Dare ordine al caos. Che fosse o meno l’obiettivo di Amon Adonai Santos de Araujo Tobin, brasiliano residente a Brigthon, quando iniziò a districare cataste di sample per dar forma al suo terzo album per Ninja Tune, certamente fu il risultato che ottenne. Dopo i proteiformi taglia-e-cuci nu jazz di “Bricolage” (1997) e “Permutation” (1998), e dopo l’avventuroso hip-hop strumentale di “Adventures In Foam” (1996), realizzato sotto il precedente pseudonimo Cujo, il producer ormai già ventottenne condusse il suo percorso di alchimista sonoro attraverso stadio di opera al nero, giungendo infine alla sua personale pietra filosofale: una limpidezza compositiva che, senza rinunciare a sperimentazione e complessità, sapesse donare alla sua musica un inaspettato traino melodico – e perfino una qualche forma di riscontro commerciale.
Solve et coagula: scindi i componenti sonori in elementi tanto pulviscolari da divenire irriconoscibili, e poi ricondensali in qualcosa di completamente nuovo, che tuttavia ne preservi – e ne sommi – l’aura che aveva indotto a selezionarli come materia prima. Nei brani del disco Tobin amalgamò decine e decine di diversi campionamenti, sminuzzandoli e riequalizzandoli in maniera estrema e certosina, per esaltarne le frequenze depositarie della loro magia e far slittare in secondo piano tutto ciò che è, nel disegno del dj, accessorio. Dopo anni di aggiustamenti, il suo laboratorio aveva raggiunto una sua stabile articolazione funzionale: la console di mixaggio Mackie D8b e un campionatore Akai S6000 come alambicchi, il software Cubase come atanòr, e per fiale dei reagenti pile e pile di vecchi vinili all’epoca ancora piuttosto dimenticati: third-stream jazz, fusion, bossa nova, exotica, easy listening, chincaglierie dei tempi della Moog craze…
L’iniziale “Get Your Snack On” trasfigura un tema sassofonistico di Sam Taylor, una parte di batteria suonata da Buddy Rich in un brano composto da Joe Zawinul e un frammento vocale tratto da una registrazione dal vivo del bandleader Bob Crosby, ma nessuno – nonostante la perizia dei sound detective di Whosampled.com – sembra abbia ancora riconosciuto la fonte del capitombolo di flauto che, giunta la cesura del primo mezzo minuto, trasforma l’andazzo breakbeat delle prime battute nell’arcana evocazione di un drago acquatico, minaccioso e guizzante.
La successiva e memorabile “Four Ton Mantis”, immaginifica fin dal titolo, è al momento sparita da molte delle principali piattaforme di streaming, probabilmente per ragioni di royalties legate a un uso un po’ disinvolto dei campionamenti: la si può comunque trovare ancora su SoundCloud, e chi in Italia seguiva Mtv potrà avere forse una folgorazione, riconoscendola come sigla di "Loveline", dal 2001. Fra i sample identificati: polvere di synth sfavillante dalla Electric Moog Orchestra, uno stravolto svolazzo flautistico di Hermeto Pascoal, uno stacco del padre del bebop Kenny Clarke e, soprattutto, la micidiale falcata discendente di pianoforte estratta da un remake del 1972 di “Hall Of The Mountain King” di Grieg, a firma degli alfieri classical crossover Apollo 100 (chissà se il copyright strike è dovuto a questa specifica inclusione: sarebbe surreale, vista la provenienza ottocentesca del materiale di partenza!).
Jazz e rivisitazioni classiche, sintetizzatori d’epoca, continui voltafaccia fra molteplici atmosfere suggestive, incastri ritmici e impeccabile attenzione melodica, un’ossessione per il periodo fra anni Sessanta e primi anni Settanta: se a qualche hater (o qualche superfanatico) del progressive rock hanno iniziato a fischiare le orecchie, forse è il momento di saltare a “Marine Machines” e fugare ogni dubbio. Qui tra le sorgenti certe di campionamenti compaiono la soundtrack fantascientifica e stravinskianissima composta da Laurie Johnson per “First Men In The Moon” (1964) e il fantasioso space-age pop di Enoch Light, che in “Song Of India” (1959) rielabora Rimskij-Korsakov in chiave frizzante e percussiva (trasmutato ulteriormente in veste debussiana dalla sapiente distillazione di Amon Tobin). Con i suoi continui slittamenti dall’acquatico al marziale, i capovolgimenti ritmici, i toni enigmatici, futuribili, quando non fantastici, il brano è essenzialmente un aggiornamento agli strumenti della remix generation dell’estro progressivo che animò i Seventies che furono.
Chi ancora fosse poco convinto lasci scorrere la traccia in “Golfer Versus Boxer”, apice del disco sul piano della potenza evocativa e, con la successiva “Deo”, anche del contorsionismo ritmico. Armonie fluttuanti che ricordano l’”Aquarium” di Saint-Saëns precipitano attraverso beat frenetici a un passo dal drill’n’bass di Squarepusher, dando vita a un flusso che si snoda attraverso sensazioni chimeriche, magiche parvenze che vibrano nell’aria per pochi istanti e sono presto inghiottite dal magma sampledelico di furti morriconiani, conturbanti archi di Quincy Jones, gorgogliamenti astratti del Varèse di “Poème Electronique”, cori di "Tomb Raider" (!). Proprio come ai tempi dell’intervista di Lester Bangs agli Emerson Lake & Palmer, qualcuno online sbeffeggiò il producer per la sua onnivora e magniloquente cleptomania, ma quanta miopia mostra chi non riesce a vedere nelle incantagioni di Tobin altro che una pedissequa rimasticazione di opere altrui.
La seconda parte dell’album – fossimo davvero negli anni Settanta, si sarebbe detto la seconda facciata – è meno fulminante, ma non per questo più povera di idee. Ancor più della prima, gioca su crasi di opposti e atmosfere sospese, combinando una candida spensieratezza lounge con inquietudini striscianti, spesso venate di nervosismo o pronte a sfociare nell’oscurità. Superata “Precursor”, instabile e rimbalzante come solo Venetian Snares, il nuovo corso ha inizio con il passo caracollante di “Saboteur”, solcato da graffi elettronici e sempre più frequenti incursioni orchestrali – emersioni dal subconscio che via via prendono la forma dei taglienti ottoni arrangiati da Bernard Hermann per “Quarto potere”.
Il perno di questa seconda metà, nonché l’episodio più esteso, è però “Rhino Jockey”: sette minuti e mezzo costruiti su basso ronzante e un ossessivo loop ritmico batucada, che gradualmente si ingrossano e si arricchiscono di tessiture cinematiche e orientalismi contraffatti. Avrebbe svelato l’artista ai tempi del suo quarto album “Out From Out Where”: “Di recente mi sono imbattuto in molte colonne sonore di Bollywood, davvero fantastiche per via di una nozione tutta loro di come dovrebbe suonare la musica occidentale, distorta tanto quanto la nozione di Hollywood sulla musica orientale. Sono molto affascinato dal malinteso che crea qualcosa di nuovo. Se ascolti Martin Denny e tutta quella musica easy-listening degli anni 50 e 60, trovi un’idea di musica hawaiana o orientale del tutto lontana dalla realtà, ma proprio per questo capace di creare un nuovo suono. Lo stesso accade con Bollywood, dove hanno questa idea di cosa sia la disco, il funk o il soul: è semplicemente folle!”.
Claudicante anche il passo di “Keepin’ It Steel”, un 3+3+2 quasi folktronico che non avrebbe sfigurato in uno dei primi album di Four Tet, e che guadagna tuttavia colori inattesi da sbalzi cha-cha e ombrose fioriture orchestrali. Decisamente pacata, invece, la chiusura affidata a “Natureland”, che rispolvera ancora Quincy Jones e lo combina a un ghirigoro clarinettistico di Benny Goodman e a un frammento rallentato della colonna sonora di “Il ragazzo sul delfino”, secondo film statunitense di Sofia Loren: ne esce la traccia più classicamente easy-listening del disco, senza trucchi e senza inganni eppure assai apprezzata dagli utenti delle piattaforme online, per i quali è fra i pezzi più ascoltati del disco.
Per il lancio dell’album, il sito di Ninja Tune presentò un ambiente interattivo Flash in cui il visitatore poteva smanettare con il “Supermodifier”, immaginaria macchina che consentiva di mixare sedici sample, dovendosi occupare sia della loro selezione che della loro sincronizzazione, sperimentando così l’esperienza che una nuova generazione di producer, figlia del taglia-e-cuci drum’n’bass, stava mettendo al centro della propria creatività. In un’intervista realizzata a ridosso della pubblicazione del disco, l’artista illustrò: “La musica, quando viene creata, prende sempre a prestito aspetti del passato. […] Il sampling però non fa riferimento alle cose: le prende – e poi le devi alterare fisicamente per poter procedere da esse. È un approccio completamente nuovo alla costruzione del suono”. Nella stessa conversazione, fu esplicito riguardo ai musicisti che avevano ispirato il suo approccio, tutti legati alla fiorente scena jazzstep/nu jazz/downtempo britannica degli anni precedenti: T Power, Photek, Funki Porcini… A questi, accostava il cinema di David Lynch, Alfred Hitchcock, Dario Argento, Sergio Leone, le cui atmosfere e colonne sonore gli avrebbero fatto scoprire il potere dei cambiamenti d’umore e della grandeur orchestrale. Confidava anche il sogno di potersi dedicare, prima o poi, alla realizzazione in proprio di colonne sonore: un’occasione che sarebbe arrivata nel 2004 con la registrazione delle musiche originali per “Tom Clancy’s Splinter Cell”. Un lavoro che avrebbe segnato l’inizio di una nuova fase per l’artista, meno legata al cratedigging e orientata invece alla costruzione da zero di nuovi sample sonori. Un taglio da sound designer che avrebbe avuto modo di risplendere a patire da “Foley Room”, uscito nel 2007 e capace di raggiungere il tredicesimo posto nella classifica “Electronic Albums” della statunitense Billboard, oltre che il nono nella britannica “Dance Album Charts”.
Già il precedente “Out From Out Where” era riuscito a piazzarsi al trentaduesimo posto della “Independent Albums Chart” del Regno Unito (nonché, sorprendentemente, all’analoga posizione dell’analoga Billboard!), ma il primo disco del dj a intrufolarsi nelle chart fu proprio “Supermodified”, che a giugno 2000 conquistò fugacemente la trentanovesima posizione della “Independent Albums Chart”. Segno che, frutto di un’uguale commistione di metodo ed entropia, la brillante confusione raffinata dall’alchimista Amon Tobin era in grado, all'occorrenza, di luccicare come oro.
07/07/2024