Robert Smith spiega perché i concerti dei Cure sono così lunghi: "Colpa di uno show di Bowie"

03-11-2024
Cure sono tornati al centro della ribalta grazie a “Songs Of A Lost World”, il loro quattordicesimo album in studio e primo dai tempi di "4:13 Dream" (2008). Un disco concepito in parte dal vivo, durante la tournée mondiale Shows of a Lost World. Nei giorni scorsi la band ha suonato due set promozionali per la Bbc. E il giorno dell'uscita di “Songs Of A Lost World”, il 1° novembre, in diretta dal Troxy di Londra, Robert Smith e compagni lo hanno presentato con una torrenziale esibizione in livestream di tre ore. Ma non è certo una novità per la band di "Pornography".
Intervistato da Npr, Robert Smith ha spiegato da dove deriva questa sua scelta di tenere concerti sempre così lunghi: "Tutto nasce principalmente da uno spettacolo a cui ho assistito negli anni 70, un concerto di David Bowie durante il tour di Station to Station - ha spiegato il leader dei Cure - Un paio di noi andarono lì, e costò un sacco di soldi. A quei tempi, non avevo soldi. Dovevamo arrivare in città, comprare i biglietti, prendere qualche drink — l'intera esperienza costò molto più di quanto avessi effettivamente in tasca. Ero sconvolto perché, anche se lui era grandioso, assolutamente fantastico, penso che abbia suonato per circa un'ora e poi basta. E io mi chiedevo: 'Cosa è appena successo?' Abbiamo passato tre o quattro mesi a parlare di questo e ad aspettarlo, e poi finisce così. Non mi sono sentito defraudato, ma davvero triste. Perché volevo che fosse lungo il doppio. Volevo ascoltare più canzoni. E questo ricordo è sempre rimasto dentro di me. Se ti piace quello che stai facendo, perché non suonare un po' più a lungo? Perché sicuramente le persone di fronte a te lo stanno apprezzando. Col tempo ho capito che... a volte abbiamo suonato troppo a lungo, credo, ma penso che man mano che siamo cresciuti come band, questo ci ha permesso di esplorare più canzoni. Ci ha anche permesso di creare più atmosfera, di realizzare uno spettacolo più completo".
Qui sotto potete vedere in streaming l'esibizione al Troxy di Londra.



Robert Smith ha anche parlato apertamente delle pratiche predatorie di vendita dei biglietti per il tour nordamericano dei Cure dell’anno scorso, ricordando i suoi obiettivi di mantenere i biglietti a basso costo.
"È stato uno di quei momenti in cui ho pensato, ‘No, non lascerò perdere’ - ha detto al New York Times - E così non l’ho fatto".
La strategia di Smith rimane il gold standard del modo in cui gli artisti possono mantenere i biglietti dei concerti a prezzi umani. Ha utilizzato lo scambio di biglietti fan-to-fan per rendere più difficile per i bagarini di vendere biglietti a prezzi enormi e si è rifiutato di utilizzare i famosi prezzi dinamici che invece artisti come Bruce Springsteen e Oasis hanno utilizzato per aumentare i prezzi, definendo questa metodologia una "truffa guidata dall’avidità".

"Volevo che questo album avesse un’atmosfera. Alcuni dischi dei Cure sono tematici. ‘Disintegration’, ‘Pornography’ o ‘Bloodflowers’ hanno un'atmosfera, un nucleo emotivo. Ecco, mentre scrivevo la musica, c’era coesione”, ha spiegato invece Smith a proposito di "Songs Of A Lost World". La creazione del disco è stata un percorso lungo e tortuoso, attraversato da periodi di inattività e da momenti di ripensamento, riflettendo un processo simile a quello di "Pornography". L’album del 1982 segnò infatti uno dei momenti più cupi della carriera dei Cure, sia musicalmente che a livello personale, rappresentando per Smith e la band una sorta di esorcismo emotivo. In modo parallelo, "Songs Of a Lost World" affronta temi altrettanto profondi, come la perdita e la morte, con brani come "I Can Never Say Goodbye", dedicato al fratello scomparso di Smith, che si ricollegano a quelle atmosfere oscure e tormentate che hanno caratterizzato i momenti più intensi della discografia della band. “Le canzoni hanno sempre avuto questo elemento, la paura della mortalità - ha spiegato Smith - È sempre stato così, fin da quando ero giovane. Ma quando si invecchia, diventa più reale. Stiamo tutti invecchiando alla stessa velocità? Più o meno. Ho cercato di trovare il giusto tono, come nel caso di ‘I Can Never Say Goodbye’ che parla della morte di mio fratello. Ero così sconvolto che ho pensato che alcune delle versioni che avevo fatto fossero fantastiche. Poi le ho fatte ascoltare a qualcuno e mi ha detto: “Non puoi, è troppo. Eseguirla sul palco mi ha aiutato ad affrontare il lutto. Mi manca”.

Per Robert Smith e compagni, dovrebbe arrivare a breve anche il documentario di Tim Pope, annunciato qualche anno fa. “Si farà sicuramente - assicura Smith - è una cosa in corso”. All’orizzonte, dopo quella con Gorillaz, Deftones e Noel Gallagher, ci sarebbe anche un’altra collaborazione al momento top secret.