Anathema

A Natural Disaster

2003 (Music For Nations)
post-progressive rock, atmospheric rock, post-metal

Gli Anathema hanno sempre avuto il coraggio di evolversi. Senza strappi o colpi di scena, ma mutando gradualmente, come le proprie canzoni. Partiti dai meandri del death-doom metal britannico nei primi anni Novanta, hanno gradualmente abbandonato le radici metalliche per esplorare territori sonori più atmosferici e riflessivi, trasformandosi con "Alternative 4" e "A Fine Day To Exit" in una delle voci più singolari del rock alternativo europeo. Con "A Natural Disaster", pubblicato nel 2003, la band di Liverpool si spinge ancora oltre, costruendo un album che fonde echi metal, alt-rock, trip-hop, post-rock in una nuova forma di progressive rock, un flusso narrativo di emozioni cangianti e stratificate.

Definire l'approdo stilistico degli Anathema come semplicemente “prog” sarebbe dopotutto fuorviante. Il loro approccio non si rifà ai grandi nomi degli anni Settanta, ma cerca una strada moderna e personale: uno sguardo che punta non su tempi dispari e svolte improvvise, ma sull'immersione in atmosfere ricche e in continua trasformazione. In "A Natural Disaster", ogni brano rappresenta una progressione emotiva che attraversa diverse sfumature, con la tensione fra opposti - ombra e luce, intensità e diradazione - a far da guida nell'esplorazione del paesaggio sonoro.
Brani come "Harmonium" e "Violence", inizio e conclusione del disco rispettivamente, esemplificano in modo chiaro questa attitudine. Il primo si apre in modo spoglio, quasi ipnotico, costruendo un crescendo che culmina in un finale dal passo pesante e monolitico, richiamo delle loro radici metal. Il secondo è il pezzo più esteso del disco: undici minuti che scorrono dal minimalismo pianistico a passaggi metallici in doppio pedale, per poi dissolversi in un lungo epilogo atmosferico.
Un orizzonte simile è condiviso, grosso modo negli stessi anni, anche da altre band per le quali, da qualche tempo, è impiegata l'efficace espressione "post-progressive". Formazioni europee come Gathering e Katatonia, anch'esse partite dal death/doom e spostatesi nel tempo su un alt-rock dilatato ed evocativo (nel caso dei Gathering anche venato di trip-hop). Oppure gli statunitensi Dredg, autori con "El Cielo" (2002) di una sintesi splendidamente melodica e immaginifica di spunti post-hardcore, alternative rock, post-rock. Ma anche da artisti dal percorso decisamente diverso, come i veterani new prog Marillion dopo l'ingresso di Steve Hogarth, o gli Archive - che avevano preso le mosse dal trip-hop, o gli Elbow provenienti dalla galassia post-britpop.

Con "A Natural Disaster", questo approccio giunge a una delle sue espressioni più limpide e riuscite. Il fulcro sta nella costruzione di climax e stratificazioni sonore sovrapponendo chitarre, pianoforte, synth, voci filtrate, e "Balance" fa da paradigma a questo schema: sul suono malinconico del piano elettrico poggia un crescendo di stampo quiet/loud, dove le chitarre salgono gradualmente di altezza e intensità fino a un impatto emotivo travolgente. La traccia fluisce nella successiva "Closer", riprende tema e struttura con l'aggiunta di un vocoder cibernetico che conferisce al brano un'aura spirituale e quasi eterea (un'intuizione già sviluppata in campo prog/death metal dai Cynic).
Se nell'attenzione alle dinamiche in crescendo avvicina naturalmente la formula ad artisti come Mogwai ed Explosions In The Sky, in altri brani emerge un’apertura verso sonorità elettroniche che richiama piuttosto i Radiohead di "Kid A" e "Amnesiac", album di pochi anni prima che mostrano un chiaro riferimento per la band. La title track "A Natural Disaster" è un esempio dell'originalità dello sposalizio: ritmica quasi trip-hop, arpeggi limpidi e la voce evocativa della cantante ospite Lee Douglas creano un mix che rimanda ai Portishead (altra fissa degli Anathema), ma il ritornello rompe l'atmosfera stagnante tentando di trovare luce nell’immutabilità del tempo trascorso: “Cause no matter what I say/ No matter what I do/ I can’t change what happened”.

I testi svolgono in effetti un ruolo cruciale nel definire l'umore del disco. "A Natural Disaster" esplora temi esistenziali, riflessioni sulla memoria, il dolore e la ricerca della libertà interiore. "Pulled Under At 2000 Meters A Second" è forse il brano più rappresentativo di questa dimensione filosofica. Con un avvio terzinato che si trasforma rapidamente in scream catartico, il pezzo sfodera tessiture post-metal a un passo da Isis e Pelican per dipingere la libertà come un miraggio - uno dei
messaggi più intensi del disco: “Freedom is only a hallucination/ That waits at the edge of the distant horizon”.
In "Flying", la metafora del volo diventa una riflessione sulla ricerca della verità interiore e sull’alternanza tra momenti di elevazione e cadute. La progressione armonica è radioheadiana il giusto, una riduzione all'osso di "Exit Music (For A Film)" che passando dall'accordo minore sulla fondamentale alla quinta maggiore - non diatonica e in spasmodica ricerca di risoluzione - crea un senso di sollevamento e richiamo verso terra, perfettamente riflesso nel testo: “It feels like I’m flying above you/ Dream that I’m dying to find the truth/ Seems like you’re trying to bring me down/ Back down to earth”.

Non ci sono parole, invece, ad accompagnare "Childhood Dream", un interludio delicato per chitarra acustica, arricchito da voci infantili lontane e suoni riprodotti al contrario. Il clima sospeso, giocoso ma intriso di una nostalgia quasi tardo-floydiana, è uno dei prodigi che sembrano scaturire direttamente dall'intimità fra i membri della band. Gli Anathema sono un progetto "a conduzione familiare": il nucleo di "A Natural Disaster" sono i tre fratelli Cavanagh, Vincent (voce e chitarra), Danny (chitarra e tastiere) e Jamie (basso). A completare la formazione ci sono
Les Smith (tastiere e programmazione) e John Douglas (batteria), più sua sorella Lee Douglas (voce, in quest'album ospite, dal 2005 in poi componente della band). In un’intervista a OndaRock, Vincent Cavanagh ha sottolineato quanto il legame familiare sia essenziale per il gruppo: “Siamo una grande famiglia, nel senso che anche John è mio fratello e anche Lee è mia sorella! Siamo sempre insieme, anche quando non facciamo musica, è la nostra caratteristica più importante come band. Soprattutto per quel che riguarda me, Danny e John: prova a prenderci e tenerci lontano l'uno dall'altro, o farci suonare separatamente, e vedrai che non ne siamo in grado. Sarebbe come se ciascuno perdesse una parte di sé.” Anche "Electricity" risplende di una familiarità quasi domestica, un tepore languido che da un pedale pianistico e parole poco più che sussurrate trae un esito ancora una volta assai più malinconico che radioso.

"A Natural Disaster" non segna una svolta nella carriera degli Anathema, ma un traguardo particolarmente compiuto in un percorso che ha il continuo movimento come stella polare. "Are You There?" incarna questa natura forse più di ogni altro pezzo: batteria soffice e brillanti note di chitarra disegnano un incedere leggero e aperto, mentre i synth pad e la voce tenue e pensosa aggiungono un velo di inquietudine. Il brano sembra cercare un equilibrio senza fissarlo mai, in una tensione dinamica che trascende l’esperienza musicale, coinvolgendo l'ascoltatore in una ricerca non più soltanto artistica, ma essenziale:

And its wearing me down
And its turning me round
And I can't find a way now to find it out
Where are you when I need you?
Are you there?

12/01/2025

Tracklist

  1. Harmonium
  2. Balance
  3. Closer
  4. Are You There?
  5. Childhood Dream
  6. Pulled Under at 2000 Metres a Second
  7. A Natural Disaster
  8. Flying
  9. Electricity
  10. Violence

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