Joni Mitchell incarna la quintessenza della scuola cantautorale al femminile. A proporne un nuovo ritratto è “Rock Legends”, in onda martedì 15 ottobre alle 24 su Rai5.
Joni Mitchell – all’anagrafe Roberta Joan Anderson - nata ad Alberta, Canada, nel 1943, è la più forbita delle "signore del rock". Poche altre cantautrici hanno saputo coniugare in modo così raffinato l'introspezione psicologica dei testi e un'austerità d'arrangiamenti degna della musica da camera. Le sue canzoni, infatti, non sono solo confessioni a cuore aperto, testimonianze degli ultimi sussulti della stagione hippie: sono piccole perle musicali, orchestrate con raro gusto e sobrietà. E il suo stesso atteggiamento signorile, in vistoso contrasto con le icone dell'epoca, le ha consentito di ritagliarsi un ruolo del tutto peculiare nell'arena del rock.
Quello di Mitchell è un talento cristallino, emerso fin da bambina, quando già suonava il pianoforte, l'ukelele e la chitarra. Come la stessa cantautrice ha ricordato, fu solo il superamento della poliomelite, che la colpì violentemente a nove anni, a farle sviluppare una profonda sensibilità artistica. A definire meglio questa propensione, pensò un suo insegnante alla scuola media, Mr. Kratzman, che l'aiutò sia nella pittura che nella poesia. "Se puoi dipingere con un pennello, lo puoi fare anche con le parole", amava ripeterle. Ed è a lui che Mitchell dedicherà il suo album di debutto omonimo del 1968 (poi ristampato come "Song To A Seagull"): "To Mr Kratzman who taught me to love words". E' l'inizio di una carriera folgorante, che la porta in breve a diventare una "sensation" nel circuito dei
folksinger prima in Canada (Toronto), poi negli Stati Uniti (New York prima, California dopo). I successivi album "Clouds" e "Ladies Of The Canyon" accrescono la sua fama. Ormai Mitchell è un star del folk, al punto che viene ingaggiata da
Carole King per il suo epocale "
Tapestry" e da James Taylor per il suo "Mud Slide Slim And The Blue Horizon".
Ma è con "
Blue" (1971) che la cantautrice di Alberta mette a fuoco definitivamente la sua arte, sublimando le sue testimonianze sul dolore e sulla vana ricerca della felicità. Da allora è diventata la massima esponente del "folk confessionale" e il suo impatto sulla canzone d'autore americana, di cui è considerata una delle grandi capostipiti femminili assieme a
Carole King e
Laura Nyro, è stato incalcolabile.