Rammstein

Mutter

2001 (Motor, universal)
tanz-metal, industrial metal

Quando “Mutter vide la luce nel 2001, i Rammstein erano già un fenomeno globale. Avevano già incendiato palchi con i loro show pirotecnici, lasciato il loro marchio nel cinema, dalle strade perdute di David Lynch all’immaginario cyberpunk di "Matrix", e il loro pubblico si estendeva ormai ben oltre i confini tedeschi. Eppure, la loro estetica monolitica, fatta di riff granitici e ritmi marziali,  etichettata come “tanz metal, anche se da un lato ne esaltava la potenza scenica, dall’altro sembrava ridurne la portata, quasi a relegarli a un fenomeno più spettacolare che musicale. Il terzo album, tuttavia, dilata gli orizzonti del sestetto teutonico, ridefinendo e valorizzando il genere, intrecciando potenza industriale e orchestrazioni solenni, incedere meccanico ed epica melodica, fino a renderlo indissolubilmente legato a questa sua incarnazione.

Ritroviamo le atmosfere familiari dei loro primi album soltanto nella brutalità erotica industriale di “Rein Raus”, nella frenetica potenza di “Feuer Frei!” e nella meno significativa, ma comunque interessante, “Zwitter”. Tuttavia, pur non tradendo questo stile, le altre tracce di “Mutter” definiscono una nuova estetica nel sound della band, segnando un'evoluzione chiara già nel meraviglioso incipit dell'album: la celeberrima “Mein Herz Brennt, una delle canzoni più famose della loro discografia. Il brano, inizialmente intitolato “Sandmann, prende spunto da una figura folkloristica tedesca che fa addormentare i bambini, trasformata nella reinterpretazione inquietante di E. T. A. Hoffmann in un mostro che strappa loro gli occhi per nutrire i suoi piccoli. Questa dualità tra dolcezza e terrore si esprime pienamente nella versione acustica, pubblicata anni dopo, che la fa apparire come una ninna nanna mostruosa. Nella versione originale, l’apertura orchestrale sospesa e carica di tensione esplode in un attacco sonoro di chitarre imponenti e batteria martellante, ma non cede mai, sorretta da un violino dolce che crea una dissonanza stridente con la voce di Lindemann, oscillante tra sussurri minacciosi e solenni declamazioni.

A seguire troviamo “Links 2-3-4”, il brano che più di ogni altro simboleggia la componente militante e granitica del sound dei Rammstein. Concepita come risposta alle accuse di simpatie politiche di estrema destra, la canzone sembra ribadire la posizione della band con il verso “Mein Herz schlägt links” (“Il mio cuore batte a sinistra”), ma giocando sulla metrica rigida del titolo, che richiama il ritmo della marcia militare lascia comunque spazio a un’interpretazione ambigua. Sul piano musicale, la canzone si presenta come una macchina perfetta, costruita su riff devastanti che si intrecciano con il ritmo pesante di Christoph Schneider, la cui batteria martellante infonde al brano una potenza meccanica, simile a quella delle sonorità industriali di band come i Ministry (“Just One Fix”).
Il terzo brano “Sonne” rappresenta una sintesi perfetta delle idee introdotte nelle due tracce precedenti, fondendo l'intensità gotica e orchestrale della prima e i ritmi più cadenzati e marziali della seconda. Da molti considerato l’apoteosi della loro carriera, era stato inizialmente concepito come colonna sonora per introdurre l’entrata sul ring di Vitaly Klistcko. Per questo incorpora riferimenti alla boxe, come il conteggio dell'arbitro e l'attesa del sole come metafora della forza del combattente. Il fortunato video musicale, diretto da Joern Heitmann, presenta una reinterpretazione dark della fiaba di Biancaneve, con la band nei panni dei "sei" nani che estraggono oro per lei che assume connotazioni dominanti verso di loro, subalterni e devoti alla loro padrona.

Conclude, infine, il quartetto iniziale di brani straordinari, l'incalzante e ultra-energetica "Ich Will". Nel testo si parla della volontà di affermazione ad ogni costo, ma anche qui il gruppo tedesco pare non prendersi troppo sul serio, contrapponendo le strofe dal tono imperioso a cori maestosi e solenni. E d'altra parte nel video musicale i membri della band si presentano come rapinatori di banca trasformati in celebrità. 
Segue la già citata “Feuer Frei!”, che affronta il tema della guerra con un ritornello onomatopeico, scandito dal grido “Bang Bang!” e con il suo ritmo incessante prepara il terreno per la prima grande ballata dell’album: la title track. Quest’ultima racconta la storia di un uomo nato in provetta, che non ha mai conosciuto sua madre e si sente condannato all’alienazione, tema che risuona profondamente nella musica e nel testo.

Anche la copertina dell'album, con la raffigurazione di uno dei feti più iconici della storia della musica (insieme a quello di “Teardrop” dei Massive Attack), si fa portavoce di questa narrazione. Il testo esplora la solitudine e la disconnessione del protagonista, e la strumentazione segue questa progressione emotiva, con gli archi che accompagnano il canto grave e struggente di Lindemann che culmina in un climax sinfonico e cinematografico.
Una menzione speciale merita “Adios”, brano che si distingue per l'intensità e la velocità delle chitarre, che esplodono in un assolo furioso quasi punk. La sua energia grezza e immediata contrasta notevolmente con le melodie fiabesche e inquietanti di “Spielhur” che, invece, riprende la propensione della outro a contrapporre all’innocenza dell’infanzia presagi funerei.
Tocca infine a “Nebel” chiudere l’album, una ballata decisamente insolita per i Rammstein, priva di ogni impeto distruttivo e interamente votata a un’atmosfera malinconica e sospesa, dominata dall’arpeggio pulito delle chitarre. Un finale in cui ogni tensione sembra dissolversi, come se la nebbia evocata dal titolo avvolgesse e smaterializzasse la brutalità e la potenza espressa nel disco, lasciando emergere una quiete impalpabile, l’eco distante di un’opera monumentale e irripetibile nella loro discografia.

09/03/2025

Tracklist

  1. Mein Herz brennt
  2. Links 2 3 4
  3. Sonne
  4. Ich will
  5. Feuer frei!
  6. Mutter
  7. Spieluhr
  8. Zwitter
  9. Rein raus
  10. Adios
  11. Nebel

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