Un altro grande lutto per il mondo della musica in questo inizio di 2023: è morto David Crosby (Los Angeles, 14 agosto 1941– Seattle, 19 gennaio 2023), leggendario chitarrista e cantautore, membro fondatore dei Byrds e di Crosby, Stills & Nash (in seguito Crosby, Stills, Nash & Young).
A darne l’annuncio è stata la moglie: "È con grande tristezza, dopo una lunga malattia, che il nostro amato David (Croz) Crosby è venuto a mancare. Era amorevolmente circondato da sua moglie e anima gemella Jan e dal loro figlio Django. Anche se non è più con noi, la sua umanità e la sua anima gentile continueranno a guidarci e ispirarci. La sua eredità vivrà attraverso la sua musica leggendaria. Pace, amore e armonia a tutti coloro che conoscevano David e coloro che ha toccato. Ci mancherà molto. In questo momento, chiediamo rispettosamente e gentilmente la privacy mentre ci addoloriamo e cerchiamo di affrontare la nostra profonda perdita. Grazie per l’amore e le preghiere".
Crosby è stato uno degli interpreti più autentici e originali della stagione hippy. Si era fatto le ossa nel gruppo dei Byrds ma l'idillio con il tiranno Roger McGuinn lo aveva portato nel giro di pochi anni alla sua dipartita. Insieme a Stephen Stills, ex-Buffalo Springfield, e Graham Nash, ex-Hollies, aveva fondato quella premiata ditta sintetizzata con le loro iniziali: CS&N.
L'esordio fu formidabile, con l'album omonimo: si spaziava dalle melodie beatlesiane di Nash, alle più ruspanti sferzate chitarristiche di Stills, ma a brillare di una luce ambigua, erano soprattutto due tracce: "Guinnevere" e "Wooden Ship", brani epocali, in cui è riassunto tutto l'essere David Crosby, con quei suoni avvolgenti, cerebrali, che si prestano perfettamente per nostalgici canti all'aria aperta. Dopo un solo anno, alla premiata ditta si aggiunse un altra leggenda del rock: il canadese Neil Young, anch'egli proveniente dalle file dei Buffalo Springfield. Il nome venne allargato in CSN&Y, e la leggenda impresse un'altra profonda orma nell'umida e soleggiata spiaggia californiana con "Dejà Vu".
Era il 1971, quando tutti gli artisti principali che avevano dipinto quegli affreschi musicali della "Love generation", forse consapevoli che il tempo dei sogni ad occhi aperti stava finendo, come in una veglia funebre organizzata intorno a un falò notturno, si riunirono all'amico David Crosby, per consegnare ai posteri l'ultimo colpo di coda di quella corrente lisergica a cui molti giovani si erano abbeverati come acqua fresca in periodo di siccità: "If I Could Only Remember My Name".
Graham Nash, i "Dead" Jerry Garcia, Bill Kreutzman, Mickey Hart, Phil Lesh, gli "Airplane" Jorma Kaukonen, Paul Kantner, Grace Slick, Jack Casady, un membro dei "Quicksilver" David Freiberg, e ultimi di questa prestigiosa lista, ma non certo per importanza, Neil Young e Joni Mitchell, tutti insieme unirono le voci insieme a quella di Crosby per formare un unico coro, e sempre insieme partorirono quell'ultimo, disilluso pensiero su quanto poteva essere e non era stato.
"If I Could Only Remember My Name" è il testamento musicale di un'epoca, spazzata via da un vento portatore di nuovi ideali che soppiantano quelli preesistenti, al punto da farli apparire già vetusti nonostante siano passati solo pochi anni dalla loro gioiosa ondata rivoluzionaria.
L’anno successivo Crosby e Nash cominciano a esibirsi in duo, riunendosi a Stills e Young nel 1974 per un fortunatissimo tour negli stadi. I persistenti problemi con la droga fanno sì che un secondo disco solista venga rifiutato dalla Capitol nel 1980; seguono una serie di arresti per possesso illegale di cocaina e detenzione di armi da fuoco, in quello che è sicuramente il periodo più buio della carriera e della vita del musicista (che intanto continua a incidere e a suonare con i vecchi compagni). Terminato un lungo periodo di riabilitazione, nel 1988 – a diciotto anni dal loro primo disco – Crosby, Stills, Nash e Young pubblicano “American Dream”, a cui nel 1989 David fa finalmente seguire il suo secondo album solista “Oh Yes I Can”. Poco dopo per Crosby inizia un altro periodo particolarmente tormentato: la sua casa è distrutta da un terremoto e gli viene diagnosticata l’epatite C, a causa della quale si sottopone a un trapianto di fegato.
Nel 1993 esce sottotraccia il suo terzo album solista, “Thousand Roads”, e nel frattempo si riavvicina al figlio naturale dato in adozione, James Raymond, tastierista che assieme a lui e al chitarrista Jeff Pevar forma i CPR, gruppo che darà vita a due dischi in studio e due live.
Nel 2006 Crosby e Nash sono ospiti di David Gilmour per il suo terzo album solista, "On An Island", e con lui si esibiscono dal vivo alla Royal Albert Hall di Londra. All'inizio del 2014 pubblica su Blue Castle Records (l'etichetta di Nash) l'album "Croz", co-prodotto con il figlio James e arricchito da interventi di Mark Knopfler e Wynton Marsalis. A distanza di due anni, pubblica “Lighthouse” (2016). Dopo la pubblicazione di “Sky Trails” nel 2017 e “Here If You Listen” (insieme a Michael League, Becca Stevens e Michelle Willis) nel 2018, Crosby realizza il suo ultimo album in studio, “For Free” (2021).
David Crosby è stato inserito per due volte nella Rock and Roll Hall of Fame, nel 1991 insieme agli altri membri dei Byrds e nel 1997 assieme a Stephen Stills e Graham Nash.
Tanti i messaggi di cordoglio di colleghi e amici sui social network, tra i più belli quello di Grace Slick dei Jefferson Airplane che ha scritto: "25 years ago, David took me to rehab and saved my life - I wish I could have saved his this time. I will miss his humor, his intelligence, and his deep body of work".