Un'incursione della storia di una delle più leggendarie formazioni della storia del rock: dei
Velvet Underground. Alla band newyorkese sponsorizzata da Andy Warhol è dedicato “Rock Legends”, lo speciale in onda venerdì 25 ottobre alle 24.00 su Rai 5 (in streaming su
RaiPlay).
Fu proprio il maestro della Pop Art, artista e catalizzatore della New York di fine
anni Sessanta, primi
Settanta, che con la sua Exploding Plastic Inevitable, lanciò i Velvet Underground. Un'alchimia straordinaria, frutto di una singolare commistione di personaggi che difficilmente, in altri ambiti, avrebbero riunito le forze in una ricerca collettiva dalla forza e longevità così straordinarie:
Lou Reed (voce e chitarra),
John Cale (viola, basso, pianoforte), Sterling Morrison (chitarra, basso) e Maureen Moe Tucker (batteria). Iniziano a suonare dal vivo nel 1965, proponendo versioni iniziali di brani che diventeranno loro grandi classici. Dopo l’incontro con Andy Warhol, suonano nei musei di New York, prima con uno spettacolo intitolato “Andy Warhol Up-Tight”, poi con “Exploding Plastic Inevitable”, che diventa una leggenda dell’
underground. Grazie a Warhol fa ingresso nella band la futura
musa gotica Nico.
Lo storico "
Velvet Underground And Nico" riesce a mescolare insieme rock e blues, psichedelia e avanguardia. Un lavoro che trae lezione dal passato per proiettarsi idealmente nel futuro. Non a caso è diventato una pietra miliare per le band del punk, della
new wave e perfino del
post-rock. La decostruzione rumorosa del rock, le sinestesie artistico-musicali, le storie violentemente urbane e letterarie dei testi ne fanno un'opera unica. Un totem del rock di cui non si contano i tentativi d'imitazione. Tanto che, se si fa attenzione, si può scorgere un passaggio di "The Velvet Undeground & Nico" in quasi ogni singolo brano del rock moderno. Come ebbe a dire
Brian Eno, “Il primo disco dei Velvet Underground fu comprato da un centinaio di persone: tutte queste persone poi sono diventate musicisti, tecnici o produttori”.
I mondi dipinti da Lou Reed e compagni descrivono i quartieri cupi e ostili di una metropoli tentacolare e pericolosa, i veri protagonisti sono gli ultimi della società, gli emarginati; gli ambienti non sono le belle spiagge californiane assolate, bensì i quartieri malfamati dove la droga, in particolare l’eroina, è vista come l’unica via di fuga dalla realtà. Il brano che descrive al meglio tutto ciò è certamente “Heroin”. Nulla sembra accomunare questi scenari oscuri con la fervida vitalità della
West Coast. Ma quasi tutte le tracce sono fondamentali; dalla descrizione sadica di “Venus In Furs”, all’ossessiva ripetizione di “I'm Waiting For The Man”, alla melodia da carillon ipnotico di “Sunday Morning”, restano pochi dubbi sul fatto di trovarsi di fronte a un vertice di un modo diverso di intendere il
trip psichedelico.
Ma l'equilibrio all'interno della band si spezza presto. La lotta per la leadership nel gruppo porta all'abbandono di
Nico e al distacco dall'orbita warholiana. Anche a New York
Reed e compagni cominciano a incontrare la diffidenza di chi vede in loro il germe della decadenza e della rovina. La band si trasferisce così a Boston, dove lavora al secondo disco,
White Light White Heat (1967), lavoro ancor più duro e a tratti indigeribile, che oggi suona come un Lp pionieristico con una svolta dissonante e cacofonica, con suoni duri e distorti, che trova nel lungo
trip da incubo di “Sister Ray” il suo principale lascito.