Robert Smith ha anche parlato apertamente delle pratiche predatorie di vendita dei biglietti per il tour nordamericano dei Cure dell’anno scorso, ricordando i suoi obiettivi di mantenere i biglietti a basso costo.
"È stato uno di quei momenti in cui ho pensato, ‘No, non lascerò perdere’ - ha detto al New York Times - E così non l’ho fatto".
La strategia di Smith rimane il gold standard del modo in cui gli artisti possono mantenere i biglietti dei concerti a prezzi umani. Ha utilizzato lo scambio di biglietti fan-to-fan per rendere più difficile per i bagarini di vendere biglietti a prezzi enormi e si è rifiutato di utilizzare i famosi prezzi dinamici che invece artisti come Bruce Springsteen e Oasis hanno utilizzato per aumentare i prezzi, definendo questa metodologia una "truffa guidata dall’avidità".
"Volevo che questo album avesse un’atmosfera. Alcuni dischi dei Cure sono tematici. ‘Disintegration’, ‘Pornography’ o ‘Bloodflowers’ hanno un'atmosfera, un nucleo emotivo. Ecco, mentre scrivevo la musica, c’era coesione”, ha spiegato invece Smith a proposito di "Songs Of A Lost World". La creazione del disco è stata un percorso lungo e tortuoso, attraversato da periodi di inattività e da momenti di ripensamento, riflettendo un processo simile a quello di "Pornography". L’album del 1982 segnò infatti uno dei momenti più cupi della carriera dei Cure, sia musicalmente che a livello personale, rappresentando per Smith e la band una sorta di esorcismo emotivo. In modo parallelo, "Songs Of a Lost World" affronta temi altrettanto profondi, come la perdita e la morte, con brani come "I Can Never Say Goodbye", dedicato al fratello scomparso di Smith, che si ricollegano a quelle atmosfere oscure e tormentate che hanno caratterizzato i momenti più intensi della discografia della band. “Le canzoni hanno sempre avuto questo elemento, la paura della mortalità - ha spiegato Smith - È sempre stato così, fin da quando ero giovane. Ma quando si invecchia, diventa più reale. Stiamo tutti invecchiando alla stessa velocità? Più o meno. Ho cercato di trovare il giusto tono, come nel caso di ‘I Can Never Say Goodbye’ che parla della morte di mio fratello. Ero così sconvolto che ho pensato che alcune delle versioni che avevo fatto fossero fantastiche. Poi le ho fatte ascoltare a qualcuno e mi ha detto: “Non puoi, è troppo. Eseguirla sul palco mi ha aiutato ad affrontare il lutto. Mi manca”.
Per Robert Smith e compagni, dovrebbe arrivare a breve anche il documentario di Tim Pope, annunciato qualche anno fa. “Si farà sicuramente - assicura Smith - è una cosa in corso”. All’orizzonte, dopo quella con Gorillaz, Deftones e Noel Gallagher, ci sarebbe anche un’altra collaborazione al momento top secret.