La tragedia di Gaza continua a infiammare gli animi investendo anche il mondo della musica. Il chitarrista dei
Radiohead Jonny Greenwood e il musicista israeliano Dudu Tassa sono stati costretti ad annullare due concerti nel Regno Unito a causa di "minacce concrete" in seguito a un appello al boicottaggio da parte di un gruppo filo-palestinese. Gli organizzatori "hanno ricevuto minacce sufficientemente credibili da concludere che non è sicuro" tenere i concerti a Londra e Bristol, hanno scritto gli artisti in una lettera pubblicata sui social.
Jonny Greenwood, Dudu Tassa e i musicisti della band hanno denunciato di essere vittime di "censura", aggiungendo che "le intimidazioni non aiuteranno a raggiungere la pace e la giustizia che tutti meritano in Medio Oriente" e che "gli artisti dovrebbero essere liberi di esprimersi, indipendentemente dalla loro nazionalità o religione e indipendentemente dalle decisioni prese dai loro governi".
La Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI), promotrice degli appelli a disertare determinati eventi musicali, ha accolto positivamente le recenti cancellazioni di concerti. "Ribadiamo il nostro invito a tutti i locali affinché rifiutino di ospitare questi spettacoli", ha scritto il collettivo su X.
Il PACBI è parte del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele), che ha criticato duramente Jonny Greenwood e Dudu Tassa, accusandoli di essere "complici del genocidio a Gaza". Greenwood, in particolare, è finito nel mirino del movimento per aver suonato a Tel Aviv nel maggio 2024. Anche i Radiohead sono stati oggetto di contestazioni, essendo – secondo il BDS – "la band più nota ad aver ignorato gli appelli al boicottaggio di Israele".
A ottobre, durante un'esibizione da solista a Melbourne, in Australia, anche il leader dei
Radiohead,
Thom Yorke, aveva subito una contestazione da uno spettatore filo-palestinese che gli aveva urlato: "Quanti bambini morti ci vorranno prima che condanniate il genocidio a Gaza?". Il cantante aveva reagito con stizza, accusando l’uomo di aver rovinato lo spettacolo e sfidandolo a salire sul palco: "Non restare lì impalato come un codardo, vieni qui e dimmelo in faccia".
Già nel 2017 i
Radiohead avevano respinto le pressioni per annullare un concerto in Israele, bollando la campagna di boicottaggio come "uno straordinario spreco di energie".
Jonny Greenwood e Dudu Tassa hanno ora pubblicato una nota congiunta: "Con rammarico, i nostri spettacoli a Bristol e Londra, previsti per il 23 e 25 giugno, sono stati cancellati. I locali e il loro incolpevole staff hanno ricevuto minacce abbastanza credibili da concludere che non è sicuro procedere; non ci si può aspettare che i promotori degli spettacoli finanzino la nostra protezione, né quella del nostro pubblico. La campagna che ha bloccato con successo i concerti insiste sul fatto che 'questa non è censura' e 'non si tratta di mettere a tacere la musica o di attaccare singoli artisti'. Ma gli organizzatori non possono avere entrambe le cose. Costringere i musicisti a non esibirsi e negare a chi vuole ascoltarli l’opportunità di farlo è evidentemente un metodo di censura e silenziamento. Intimidire i locali per far cancellare i nostri spettacoli non contribuirà a raggiungere la pace e la giustizia che tutti in Medio Oriente meritano. Questa cancellazione sarà salutata come una vittoria dai suoi promotori, ma non vediamo nulla da festeggiare e non riteniamo che sia stato raggiunto alcun risultato positivo. Il disco che stiamo portando in tournée presenta cantanti provenienti da Siria, Libano, Kuwait e Iraq. Le radici ancestrali e musicali del gruppo sono secolari: in Iraq, Yemen, Siria, Turchia e in tutto il Medio Oriente – ognuno dei membri è unito da un amore comune per la canzone araba, indipendentemente da dove siano nati. La campagna di silenziamento ha chiesto ai locali di 'riaffermare il loro impegno per una programmazione culturale etica e inclusiva'. Ma non questo particolare mix di culture, a quanto pare.
Crediamo che l’arte esista al di sopra e al di là della politica; che l’arte che cerca di stabilire l’identità comune dei musicisti oltre i confini del Medio Oriente debba essere incoraggiata, non condannata; e che gli artisti debbano essere liberi di esprimersi indipendentemente dalla loro cittadinanza o dalla loro religione, e certamente indipendentemente dalle decisioni prese dai loro governi.
Questo progetto ha sempre avuto un canale difficile e angusto da navigare. Ci troviamo nella strana posizione di essere condannati da entrambe le estremità dello spettro politico. Per alcuni a destra, stiamo suonando il tipo di musica 'sbagliato' – troppo inclusivo, troppo consapevole della ricca e meravigliosa diversità della cultura mediorientale. Per alcuni a sinistra, la stiamo suonando solo per assolverci dai nostri peccati collettivi. Temiamo che questa cancellazione venga strumentalizzata da figure reazionarie tanto quanto ne deploriamo la celebrazione da parte di alcuni progressisti.
Eppure, accettare docilmente di essere messi a tacere senza alcuna risposta sembra sbagliato. Come si afferma nella dichiarazione a sostegno dei
Kneecap: “Come artisti, sentiamo il bisogno di esprimere la nostra opposizione a qualsiasi repressione politica della libertà artistica… In una democrazia, nessuna figura politica o partito politico dovrebbe avere il diritto di dettare chi suona o non suona ai festival musicali o ai concerti che saranno apprezzati da migliaia di persone”. Né dovrebbe averne nessuno. Non abbiamo alcun giudizio da esprimere sui Kneecap, ma è triste constatare quanto sia doloroso che coloro che sostengono la loro libertà di espressione siano gli stessi più determinati a limitare la nostra. Siamo completamente d’accordo con
chi chiede: 'Come può questo essere più importante di quello che sta succedendo a Gaza e in Israele?'. Hanno ragione: non lo è. Come potrebbe esserlo? Cosa lo è, nella futura vita culturale di chiunque? Proviamo grande ammirazione, amore e rispetto per tutti gli artisti di questa band, in particolare per i musicisti e i cantanti arabi che hanno dimostrato un coraggio e una convinzione straordinari nel contribuire al nostro primo disco e nel fare tournée con noi. I loro successi artistici sono di fondamentale importanza e speriamo che un giorno possiate sentirci suonare queste canzoni – soprattutto canzoni d’amore – insieme a noi, da qualche parte, in qualche modo. Se ciò accadrà, non sarà una vittoria per nessun Paese, religione o causa politica. Sarà una vittoria per il nostro amore e rispetto condivisi per la musica e per noi stessi.
Il movimento BDS nel Regno Unito ha pubblicato una lapidaria replica su Instagram: "Anche il concerto di Jonny Greenwood e Dudu Tassa alla Hackney Church è stato cancellato. I palestinesi accolgono con favore la cancellazione di entrambi i loro concerti nel Regno Unito. Ribadiamo il nostro appello affinché tutte le sedi si rifiutino di programmare questo evento complice che non può che mascherare un genocidio".