La querelle legale tra Sony Music e gli eredi di
Lucio Battisti si è conclusa, almeno per quanto riguarda la causa avviata nel 2017 dalla major contro Grazia Letizia Veronese e Luca Battisti. Con l’ordinanza n. 12956, pubblicata il 14 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di Sony Music, condannandola al pagamento delle spese processuali. Lo rende noto lo studio legale Veneziano, che assiste gli eredi dell’artista scomparso nel 1998.
La contestazione avanzata da Sony Music era la stessa che anni prima
Mogol aveva mosso nei confronti degli stessi eredi: aver esercitato un diritto di veto su ogni forma di sfruttamento economico delle opere di Lucio Battisti. Nello specifico, Sony Music accusava gli eredi di aver revocato alla Siae il mandato per l’utilizzo online delle opere, impedendo così alla major di commercializzare le registrazioni delle canzoni interpretate da Battisti sulle principali piattaforme digitali, in primis Spotify. Inoltre, contestava loro di aver bloccato l’uso delle medesime opere a fini di sincronizzazione, ostacolando l’impiego delle registrazioni in spot pubblicitari di marchi noti come Fiat e Barilla.
Con questa decisione, la Cassazione sancisce definitivamente il rigetto delle richieste di risarcimento di Sony Music, già bocciate in precedenza dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Milano.
"La decisione della Suprema Corte – commenta all'Adfn Kronos l’avvocato Simone Veneziano, difensore degli eredi di Battisti – chiude in via definitiva la pretesa di Sony Music di ottenere un risarcimento milionario". Ma, sottolinea ancora Veneziano, la sentenza assume rilievo anche per altre tre ragioni fondamentali. "In primo luogo – spiega – perché i giudici hanno chiarito una volta per tutte che i contratti discografici stipulati oltre cinquant’anni fa da Lucio Battisti con i produttori predecessori di Sony Music non autorizzano, senza il consenso degli eredi (o degli editori musicali), né l’utilizzo online delle registrazioni che incorporano le sue interpretazioni, né il loro impiego a fini pubblicitari".
"In secondo luogo, perché si è evitato un effetto dirompente sull’intero settore musicale e, in particolare, sull’editoria musicale. Sony Music aveva infatti sostenuto che, siccome i diritti dell’autore, dell’interprete e del produttore fonografico si condizionerebbero reciprocamente, gli eredi sarebbero stati obbligati a consentire l’utilizzo delle registrazioni per fini pubblicitari. Se tale impostazione fosse stata accolta, si sarebbe affermato un principio pericoloso, secondo cui lo sfruttamento economico di un’opera musicale sarebbe governato non dall’autore o dall’editore, ma dal produttore fonografico, rovesciando l’ordine delle competenze attualmente vigente. Invece, chiunque sa che per utilizzare una canzone in uno spot pubblicitario occorre ottenere separatamente il consenso del titolare della registrazione e dell’autore (o dell’editore), e che ciascuno di questi soggetti è libero di decidere a chi concedere la licenza e a quali condizioni".
"In terzo luogo – conclude l’avvocato – perché la Cassazione ha anche escluso ogni responsabilità degli eredi, in qualità di amministratori delle società Edizioni Musicali Acqua Azzurra S.r.l. e Aquilone S.r.l., stabilendo che Sony Music non ha dimostrato alcuna condotta illecita da parte loro, oltre a quella già contestata alle due società".