The Sound: in arrivo le ristampe dei primi tre dischi, "Jeopardy", "From The Lion's Mouth" e "All Fall Down"

30-04-2024
Dalla tragica fine di Adrian Borland sono trascorsi 25 anni. Era il 26 aprile 1999, quando il leader dei Sound, a soli 41 anni, decise di farla finita, gettandosi sotto un treno in una stazione di Londra. Nel frattempo, la fama di quell'esperienza wave - troppo a lungo colpevolmente sottovalutata - è cresciuta a dismisura. E non è un caso che oggi, a 44 anni dal loro esordio su Lp, la Rhino Records abbia deciso di ristampare i loro primi tre album. La data da segnarsi fin d'ora è il 13 settembre, quando usciranno contemporaneamente le reissue del debutto "Jeopardy" (1980), un'istituzione della darkwave tutta, del successivo e non meno prezioso "From The Lion's Mouth" (1981) e del terzo lavoro "All Fall Down" (1982). Su Resident è già possibile pre-ordinare i tre dischi in limited-Lp edition al prezzo di 29,99 euro l'uno.

I Sound restano una delle esperienze cardinali dell'intera new wave. Difficile farsi una ragione del perché non abbiano raggiunto il successo di tante altre coeve formazioni britanniche degli anni 80. Forse, erano troppo poliedrici in un'epoca che richiedeva forti caratterizzazioni: non più punk ortodossi, non abbastanza gotici per il popolo dark, non sufficientemente acidi per potersi iscrivere al circolo psych-pop di Julian Cope ed Echo and the Bunnymen. Forse, più semplicemente, mancava loro un personaggio all'altezza delle dark-star del momento. Adrian Borland, infatti, non era né un frontman dal magnetismo nevrotico, come Ian Curtis, né una maschera teatrale alla Peter Murphy, né un interprete dal fervore stregonesco di una Siouxsie. Era solo un (ottimo) cantante "normale", in un'epoca in cui look a effetto e trasformismo dettavano legge. Eppure, musicalmente, i Sound avevano tutto per sfondare: un talento melodico fuori dal comune, un piglio viscerale e nevrotico ereditato dalla nobile scuola di Velvet Underground e Stooges, un sottile tocco psichedelico d'ascendenza Doors, una sensibilità "oscura" degna di Cure e Joy Division. E, in più, un linguaggio moderno nei testi, sospesi tra le ansie di rivolta del punk e gli spettri della solitudine e dell'angoscia, prodotti di quell'alienazione dell'evo post-industriale che ossessionerà gran parte della new wave. Uno spleen più malinconico che nichilista, destinato ad attecchire negli anni sia nell'ala più romantica di quel movimento (primi U2, Mission, Chameleons, Comsat Angels) sia, in parte, nella successiva generazione shoegaze di band come Ride, Catherine Wheel e Pale Saints.
Poi, per un crudele scherzo del destino, proprio pochi anni dopo la scomparsa di Borland, arriverà la riscoperta dell'esperienza-Sound da parte dei nu-new waver degli anni 2000 (dagli Interpol ai Bloc Party, dai Film School agli I Love You But I've Chosen Darkness e alle Organ, per citarne solo una minima parte).
Così "In Passing - A Tribute To Adrian Borland", uscito nel 2001 con la partecipazione di vari artisti, tra cui Mark Burgess (Chameleons), Convent e Voodoo Vibe, porta idealmente le firme di tutti coloro che a quelle sonorità hanno, più o meno esplicitamente, attinto. Un fenomeno così clamoroso da far risultare oggi la loro musica persino più "moderna" di quella di tanti mostri sacri dell'era post-punk.