Stewart Copeland: "Una reunion dei Police? Mai dire mai". Poi la battuta su Sting...

24-05-2025

Stewart Copeland, storico batterista dei Police, si prepara a tornare in Italia a luglio con il suo spettacolo “Police Deranged for Orchestra”, un ambizioso progetto che rilegge i classici della band inglese in una chiave orchestrale nuova e sorprendente. Ma, come ha raccontato in un’intervista ad Adnkronos, dietro questa operazione non c’è nostalgia, né la voglia di fare un tributo: piuttosto, si tratta di una vera e propria ricostruzione creativa, in cui la musica dei Police viene smontata e ricomposta con la sensibilità di un compositore e la forza di un batterista che ha sempre saputo coniugare rigore e istinto.
Il tour farà tappa in Italia con date a Villafranca di Verona (23 luglio), La Spezia (25 luglio), Roma (27 luglio) e Foggia (29 luglio). Accanto a Copeland ci sarà una superband di musicisti italiani, tra cui Gianni Rojatti alla chitarra, Faso (Elio e le Storie Tese) al basso, e Vittorio Cosma al piano, oltre a un’orchestra di 27 elementi. Un ensemble d’eccezione che permette di dare nuova vita a brani come “Roxanne” o “Message in a Bottle” in una dimensione sonora più densa, emotiva e sofisticata.

Il progetto è nato quasi per caso, durante la lavorazione di un documentario sulla band intitolato Everyone Stares. Da lì Copeland ha riscoperto vecchi arrangiamenti e materiali inediti, spesso derivati da improvvisazioni live, che ha poi rielaborato in forma orchestrale. Non si tratta, quindi, solo di “vestire” le canzoni con archi e fiati, ma di una vera trasfigurazione del repertorio: “Si possono sentire tutti gli elementi familiari dei successi dei Police”, spiega Copeland, “ma c’è anche molto materiale nuovo. E le novità sono molto Police, perché derivano da quello che eravamo dal vivo”.
Raccontando il lavoro con l’orchestra, Copeland mette in luce le differenze tra il mondo rock e quello sinfonico. Laddove il rock è istintivo, libero, orale, l’orchestra richiede rigore visivo, precisione scritta: “Bisogna mettere l’inchiostro sulla pagina”, afferma, “per dire non solo cosa suonare ma come suonarlo”.

Uno degli aspetti più curiosi emersi nell’intervista all'Adn Kronos riguarda il rapporto con Sting, definito “un fottuto genio” — anche se Copeland scherza: “Ma non diteglielo!”. Confessa di aver scoperto la profondità dei testi dei Police solo recentemente, durante il lavoro sugli arrangiamenti: “Io ero il batterista, facevo casino mentre qualcuno gridava qualcosa davanti. Non avevo mai ascoltato attentamente le parole”.
Quanto a una possibile reunion della band, Copeland è categorico ma ironico: “Certo, mi piacerebbe, ma non succederà. O meglio, c’è una possibilità su un miliardo. Mai dire mai... Il problema è che andiamo d’accordo finché non suoniamo insieme. E non voglio rovinare tutto”. Nonostante ciò, i rapporti tra i tre ex-Police rimangono cordiali: “Ci mandiamo video stupidi su Instagram, per lo più strane versioni delle nostre canzoni. È la nostra gag preferita”.

Copeland ricorda positivamente l’esperienza della reunion del 2007, che ha contribuito a ricucire i rapporti tra i membri del gruppo e a chiudere un cerchio: “È stato terapeutico. Abbiamo fatto terapia di gruppo, ci siamo detti tutto. Lo consiglio alle altre band”. Riconosce anche il valore emotivo delle vecchie canzoni: “Le nuove possono essere anche migliori dal punto di vista tecnico, ma non avranno mai lo stesso impatto emotivo. Perché i vecchi brani hanno una storia”.
Infine, Copeland riflette anche sul ruolo sociale della musica, ma si smarca da ogni intento politico: “Quando le star prendono il microfono, spesso danneggiano la causa che vogliono sostenere. Non credo che agli elettori importi davvero di quello che penso io”.
Con la forza e l’ironia che lo contraddistinguono, Stewart Copeland continua a vivere la musica come un campo di esplorazione. E anche se i Police non torneranno più insieme, la loro musica — rivisitata con intelligenza e passione — continua a pulsare di vita.