Leave me paralyzed, love
Leave me hypnotized, love
Ci sono dischi impossibili da definire. Non tanto per la complessità degli arrangiamenti o delle soluzioni adottate, quanto per il loro essere sostanzialmente unici, singolari in tutto.
La cometa in questione emerge a sorpresa dal cilindro dei fratelli Acher nel 2002. Entrambi polistrumentisti, i due guidano i
Notwist già da dodici anni. Riflessi hardcore,
punk, metal e addirittura jazz, uniti a una mai celata smania pop, sono alla base delle loro produzioni. Quindi, in quel momento, nulla, o quasi, lascia presagire l'arrivo di un astro che segnerà per sempre non solo la loro carriera ma le fondamenta del calderone indie(tronico) europeo almeno per i tre lustri successivi, esponendo a chiare lettere le possibili vie di fuga da uno scimmiottamento più o meno plateale delle idee che fino ad allora provenivano per buona parte dagli States, talvolta con band come
Dinosaur Jr a fungere da contenitore ideale da cui pescare qui e là. Nel 2002, Markus Acher, suo fratello Micha, Martin Messerschmid e Martib Gretschmann decidono così di intraprendere un sentiero che li renderà di fatto un caso irripetibile nella storia dell'indie-rock, così come in generale in quella dell'art-pop.
Prima che l'amatissimo neon dorato cominciasse a brillare con la sua luce apparentemente fioca ma pregna di sfumature inedite, a fornire scappatoie brillanti ci avevano pensato per primi i
Radiohead, con gli ultimi capolavori indiscutibili della loro carriera, ossia "
Kid A" e "
Amnesiac", rilasciati rispettivamente un anno e due anni prima di "Neon Golden".
Dunque, elettronica da porre finalmente al servizio di progressioni indie-rock stralunate, evocative di una fragilità che diventa liberatoria a seconda delle partiture. È questa più o meno la ricetta ideata dai tedeschi di Weilheim, in alta Baviera. Un melting pot stravagante eppure totale fin dagli archi di "One Step Inside Doesn't Mean You Understand" che introducono le dieci canzoni di un disco che inaugurerà quella che ancora oggi è comunemente intesa come
indietronica, o folktronica per i più nostalgici.
Già, perché il folk statunitense, così come quello inglese, per gli Acher è il riferimento in lontananza da scorgere con una programmazione
electro tutta nuova, a cui si aggiungono il clarinetto e il sassofono di Ullrich Wangenheim, il violoncello di Sebastian Hess, le congas di Bibul F. Darouiche e il contrabbasso di Robert Klinger. E ancora
cajón,
canjira e
darabouka portati in studio da Saam Schlamminger, le tastiere di Roberto Di Giola e il secondo sassofono di Johannes Enders. Con questo ricco ventaglio, la band bavarese dà vita a canzoni che in linea teorica rilanciano le alchimie del
kraut-rock infarcendolo di suggestioni insolite.
La prima gemma di "Neon Golden" è "Pilot". La progressione in chiave appunto
kraut si mescola benissimo con il tappeto elettronico e il canto dimesso di Marcus Acher. Come se gli
Eels suonassero con i
Neu! mentre gli
Stereolab fanno da arrangiatori. È il primo di una serie di momenti in cui la melanconia del gruppo è volano emotivo per una ricerca sonora che non ha eguali. A tal proposito, lo stesso Marcus, in un'intervista per KindaMuzik, dichiarerà quali fossero le intenzioni per "Pilot": "Abbiamo provato a dare un feeling dub a questa canzone, anche se non è una parte dub vera e propria, ma solo uno stato d'animo. Cerchiamo sempre di creare certi stati d'animo che evolvono da certi stili musicali. Non cerchiamo di imitare quegli stili. Non suoneremo reggae-rock". Parole che tentano di spiegare la formula mentre il testo dice molto di più sul conto dei Notwist, restituendo nei versi che seguono una cifra interiore che si ripeterà a più riprese nell'album.
Not a word to compensate
Not a sentence to describe this desperate state
Not a picture to compare
We step into a room of opaque air
Could be enough
If only we are pilots
Once a day
Could be enough
If only we are pilots
Once a day
Evadere con melanconia da tutto e tutti. Fuggire via, tra le rotaie di un treno che è già partito mentre un altro sta per arrivare. In "Neon Golden", i
Notwist abbracciano il futuro inseguendo il passato. Il primo dei due momenti più famosi del disco spunta alla terza ripresa, con l'indimenticabile melodia di "Pick Up The Phone", che anticipa il battito glitch altrettanto memorabile, da cornice a una ballata d'amore tra le più belle dei primi anni Duemila. Il videoclip animato diventerà di lì a poco un
cult assoluto, così come il banjo che apre le danze in "Trashing Day", a cui si unisce una partitura vagamente
trip-hop, alla
Tricky per intendersi, restituendo un'altra mesta ballatona. Più nervosa e meno afferrabile è di certo "This Room", con Acher che sembra
Stephen Malkmus mentre canta su una base sperimentale e ad alto voltaggio dei
Red Snapper.
Il passo quasi funereo di "Solitaire", con la base elettronica che pare ottenuta immaginando frattaglie sparse e da sistemare dentro un deposito metalmeccanico, è in piena antitesi con la melodia, al solito pregna di malinconia, coadiuvata dagli immancabili archi sullo sfondo.
We never ever lie
From ten in the morning we are honest till nine
We are overcute
We never will manage to be rude only twice
"Neon Golden" è a suo modo anche un album maledettamente cinematografico. In un'intervista per il Corriere, rilasciata al sottoscritto prima di un concerto tenuto dai Notwist a Napoli il 21 novembre 2019, Marcus Acher, riferendosi alla scelta di Paolo Sorrentino di inserire "One With The Freaks" nella scena finale del film "L'amico di famiglia", afferma: "È un film straordinario come il suo regista, che a quanto pare è anche un conoscitore di buona musica, come evidenzia anche la colonna sonora di '
The Young Pope'. 'One With The Freaks' ha un sound energico e un mood allegro. E il suo testo interroga la coscienza e può avere anche un'accezione profondamente liberatoria, proprio come la trama del film. Amiamo il cinema. E i suoi compositori. Siamo fan di
Ennio Morricone: la sua musica sarà sempre attuale". Considerazioni che attestano lo spirito cinematografico della musica dei Notwist. A partire dalla stessa
title-track, l'episodio più polveroso del lotto, con il banjo e le percussioni a evocare un "sentimento westernato", per dirla con
Bugo.
E’ il preludio all'ultima canzone di "Neon Golden", o meglio alla sua perla. "Consequence" non ha dicerto bisogno di parole. È luce e pianto. È la canzone d'amore perfetta. Tutto ruota a meraviglia sul carillon incantato dei Notwist. Sembra quasi che i brani precedenti abbiano accumulato l'energia per far vibrare il cuore su uno dei finali più emozionanti della musica
popular del nuovo millennio. L'ipnosi bramata da Acher è l'ultimo incanto di un capolavoro che peserà talmente tanto nella carriera del gruppo da indurre a un lungo silenzio durato quasi per tutto il decennio successivo, intervallato da progetti paralleli anche importanti, come
Lali Puna, prima dell'uscita dell'attesissimo "
The Devil You + Me", opera con cui i bavaresi tenteranno di ripetersi sugli stessi sorprendenti livelli, restando però incastrati in un auto-citazionismo poco brioso.
Seguiranno altri tentativi più o meno apprezzabili. Ma nulla potrà mai eguagliare il bagliore inconfondibile del neon dorato, faro indiscusso per una marea pressoché incalcolabile di produzioni indie dai
primi anni Duemila a oggi.
23/06/2024