti.
Il pubblico gradisce, mentre Kuppens ringrazia timidamente a mani giunte, aprendo la nenia sintetica “Cold City”. Ampio spazio, ovviamente, per i brani del nuovo disco “The Great Calm”, dal pulsare in stile Interpol di “Standstill” al saliscendi chitarristico di “Dragging”, in forte odore di Editors. Fenne ringrazia il pubblico e sembra apprezzare la sua prima volta a Roma, annunciando “ancora un paio di canzoni” tra i primi mugugni di qualcuno che si aspettava forse un set springsteeniano. I Whispering Sons sono invece asciutti e minimali anche nella durata del loro live, che prosegue sulle fucilate di basso e batteria in “Alone”, seguita dalla nuova “Walking, Flying”. Dopo il cupo rigore di “Try Me Again”, la band esce e rientra in nemmeno un minuto, per la folgorante versione di “Waste”, condotta magistralmente dal canto à-la Nick Cave sull’incedere oscuro degli strumenti intarsiati dal sintetizzatore apocalittico.

Gran finale sull’energia vibrante di “Heat”, tra la chitarra urlante e le percussioni più ossessive, a chiudere il rito sciamanico del quintetto nel buio e con la pioggia che attende tutti all’uscita.

Setlist

Balm (After Violence)
Surface
Satantango
Hollow
Poor Girl
Cold City
Standstill
Dragging
Alone
Walking, Flying
Try Me Again

Encore

Waste
Heat

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