Alain Souchon

C'est déjà ça

1993 (Virgin)
nouvelle chanson, singer-songwriter

Alain Souchon, nome d'arte di Alain Kienast, ha 49 anni quando nel 1993 l'album "C'est déjà ça" lo rende uno dei cantanti più amati di Francia: la sua carriera è stata atipica sin dall'inizio, con un debutto discografico avvenuto nel 1974 all'età di trent'anni, dopo un lungo periodo passato a suonare in piccoli locali di Parigi e dintorni, non senza difficoltà economiche.
Rimasto orfano di padre all'età di quattordici anni, ha sempre avuto problemi a scuola, tanto che la madre, dopo un'espulsione per scarsa disciplina, decise di mandarlo a studiare in un liceo francese in Inghilterra. La burocrazia impedì la sua iscrizione, ma il diciassettenne Alain rimase lì a lavorare come cameriere per un anno e mezzo, entrando in contatto con la musica angloamericana, che mescolandosi poi alla conoscenza della chanson francese influenzerà il suo approccio creativo alla musica.

Su suggerimento di Bob Socquet, dirigente della divisione locale della Rca, sin dal suo tardivo ingresso nell'industria discografica, Souchon è affiancato da Laurent Voulzy, cantautore e polistrumentista di quattro anni più giovane con cui rimarrà legato a doppio filo fino ai nostri giorni: pur mantenendo i due carriere separate, i loro dischi conterranno quasi sempre brani scritti a quattro mani, destinati a formare di fatto uno dei più imponenti canzonieri nella storia della musica popolare francese.
Il successo non tarda ad arrivare: benché prima del disco oggetto dell'articolo non abbia mai dominato la scena, Souchon è stato una figura costantemente presente, con un pubblico solido e fedele, che aveva già permesso a cinque suoi album di superare la soglia delle 300mila copie vendute ("Jamais content" del 1977, " Toto 30 ans, rien que du malheur..." del 1978, "Ultra moderne solitude" del 1988, il live "Nickel" del 1990 e la raccolta "20 chansons" del 1992).

"C'est déjà ça" è il suo nono lavoro in studio e giunge dopo un'insolita pausa di un lustro: tanto è passato infatti dal precedente "Ultra moderne solitude". La produzione e gli arrangiamenti sono affidati al tastierista Michel Cœuriot, che è stato uno dei più grandi turnisti francesi degli anni Settanta, per poi imporsi come produttore nel decennio successivo (era già al fianco di Souchon nel 1985, per l'album "C'est comme vous voulez"). Voulzy partecipa alla registrazione di un solo brano, ma ne cofirma quattro su undici, mentre i due turnisti più ricorrenti sono il chitarrista Michel-Yves Kochmann e il bassista Guy Delacroix, fra i più richiesti della scena locale, presenti rispettivamente in otto e sei brani.
Il sound è radicalmente diverso rispetto a "Ultra moderne solitude": i cinque anni passati nel mezzo si avvertono in pieno, con l'asse che si è spostato da sophisti-pop e new wave verso quella mistura di cantautorato classico e musica alternativa (spaziante a seconda degli artisti, dei contesti e dei momenti dal rock chitarristico all'elettronica) che venne poi denominata nouvelle chanson, a indicare un rinnovamento stilistico della grande tradizione francofona che generò alcuni fra i dichiarati punti di riferimento dello stesso Souchon, quali Georges Brassens, Jacques Brel e Léo Ferré.

L'apertura è affidata alla canzone che rimane a oggi l'inno di Souchon, "Foule sentimentale", jangle pop propulso da un intreccio di strumming acustico e arpeggi elettrici mixati sullo sfondo, con violini sintetizzati che arricchiscono le armonie. A dispetto della dolcezza della musica, il testo è uno sferzante atto d'accusa alla società consumistica e ai danni psicologici prodotti dalla continua imposizione di figure perfette e vincenti da parte dei mass media:
Caspita, la vie en rose,
la rosa che ci spinge
ad avere tante cose,
che fanno desiderare altre cose.
Bah, ci fanno credere
che la felicità stia nell’avere,
nell'avere gli armadi pieni,
ridicolizzandoci perché siamo…
una massa di sentimentali,
con sete di ideali,
attirati [più] dalle stelle, dalle vele,
che da cose non commerciali.
Massa di sentimentali,
guardate come ci parlano.
Ne viene fuori,
da queste scatole d’imballaggio,
gente scialba, fuori uso,
triste, senza alcun beneficio.
Ci infliggono
dei desideri che ci affliggono.
Non scherziamo, ci prendono sin dalla nascita
per coglioni, in quanto siamo…
una massa di sentimentali.
A noi Claudia Schiffer,
a noi Paul-Loup Sulitzer,
ah, quanto ci fanno male,
e c’è chi ha deturpato la donna.
Discende dal cielo
un desiderio che ci avvolge:
per domani, per i nostri pallidi figli,
un qualcosa di meglio, un sogno, un cavallo
Dopo la romantica "L'amour à la machine" – introduzione di batteria con le spazzole, basso jazzato e assolo di chitarra resofonica – i temi sociali tornano in cattedra con "Sous les jupes des filles", che su un ritmo dub dove si incrociano pattern elettronici e assoli di chitarra blues, dipinge una controintuitiva accusa al maschilismo trasversale a tutte le società del pianeta: il testo sembra infatti dapprima essere benevolo e indulgente verso il senso del possesso che le donne sono costrette a subire, per poi ribaltare la visione con un flusso di coscienza che elenca alcune fra le storture che, direttamente o indirettamente, sono state nutrite nel corso della storia anche dalla mascolinità frustrata degli uomini: 
Se a volte ciò le infastidisce e non vogliono
che si guardino le loro gambe, i ragazzi perdono la testa
e allora per forza accade questo:
gli uomini come i piccioni,
le birre, i khmer rossi,
ogni cervo che si muove,
fanfare blu, bianco e rabbia,
bicchieri di rosso e verdi di rabbia,
l'onore delle milizie,
sarai un uomo, figlio mio
Jangle pop in minore, di nuovo poggiante su intrecci elettrico-acustici, "Les regrets" si esalta in un ponte strumentale che si sposta in tonalità maggiore, mentre la voce gentile di Souchon, rarefatta da una lieve eco, passa in rassegna i propri rimpianti, come da titolo: 
Sognando di rivoluzioni
sulla riva del fiume,
c'erano delle illusioni
nella mia mano che hai lasciato sotto il tuo maglione.
Il pensar male, la debolezza,
il non aver studiato,
le canzoni della mia giovinezza,
e di Robert Zimmerman [ndr: Bob Dylan], l'altitudine
C'è spazio a metà scaletta per un paio di ballate pianistiche, quali "Les filles électriques" e "Chanter c'est lancer des balles". Si segnala in particolare la seconda, con un'atmosfera vagamente sinistra generata dall’insistenza con cui passa dall’accordo di Do minore a quello di La bemolle settima per poi tornare al Do minore, senza mai risolversi sul Do diesis come ci si aspetterebbe. Il testo è un elenco di metafore sul ruolo della musica:
Cantare è lanciare palline,
palloncini che calciamo
perché qualcuno li catturi,
e quel "be-bop-a-lula"…
palloncini d'elio
per far crescere gli uomini,
sopra la pioggia, nel solarium
"Arlette Laguiller" è dedicata all'omonima militante di estrema sinistra, portavoce del partito Lutte Ouvrière dal 1973 al 2008. Benché le posizioni politiche di Souchon siano più moderate, piazzandosi nell'arco del centrosinistra, la canzone celebra la passione dell'attivista tenendo comunque a sottolineare la distanza di Souchon da quelle vedute:
Le parole certamente sono un po' usurate,
ma lei canta con un'aria pura,
usa una freschezza mentolata,
menta piperita per trasmettere le sue idee,
per condividere i baci e le ciliegie,
anche se sono sciocchezze
L'atmosfera ipnotica e quasi irrisolta della base strumentale è dovuta all'utilizzo di un accordo di quarta sospesa, mentre altri aspetti evocano i grandi nomi dell'heartland rock americano, da Tom Petty (il tono pacato del canto) a Bruce Springsteen (l'ingresso della batteria con colpi secchi di rullante, come in "Born In The Usa").
"Sans queue ni tête" (Voulzy a chitarre, basso e seconda voce) non vanta forse un testo fra i più interessanti, descrivendo una serie di contraddizioni nell'esistenza del genere umano in maniera forse un po' sconnessa (si passa dalle relazioni amorose al consumo massivo di carne, dalla religione alle guerre), ma la musica è fra le più esaltanti, con un ritornello ossessivo e corale di grande efficacia, oltre a incursioni spazianti dal reggae al blues, dal country al jazz (quest'ultimo in particolare sul finale, con l'inserto di fiati campionati e l'assolo di basso).
Se la ballata d'atmosfera "Le fil" è stata composta a quattro mani col figlio Pierre, che proprio l'anno dopo avrebbe debuttato su album con il progetto Les Cherche Midi, l'acustica "Le zèbre" (per chitarra, contrabbasso e percussioni), prestata all'omonimo film di Jean Poiret, è invece una collaborazione con Jean-Claude Petit, rinomato autore di colonne sonore, nonché arrangiatore e turnista. 
La title track chiude l'opera con un arrangiamento downtempo dove campionamenti di liuti mediterranei, batteria programmata, strati di tastiere orchestrali e cupe linee di basso si muovono in un ambiente suggestivo e malinconico, capace di evocare al contempo le nevrosi dei paesaggi urbani e l'aria incontaminata delle grandi distese africane, entrambi indicati nel testo, che ha come protagonista un immigrato sudanese: 
So bene, rue de Belleville,
che niente è fatto per me,
ma sono in una bella città:
è già qualcosa.
Così lontano dalle mie antilopi,
cammino in silenzio,
camminare in una città europea,
è già qualcosa.
Oh, e sogno
che il Sudan, il mio paese, d'improvviso si sollevi.
Oh, sognare, è già qualcosa.
C'è un sacchetto di plastica verde
che pende dal mio braccio.
Nel mio sacchetto verde c'è solo aria,
è già qualcosa.
Quando ballo camminando
con queste tuniche,
i passanti sorridono,
è già qualcosa.
Per volere una bella musica,
Sudan, mio Sudan,
per una melodia democratica,
ti rompono i denti.
Per voler un mondo istruito,
Sudan, mio Sudan,
quello dove si scambiano le idee,
ti rompono i denti.
Sono seduto in rue de Belleville,
in mezzo alla folla,
e lì, il tempo, emofilico,
scorre
Il cambio di tonalità da La minore a Do maggiore che avviene a 1' 45'', stravolgendo per qualche momento l'atmosfera, non è che l'ennesimo tocco di classe di un disco raffinato e formalmente perfetto, che ha segnato a fondo il cantautorato francese mostrando come le soluzioni tipiche del rock alternativo e del sottobosco elettronico potessero essere inglobate nella musica da classifica, senza per questo svilirne la portata innovativa, anzi semmai vestendola di una rinnovata complessità. A chiudere il quadro, testi socialmente impegnati, che non scadono mai in soluzioni svenevoli ed evitano per quanto possibile la banalità della canzone d'amore.

"C'est déjà ça" rimane a tutt'oggi il più grande successo della carriera di Souchon: pubblicato il 5 ottobre 1993, ha raggiunto il numero 1 il successivo 13 febbraio, e pur avendo mantenuto il comando per una sola settimana, è rimasto nella classifica francese per due anni, passando 45 settimane in top 10 e ammassando un milione e 400mila copie vendute. "Foule sentimentale" ha raggiunto a sua volta il numero 1 fra i singoli, superando le 200mila copie.
Nel 1994 Souchon è stato eletto artista maschile dell'anno ai "Victoires de la musique", il più importante premio dell'industria musicale francese, mentre "Foule sentimentale" si è aggiudicata il titolo di canzone dell'anno. Circa un decennio più tardi, in occasione del ventennale della kermesse, è stata inoltre dichiarata miglior canzone francese pubblicata fra il 1984 e il 2004.

23/08/2024

Tracklist

  1. Foule sentimentale
  2. L'amour à la machine
  3. Sous les jupes des filles
  4. Les regrets
  5. Les filles électriques
  6. Arlette Laguiller
  7. Chanter c'est lancer des balles
  8. Sans queue ni tête
  9. Le fil
  10. Le zèbre
  11. C'est déjà ça




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