È difficile spiegare l'impatto di Cui Jian sulla cultura cinese, essendo in qualche modo il risultato di due forze opposte: da un lato la musica rock è entrata nel paese tramite le sue cassette e per anni è stato amatissimo nelle università di tutta la Cina, dall'altro il governo di Pechino ha fatto di tutto per ostacolarne l'ascesa, generando una situazione in cui le sue canzoni si infiltravano in maniera capillare all'ombra del sistema ufficiale, ma il suo nome nei media non compariva quasi mai.
Ancora oggi è difficile stabilire se Cui Jian sia un nome con cui il pubblico cinese ha familiarità: in molti conoscono almeno una manciata di sue canzoni, in molti conoscono il suo personaggio iconico con il berretto da baseball e la stella rossa, ma non è detto che tutti sappiano che quelle canzoni così famose sono le sue o per contro che tutti sappiano cosa ha cantato quel volto così noto. Lo stesso artista ha ironizzato più volte su questa sua condizione di personaggio al contempo popolare e relegato nell'ombra, capace di riempire gli stadi e di essere sconosciuto fra i ceti sociali meno istruiti. Quel che è certo è che la cultura cinese prima e dopo Cui Jian rappresenta due cose diverse, e per una volta la spiegazione è quanto di più semplice: prima di lui la musica rock non esisteva, dopo sì.
Ovviamente, le cose cambiano se si allarga lo sguardo al resto della scena sinofona: la scena campus folk di Taiwan negli anni Settanta era legata alla musica rock e all'ingresso degli anni Ottanta, con artisti come Lo Ta-yu e Hou Dejian, lo sarebbe diventata ulteriormente. A Hong Kong sin da metà anni Settanta imperversava l'attore e cantautore Samuel Hui, seguito una decina d'anni più tardi da una vera e propria new wave locale, con band storiche come Tat Ming Pair, Beyond, Raidas e via dicendo. La Cina continentale, però, era un'altra cosa: prima della storica riforma economica risalente al dicembre del 1978, la musica esterna al paese era quasi inesistente. La conoscevano solo quei pochi che andavano in viaggio all'estero o che riuscivano a far entrare i dischi occidentali di nascosto: circoli benestanti ristretti a numeri insignificanti.
Una volta aperti i cancelli, peraltro, il cambiamento fu tutt'altro che immediato: i dischi occidentali cominciarono a circolare lentamente, quasi sempre in edizioni pirata, e il loro contenuto veniva comunque ritenuto incompatibile con la produzione artistica locale. Bisognerà attendere il 1986, quando si terrà un concerto allo stadio di Pechino, in celebrazione dell'Anno Internazionale della Pace voluto dalle Nazioni Unite: fra i tantissimi invitati c'è un giovane Cui Jian che presenta una sua canzone, la oggi celebre "一无所有" ("Yi wu suo you"/ "Nothing to My Name"). Da un momento all'altro, il rock cinese diventa possibile.
Ci sono voluti quindi otto anni prima che l'apertura delle frontiere portasse alle orecchie del pubblico locale un brano rock nella propria lingua. Perlomeno per quanto riguarda l'industria musicale, lo sviluppo fu insomma lentissimo. Una demo di quella canzone di Cui Jian, dopo il concerto, inizia a circolare fra gli studenti, che se la passano sottobanco tramite nastri pirata, ma non trova sbocco commerciale.
Il problema non è Cui Jian, anzi il Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, loda il brano per il suo sguardo impetuoso verso il futuro, che sembra in qualche modo allinearsi all'apertura del 1978. Il problema è che nel 1986 la Cina non ha ancora un'industria musicale propria. Quasi tutti i dischi vengono importati da Hong Kong e Taiwan. Cui Jian non ha quindi modo di registrare il suo disco con un equipaggiamento professionale e ancor meno la possibilità di pubblicarlo. La canzone uscirà solo nel febbraio 1989, come parte del suo album di debutto, "新长征路上的摇滚" ("Xin chang zheng lu shang de yao gun"/"Rock 'n' Roll on the New Long March"): a undici anni e tre mesi dalla riforma.
Se si dovesse valutare esclusivamente il clamore suscitato, non c'è dubbio che quel debutto rimanga a oggi l'opera centrale della produzione di Cui Jian: i suoi tre brani più noti sono contenuti lì. Il disco oggetto dell'articolo è però "Balls Under The Red Flag" (1994), in quanto opera fondamentale per la vita dell'autore. Bisogna però tornare un attimo al 1989 per capire il motivo.
Durante i moti di protesta che portarono al massacro di piazza Tienanmen, la colonna sonora fissa degli studenti era proprio "Nothing To My Name" di Cui Jian: a causa dei suoi versi densi di simboli, ciò che solo tre anni prima era stato percepito dal Partito come un testo favorevole, diventava ora simbolo di coloro che contestavano il regime. Da quel momento, il brano entrò nella lista delle opere sgradite al governo di Pechino (ancora oggi non è disponibile nei servizi di streaming cinesi: un'assenza invero controproducente, perché molti la notano e commentano al riguardo). Il cambio di percezione riguardante il brano più noto di Cui Jian è esemplificativo di quanto il contesto, nell'arte, conti più di qualsiasi altra cosa.
Purtroppo per l'artista, non si tratta solo di un cambio di atteggiamento delle autorità verso quella specifica canzone, ma verso tutta la sua produzione artistica: Cui Jian verrà ostracizzato per tutti gli anni Novanta, le vendite dei suoi dischi andranno in continuo calo a causa del boicottaggio trasversale e i suoi concerti costretti in piccoli club di città (avrebbe potuto richiedere luoghi ben più importanti, visto che a partire dagli anni Duemila, una volta riuscito a far cadere i divieti più duri, diventerà una delle principali attrazioni dei festival musicali cinesi).
"Balls Under The Red Flag" esce al centro di questo decennio in cui le autorità, pur senza mai impedirgli ufficialmente di portare avanti la sua carriera, hanno provato a trasformarlo in una sorta di paria della scena locale. Forse proprio per reazione, o perché consapevole che non avrebbe comunque ottenuto particolare riscontro, esattamente nel momento in cui viene messo all'angolo, Cui Jian sembra meno interessato che mai a compiacere i propri castigatori e registra il disco più incompromissorio della sua carriera. È il suo primo album in cui nessuna canzone riesce a far breccia presso il grande pubblico cinese.
Il titolo cinese del disco è "红旗下的蛋" ("Hong qi xia de dan"), che può intendersi sia come "palle sotto la bandiera rossa", sia come "uova deposte dalla bandiera rossa": Cui Jian non specifica quale sia l'interpretazione giusta, fornisce anzi indizi contrastanti al riguardo. Il titolo inglese del disco sembra infatti indicare la prima opzione, mentre il testo della title track sembra suggerire la seconda.
Delle otto canzoni che compongono il disco, tre descrivono relazioni interpersonali e sentimentali, mentre le restanti - eccetto uno strumentale - hanno una forte connotazione sociopolitica.
Esemplificativa del primo gruppo è "宽容" ("Kuan rong"/"Tolerance"), i cui versi semplici e scarni si prestano bene alla struttura reiterativa del brano, che va in crescendo accumulando sovraincisioni e intensità.
Il mio corpo è appoggiato a te, con gli occhi chiusiLe sonorità del brano si muovono fra rock alternativo e jazz-rock, con un retrogusto noise pop che potrebbe rimandare ai Sonic Youth più melodici. I due elementi che risaltano maggiormente sono l'incessante vagabondaggio del sassofono e la voce ruvida di Cui Jian. L'arrangiamento è messo in piedi sostanzialmente da quattro musicisti, che reggono da soli l'impalcatura dell'intero album: lo stesso Cui Jian, che suona la chitarra, il malgascio Eddie Randriamampionona, figura fondamentale dell'underground cinese anni Ottanta (lavorava presso l'ambasciata locale del suo paese), che suona basso e chitarre (incluse tutte le parti acustiche), il rinomato jazzista Liu Yuan (sassofono e flauto, ma anche strumenti cinesi come suona e dizi) e Quan You alla batteria (su di lui le informazioni sono più scarse, è noto sostanzialmente come batterista di Cui Jian).
Le mie mani mi toccano ripetutamente
Voglio darmi piacere e darti uno stimolo
Voglio dirti tutto, ma non farti arrabbiare
Non ti amo più, non ti odio nemmeno
Anche se sei ancora tu
Non ho la forza né il bisogno
Di oppormi a te
Me ne andrò, diamine me ne andrò
Ti maledirò alle spalle
Vedremo chi fra noi potrà
Persistere fino alla fine
I miei occhi sono spalancati, ma pieni di lamenti
Osservando la tua espressione, mi sento anche più depresso
Voglio cantare una canzone sulla tolleranza
Ma dalla mia gola esce un suono strano
L'apertura improvvisa[* si intende la madre delle uova, quindi la bandiera cinese]
Non è stata così improvvisa
L'occasione è adesso
Ma nessuno sa cosa fare
La bandiera rossa sventola ancora
Senza una direzione fissa
La rivoluzione continua
I vecchi rivoluzionari sono ancora più forti
Il denaro fluttua nell'aria
Non abbiamo alcun ideale
Benché l'aria sia fresca
Non riusciamo a vedere lontano
Anche se l'occasione è adesso
Non abbiamo il coraggio
Le nostre personalità sono smussate
Come uova deposte dalla bandiera rossa
Spuntano fuori le teste
Abbiamo aspettato questi anni
Alzando lo sguardo e urlando
È nella nostra natura
Ovviamente comprendiamo
Di chi siamo i discendenti
Non importa che le nostre azioni siano buone o cattive
Il nostro cuore è ancora puro
Il potere [politico] fluttua nell'aria
Colpendoci spesso alle spalle
All'improvviso abbiamo l'idea
Di andare per la nostra strada e non seguire nessun altro
Anche se il nostro corpo è ancora morbido
Anche se sappiamo solo urlare
Guardiamo al sole del mattino
Come uova deposte dalla bandiera rossa
Non siamo più affamati
Ci abbiamo riflettuto
Non chiamiamola gentilezza
Perché non la ripagheremo mai
Non siamo più pezzi degli scacchi
Che seguono piani decisi da altri
Vogliamo provare ad alzarci
Camminare e guardarci intorno
La realtà è una roccia
Lo spirito è un uovo
Anche se la roccia è più dura
Solo l'uovo è vivo
La madre è ancora viva [*]
Il padre è l'asta
Ma se ci chiedi siamo
Siamo uova deposte dalla bandiera rossa
I miei ideali sono quella scatola avvolta da una bandiera[Nota - nella traduzione in italiano, il ricorrere dell'espressione "all'improvviso" genera un'efficace anafora]
Cosa c'è nella scatola, nessuno lo ha mai visto
La bandiera è rosso sangue, il rosso è il colore preferito dei vincitori
Alla fine cosa contenga la scatola non è così importante, l'importante è l'orgoglio dei vincitori
I vincitori fieri sono i più forti, siedono sulla scatola
Il sangue della bandiera si sta bagnando, il sangue macchia i pantaloni dei rossi vincitori
I miei ideali sono quella scatola avvolta in una bandiera
Ma dov'è il mio corpo? È stato oscurato dalla bandiera e dalle gambe insanguinate
I miei ideali sono lì, il mio corpo è qui
Il mio corpo senza ideali si restringe, diventa più piccolo di un dannato topo
Ho rosicato la bandiera di nascosto, voglio che i miei ideali vedano che sono ancora vivo
Ma i miei ideali sono troppo grandi, come possono vedere attraverso quel piccolo buco?
Ci ho messo tutte le forze e sono passato attraverso il buco, solo per realizzare che la scatola contiene altre scatole
Come potrebbero gli idioti là fuori sapere che ci sono così tante scatole nella scatola
Dove diamine sono i miei ideali, controllo una scatola dopo l'altra
Guardo nell'ultima, ma ancora non li ho trovati
All'improvviso realizzo di essere stato ingannato, vado in panico e batto i piedi
I miei ideali sono lì, il mio corpo è qui
All'improvviso il mio piede rompe il fondo della scatola, creando un buco profondo
Attraverso il tunnel, [che] diventa più largo mentre scendo
Non capisco da quanto tempo sto camminando, ho dimenticato cosa sto facendo
All'improvviso un raggio di luce mi acceca, vado avanti con gli occhi chiusi
[Poi] A causa della luce riesco solo a stare in piedi e mi accorgo di quanto è debole il mio corpo
All'improvviso i miei ideali mi chiamano, non so se sono avanti o dietro di me
Torno indietro e rompo quelle scatole, torno indietro per strappare quella bandiera marcia
Per dire ai vincitori che si sono sbagliati, che il mondo è cambiato tanto tempo fa
I miei ideali sono lì, il mio corpo è qui.
28/05/2023