Dalla tragica fine di Adrian Borland sono trascorsi 25 anni. Era il 26 aprile 1999, quando il leader dei
Sound, a soli 41 anni, decise di farla finita, gettandosi sotto un treno in una stazione di Londra. Nel frattempo, la fama di quell'esperienza wave - troppo a lungo colpevolmente sottovalutata - è cresciuta a dismisura. E non è un caso che oggi, a 44 anni dal loro esordio su Lp, la Rhino Records abbia deciso di ristampare i loro primi tre album. La data da segnarsi fin d'ora è il 13 settembre, quando usciranno contemporaneamente le
reissue del debutto "
Jeopardy" (1980), un'istituzione della
darkwave tutta, del successivo e non meno prezioso "From The Lion's Mouth" (1981) e del terzo lavoro "All Fall Down" (1982). Su
Resident è già possibile pre-ordinare i tre dischi in
limited-Lp edition al prezzo di 29,99 euro l'uno.
I
Sound restano una delle esperienze cardinali dell'intera
new wave. Difficile farsi una ragione del perché non abbiano raggiunto il successo di tante altre coeve formazioni britanniche degli
anni 80. Forse, erano troppo poliedrici in un'epoca che richiedeva forti caratterizzazioni: non più
punk ortodossi, non abbastanza
gotici per il popolo
dark, non sufficientemente acidi per potersi iscrivere al circolo psych-pop di
Julian Cope ed
Echo and the Bunnymen. Forse, più semplicemente, mancava loro un personaggio all'altezza delle
dark-star del momento. Adrian Borland, infatti, non era né un
frontman dal magnetismo nevrotico, come
Ian Curtis, né una maschera teatrale alla
Peter Murphy, né un interprete dal fervore stregonesco di una
Siouxsie. Era solo un (ottimo) cantante "normale", in un'epoca in cui look a effetto e trasformismo dettavano legge. Eppure, musicalmente, i Sound avevano tutto per sfondare: un talento melodico fuori dal comune, un piglio viscerale e nevrotico ereditato dalla nobile scuola di
Velvet Underground e
Stooges, un sottile tocco psichedelico d'ascendenza
Doors, una sensibilità "oscura" degna di
Cure e
Joy Division. E, in più, un linguaggio moderno nei testi, sospesi tra le ansie di rivolta del punk e gli spettri della solitudine e dell'angoscia, prodotti di quell'alienazione dell'evo post-industriale che ossessionerà gran parte della
new wave. Uno
spleen più malinconico che nichilista, destinato ad attecchire negli anni sia nell'ala più romantica di quel movimento (primi
U2,
Mission,
Chameleons,
Comsat Angels) sia, in parte, nella successiva generazione
shoegaze di band come
Ride,
Catherine Wheel e
Pale Saints.
Poi, per un crudele scherzo del destino, proprio pochi anni dopo la scomparsa di Borland, arriverà la riscoperta dell'esperienza-Sound da parte dei
nu-new waver degli anni 2000 (dagli
Interpol ai
Bloc Party, dai
Film School agli
I Love You But I've Chosen Darkness e alle
Organ, per citarne solo una minima parte).
Così "In Passing - A Tribute To Adrian Borland", uscito nel 2001 con la partecipazione di vari artisti, tra cui Mark Burgess (
Chameleons), Convent e Voodoo Vibe, porta idealmente le firme di tutti coloro che a quelle sonorità hanno, più o meno esplicitamente, attinto. Un fenomeno così clamoroso da far risultare oggi la loro musica persino più "moderna" di quella di tanti mostri sacri dell'era
post-punk.