Alaska y Dinarama

Deseo carnal

1984 (Hispavox)
new wave, dance-pop, baroque pop

Sebbene non autarchica e quindi non del tutto refrattaria all’apertura culturale o anche solo commerciale con il resto dell’Occidente, la dittatura di Francisco Franco fu segnata da un rigido conservatorismo di matrice cattolica. Soltanto dopo la morte del Generalísimo si iniziò un lento percorso di liberalizzazione dei costumi, che sfociò definitivamente nell’apoteosi controculturale con epicentro nella capitale, conosciuto con il nome di Movida Madrileña (spesso abbreviato semplicemente in Movida). Da questo movimento sorsero alcuni degli artisti più importanti e amati della musica spagnola, quali i Nacha Pop di Antonio Vega, i Radio Futura, i Gabinete Caligari, ma anche registi quali il celeberrimo Pedro Almodóvar. La data che solitamente viene considerata il simbolico inizio della Movida è il 9 febbraio 1980: in tale occasione si tenne un tributo a José Enrique Caio Real, batterista morto a soli vent’anni in un incidente stradale e membro della formazione underground Tos. Le band che vi presero parte erano tutte giovani ed emergenti, e tra di esse figuravano gli Alaska y Los Pegamoides, sigla sotto la quale mossero i primi passi i protagonisti di questo scritto.

Le due figure principali della band erano la cantante di origini ispano-messicane Alaska, nome d’arte di Olvido Gara Jova, e il chitarrista/cantante madrileno Carlos Berlanga. Sarà proprio in seguito all’abbandono di quest’ultimo che i Los Pegamoides si scioglieranno nel 1982, in polemica e litigio con la casa discografica. Berlanga fonderà quindi i Dinarama con il bassista Ignacio "Nacho" Canut, dapprima senza Alaska, la quale si unirà però ben presto per completare la formazione che da lì a breve li consacrerà presso il grande pubblico, gli Alaska y Dinarama.
Sebbene sia la cantante che il chitarrista fossero di orientamento omosessuale, soltanto la prima ha assurto negli anni a figura di culto della comunità del mondo dello spettacolo spagnolo, grazie al suo carisma e alla sua versatilità artistica che le ha permesso di misurarsi anche come attrice. Senza voler togliere alcunché all’importanza culturale di Alaska, la sua fama e la sua centralità da frontwoman, evidente già a partire dal nome delle band di cui ha fatto parte, rischiano di eclissare Berlanga e di fare un grave torto non soltanto a quest’ultimo, ma anche a una corretta interpretazione del peso artistico dei singoli componenti del gruppo. Berlanga era infatti la mente degli Alaska y Dinarama e il loro autore, insieme a Nacho Canut, nonché cantante spesso pronto a intervenire assieme ad Alaska o con performance soliste. Inoltre, anche lui è stato un alfiere delle lotte per l’emancipazione e integrazione degli omosessuali e per l’abbattimento degli stereotipi di genere.

Desiderosi di lasciarsi alle spalle il suono essenziale post-punk dei Pegamoides e del primo album pubblicato nel 1983, gli Alaska y Dinarama ricercano un produttore anglofono, per dotarsi di un respiro internazionale. La scelta cade sulla giovane promessa inglese Nick Patrick, dopo aver scartato tra gli altri Scott, Aitken and Waterman, produttori di “You Spin Me Round” dei Dead or Alive, poiché chiedevano un cachet troppo alto. Tuttavia, l’iniziale opzione paventata da Berlanga e compagni è indicativa circa le intenzioni del nuovo corso.
Dato alle stampe nel settembre del 1984, “Deseo carnal” vira infatti con decisione verso territori dance-pop e hi-nrg, a cui si aggiungono sfumature di pop barocco e rock gotico, il tutto sotto l’ombrello di un solido impianto new wave. “Cómo pudiste hacerme esto a mí” apre il disco ed è già un piccolo manifesto: arrangiamenti orchestrali sontuosi di archi e fiati fanno da tappeto al primo intervento vocale dell’album, ad opera di Berlanga. L’unione tra musica e testo evoca una scena cinematografica, da film noir:

 Lei lo vide uscire da lì
Ora sapeva la verità
E si decise

Pazza di gelosia lo seguì
Dopo aver annotato l’indirizzo
Trattenendo le lacrime

A questo punto fanno il loro ingresso una drum machine dal sapore hi-nrg e sequenze di sintetizzatori, che trasportano l’iniziale orchestra in un club notturno. A completare un quadro già di per sé intricato si aggiungono sparute plettrate di chitarra elettrica distorta, quasi hard rock. Il pre-chorus e il ritornello raggiungono l’apoteosi tra cultura da club europea e musica spagnola: gli svolazzi di tromba e di archi conducono in un’arena da corrida, mentre il serrato battito in quattro quarti, i sintetizzatori e le percussioni elettroniche ispirano nella mente dell'ascoltatore remix chilometrici per la pista. Un simile e ardito sincretismo tra baroque pop e house trova tra i pochissimi eguali di questo livello “Left To My Own Devices” dei Pet Shop Boys: “Como pudiste...” la anticipa tuttavia di quattro anni.
Il prosieguo del testo dipinge la vicenda di una donna che, folle di gelosia, impazzisce e investe il suo amato, reo plausibilmente di averla tradita, in un macabro ribaltamento dei ruoli di genere tradizionali che vorrebbero piuttosto l’uomo rivalersi brutalmente sulla donna infedele:

 Come hai potuto farmi questo?
Ti avrei amato fino alla fine
So che te ne pentirai

La strada deserta, la notte ideale
Un'auto senza luci, non poteva schivarla
Un colpo sicuro e tutto è finito tra loro all'improvviso

Non ho rimpianti
Lo rifarei, è gelosia
Non mi pento
Lo farei di nuovo, è la gelosia

Particolarmente intenso è il dialogo tra i due cantanti: più neutro e “freddo” quello di Berlanga, che narra i fatti in terza persona, più teatrale ma comunque mai sopra le righe lo stile di Alaska, che interpreta in prima persona il tormento della protagonista.
“Isis” prosegue la mescolanza della prima canzone, prediligendo questa volta la componente elettronica e aggiungendo più di un sentore synth-funk (particolarmente evidenti nelle chitarre elettriche in palm muting e nel basso slap del ritornello).
Lo sposalizio tra archi, trombe, chitarre elettriche glam e andamento ritmico da marcia music hall di “Ni tú ni nadie” è quanto di più British si possa immaginare partorito in Spagna: con una certa dose di licenza autoriale concessa dal lettore a chi sta scrivendo, sembra quasi di ascoltare una canzone ispirata al britpop, ma uscita con un decennio d’anticipo! Il brano è la hit più famosa della formazione; il testo fotografa la tensione tra due persone che stanno evidentemente vivendo una crisi sentimentale, forse irreparabile, a cui però fa da contraltare il forte desiderio di indipendenza della voce narrante. Né quest’ultima, né la controparte presentano connotazioni di genere: si tratta di un’ambiguità probabilmente non casuale.

Sbagli a far salire la mia tensione
A distruggere la mia ambizione, continua così e vedrai.
Guardo l'orologio, è molto più tardi di ieri
Ti aspetterei di nuovo e non lo farò, non lo farò

Dov'è il nostro irrisolvibile errore?
La colpa è tua o mia?
Né tu, né nessuno, nessuno può cambiarmi
Mille campane suonano nel mio cuore
Quanto è difficile chiedere perdono!
Né tu, né nessuno, nessuno può cambiarmi

Vai via da qui, non hai saputo capirmi
Penso solo al tuo bene, non c'è bisogno di mentire
Quanto è facile tormentarsi dopo
Ma sopravviverò, so che potrò, sopravviverò

“Solo por hoy” lambisce sonorità gotiche, con la voce di Berlanga di nuovo protagonista: il ritornello, tuttavia, è solcato da figure ritmiche di sequencer e percussioni da cavalcata robotica, in linea con l’umore dance del disco.
“Falsas Costumbres” è un lento di atmosfera cantato a due voci da Alaska e Berlanga: tra le tante raffinatezze, si apprezza in particolare la varietà dell’arrangiamento. Nel corso del brano si possono ascoltare archi, chitarre elettriche sapientemente saturate, batteria con gate reverb da arena, organo psichedelico. Da brividi, in particolare, il crescendo che comincia dal minuto 0:43 con l’ingresso del coro a enfatizzare la melodia vocale e prosegue quindi con i ricami di fiati e chitarre elettriche del pre-chorus. La tensione emotiva raggiunge il suo climax nel passaggio per semitoni da Fa diesis minore a Fa maggiore e trova risoluzione tornando in Mi maggiore nell’elegiaco ritornello.
Torna il synth-funk in “Un hombre de verdad”, numero dance-pop tanto sofisticato quanto coinvolgente, un perfetto inno per una serata in discoteca a tema Lgbt. Qui ancora più che altrove si può apprezzare la vocalità di Alaska. Dotata di una voce profonda, da vero contralto, la cantante riesce infatti a infondere potenza di emissione alle note più basse, rivaleggiando con registri maschili, a tal punto da emulare persino il loro falsetto, servendosi di cambi di registro come quelli che si possono ascoltare nelle strofe.
Il testo tuttavia, più che essere una celebrazione della omosessualità, è piuttosto un’ode di autodeterminazione femminista, in contrasto con l'immagine stereotipata che vede la donna esclusivamente come passivo e possibilmente dolce oggetto del desiderio dell’uomo. La protagonista del testo si descrive infatti come una “sovrana severa”, colma di desiderio che nessun uomo riesce a soddisfare: come dice il titolo, lei cerca disperatamente un “uomo vero”, ma nessuno sembra rispondere alle sue aspettative.

 Senza esitazione, vado a cercare
Voglio trovare, sì
Un vero uomo
Striscerò, implorerò, sì
Un vero uomo

Non so cosa fare per trovarlo
Dove cercare, non so cosa chiedere
A volte penso che non esista
Dove sarà, non so se andare avanti

Qualcosa di veramente maschile
Voglio qualcosa di speciale e non c'è
Ho messo annunci sulla stampa
Non poteva essere, non ha funzionato, nessuno ha chiamato

Nonostante gli appena trentasei minuti di durata, la scaletta mostra un grande eclettismo e ogni canzone esplora sfumature sonore diverse: “La Decisión” è un veloce pezzo new romantic con chitarre e sintetizzatori bassi muscolari, la title track mescola elettronica, fagotti, tango e sapori mediterranei in un vortice che sembra quasi voler essere la risposta spagnola ai Matia Bazar di quel periodo, “Victíma de un error” è un sunshine pop trasportato all’epoca della disco music, con un basso elettrico dal groove elaborato. L’oscuro pop da camera “Carne, huesos y tú” conclude l’album con un umore più che mai decadente, terreno esaltante per la voce di Alaska, così profonda e naturale da risultare al tempo stesso spettrale e conturbante, capace di avvincere l'ascoltatore con il suo carisma androgino.

“Deseo carnal” è stato un successo assoluto in Spagna (sedici settimane al numero 1) e ha ottenuto un buon riscontro in America Latina, anche per via della copertina iconoclasta, raffigurazione fotografica dell'orgoglio Lgbt ad opera di Luis Gatti, celebre disegnatore e grafico argentino, collaboratore di Almodóvar (tra le sue opere legate al mondo del rock si ricorda la copertina di "El Jardín de los presentes" degli Invisible).
Grazie all'album, Alaska assurge a stella del firmamento nazionale, mentre Berlanga, spesso in tandem con Canut, continua una fitta attività di autore sia in proprio che per altri fino al 2002, anno in cui scompare prematuramente a soli 42 anni, per colpa dell’epatite.

26/01/2025

Tracklist

  1. Cómo pudiste hacerme esto a mí
  2. Isis
  3. Ni tú ni nadie
  4. Sólo por hoy
  5. Falsas costumbres
  6. Un hombre de verdad
  7. La decisión
  8. Deseo carnal
  9. Victima de un error
  10. Carne, huesos y tú