Morto Burt Bacharach, il genio del pop americano

di Redazione di OndaRock
09-02-2023

Mondo della musica in lutto: è morto a 94 anni il leggendario compositore americano Burt Bacharach. Lavorando con il paroliere Hal David, Bacharach ha scritto una lunga serie di canzoni di successo, molte delle quali per Dionne Warwick. Tra i suoi grandi successi si ricordano "The Look Of Love", "What The World Needs Now Is Love", "Walk On By", "Alfie", "Raindrops Keep Falling On My Head", "Do You Know The Way to San José". Bacharach, vincitore di Grammy, Oscar e Tony, ha anche contribuito a scrivere le colonne sonore di di film come "Arturo" e "Ciao Pussycat".
Il maestro americano è morto mercoledì nella sua casa di Los Angeles per cause naturali. Negli ultimi 70 anni, solo Lennon-McCartney, Carole King e una manciata di altri hanno rivaleggiato con il suo genio per canzoni orecchiabili ma sempre sofisticate, che sono rimaste eseguite, suonate e cantate ancora molto tempo dopo essere state scritte.

 

Nel mondo effimero eppur dorato della pop music pochi tra gli addetti ai lavori possono reclamare lo status di genio. Brian Wilson, Paul McCartney, Phil Spector sono sicuramente geni che hanno saputo trasportare e trascendere l'effimero sogno adolescenziale della canzonetta "pop" in arte. E per arte si intende in questo caso non semplice evasione, ma conoscenza sia emotiva che spirituale tesa a cercare "una gravitas", "una pienezza", nello spazio ristretto dei pochi minuti della "canzonetta". Ma se dovessimo individuare colui che più di tutti ha glorificato l'arte della bellezza, del raccoglimento intimo, pudico, della profondità delle emozioni più grandi e piccole riunite magicamente insieme, sceglieremmo Burt Freeman Bacharach, il mistico esploratore ebreo perso nella Shangri-La del suo Lost Horizon.
Bacharach è George Gershwin che incontra Duke Ellington nella nascente pop music. Mentre i due citati saldano la musica colta alla tradizione blues-jazz, Bacharach va oltre, unendo le due componenti anche alla popular musical, ampliandone così orizzonti e prospettive. Bacharach si pone in questa veste come primo genio anomalo del "pop", un genio poco moderno e poco appariscente, poco loquace e poco rock, troppo bello-borghese perché potesse creare clamori in quell'America anni 50-60 infiammata dal nuovo credo del rock'n'roll , a suo modo un anti-eroe che ha trasportato la pop-song su strade nuove. Come giustamente dice Robin Platts: "...semplici emozioni si traducevano in musiche e parole costruite ad arte, canzoni che erano davvero molto più complesse di come suonavano. Bacharach le faceva apparire facili, ma non lo erano. Aveva spinto il songwritingverso nuove, eccitanti frontiere, con un uso innovativo di parole, ritmi e melodie".

Bacharach è uno dei più grandi geni della musica popolare americana. Le sue canzoni superano le aspettative di ciò che una pop-song dovrebbe essere. Armonie avanzate, mutazioni di accordi con imprevedibili modulazioni, improvvisi cambi di ritmo... Ma fa apparire tutto così naturale che non te ne rendi conto e non puoi fare a meno di metterti a fischiettarlo.
(John Zorn)

Non vergognarti mai di scrivere una melodia che puoi fischiettare.
(Darius Milhaud a Burt Bacharach)

La grandezza della musica di Bacharach dischiude arcane emozioni, lievi e allo stesso tempo inquietanti con la leggerezza del suo tocco bach-arachiano unico e inconfondibile. Non c'è musicista pop o rock o jazz che non si sia inchinato al suo talento: da Frank Zappa che ne ammirava la sofisticatezza (“prima di lui ben poco era stato fatto nel pop americano nell’ambito delle armonie bitonali e politonali”, gli riconoscerà), a Brian Wilson, che lo ha eletto come suo songwriter prediletto, agli Steely Dan ("Io e Walter Becker eravamo grandissimi fan dei dischi di Burt, ci hanno influenzato profondamente", rivelerà Donald Fagen a Melody Maker nel 1993) a Stan Getz e McCoy Tyner, che hanno inciso due separati album tributo dallo stesso titolo ("What The World Needs Now"), e a una schiera di musicisti così disparati che citarli tutti sarebbe impossibile: Rem, Elvis Costello (con cui produrrà l'immenso "Painted From Memory"), Mark Hollis, Diana Krall, Sterelolab, Luther Vandross, Love, Oasis, White Stripes, Pretenders, Laura Nyro, Belle and Sebastian, Cardinal, Divine Comedy, Kyoto Jazz Massive, Isaac Hayes, di cui bisogna ricordare la strepitosa cover di "Walk On By" nell'album "Hot Buttered Soul", curiosamente coverizzata anche in versione post-punk dagli Stranglers nell'Ep allegato all'album "Black & White" del 1978... la lista sarebbe davvero infinita.
John Zorn dirà di lui nelle note introduttive alla "Great Jewish Music": "Burt Bacharach è uno dei grandi geni della musica popolare americana. Le sue canzoni superano le aspettative di ciò che una pop-song dovrebbe essere. Armonie avanzate, mutazioni di accordi con imprevedibili modulazioni, improvvisi cambi di ritmo... Ma fa apparire tutto così naturale che non te ne rendi conto e non puoi fare a meno di metterti a fischiettarlo".

 

Per anni la sua musica è stata relegata a semplice muzak, easy listening, almeno fino all'esplosione della lounge music negli anni Novanta, che di fatto ha sdoganato anche Bacharach alle nuove inebetite generazioni musicofile: Nme del 1996 parla di lui come "Lounge Wizard", Mojo nel 1998 lo definisce "A gentleman who prefers diminished sevenths", e Q nel 1996 si spinge a ritrarlo come "a man imprisoned in music's metaphorical lift for years". In realtà sarebbe bastato informarsi tempestivamente per scoprire che nella formazione di Bacharach non c'è mai stato posto per l’easy listening. A cominciare dalle cruciali lezioni del maestro francese Darius Milhaud, amico di Erik Satie e componente del Gruppo dei Sei, che ebbe tra i suoi allievi personaggi come Karlheinz Stockhausen, Dave Brubeck, Philip Glass e Iannis Xenakis. Non esattamente degli habitué della musica per ascensori. Ma fu proprio Milhaud a dare a Bacharach il suggerimento decisivo: “Non vergognarti mai di scrivere una melodia che puoi fischiettare”. Lo prenderà in parola per tutta la vita.
Ma è difficile anche trovare un altro hitmaker pop che sia stato allievo di Henry Cowell e si sia nutrito di Ravel e del jazz di Dizzy Gillespie, Thelonious Monk e Charlie Parker. C'è stata la reale difficoltà di comprendere da parte di molta critica coeva il professionismo del grande artigiano, dell'uomo che ha letteralmente inventato un modo nuovo di scrivere la pop song componendo di fatto quella che chiameremmo la "chamber pop sonata". Laddove Phil Spector opera su lente accumulazioni e stratificazioni sonore per raggiungere il climax adatto della canzone (il famoso Spector Wall of Sound), Bacharach lavora di fioretto, con una lenta ed estenuante attività di arrangiamento e produzione: "Un perfezionista, ci facevamo impazzire a vicenda", dirà Hal David nel 2003.

 

Burt Bacharach non svende la sua arte al sogno americano fatto di certezze e conquiste, piuttosto disvela una nuova dimensione musicale, sfumata, illusoria, spirituale. Anela a ricatturare una innocenza perduta, persa in sua identità a-storica priva di un apparente legame con i suoi tempi. Non è il voler raccontare certo melieu sociale, quello della middle class americana in bilico tra ansie e minacce e voglia di sicurezze, che preoccupa l'ebreo tedesco Burt, ma qualcosa di più inquietante e profondo e indefinibile da riportare sul pentagramma. Come cime tempestose e cuori di tenebra in perpetuo conflitto lottano per la loro sopravvivenza, così il turbine di flussi emotivi bacharachiani miscela schegge di vita dove gioia e dolore indissolubilmente si legano. Come la saudade brasiliana, il suo segreto risiede nel capire e accettare l'insoddisfazione perenne insita nel vivere, il "mal du vivre", sublimandolo in arte musicale. Facendo profonda l'ambiguità ed elevando l'ambivalenza su vette vertiginose, è riuscito a creare una gamma di mood espressivi ai tempi ancora poco esplorati nella pop music. I suoi magistrali accordi, sempre fluttuanti tra tonalità maggiori e minori, sprigionano il fascino discreto della caducità dell'esistenza. Dietro l'apparente giocosità (tonalità maggiori) del suo sound si cela e svela lentamente l'alito morboso (tonalità minori) che tutto deve perire.
Questo è Burt Bacharach, l'uomo che, come ricorda Vigorito, “con il fruscio di un battito d'ali di farfalla ha fatto atterrare sugli anni 60 i suoi capolavori e ha inondato il mondo occidentale con torrenti di lacrime di gioia”. E riuscendo nella più difficile delle alchimie. Perché dietro quei ritornelli zuccherosi, quelle orchestrazioni falsamente lievi e ottimistiche c'è “il suono dei giovani cuori e delle anime vulnerabili, delle loro lacrime e delle loro risate, dell'amarezza della realtà e del sollievo dei sogni, di chi vive in questo complicato, vertiginoso mondo moderno.

 

(Dalla monografia di Claudio Fabretti e Fabio Pierangeli)