Quando nel 2010 l'edizione francese di Rolling Stone pubblica la classifica dei migliori cento dischi rock nazionali di sempre, i Téléphone vantano quattro album fra i primi trenta, il più alto dei quali, "Dure limite", campeggia al terzo posto.
La classifica appare invero molto discutibile e totalmente sbilanciata a favore di una manciata di nomi, senza contare la scarsa chiarezza su cosa sia considerato rock e cosa no: tuttavia, la forte presenza dei Téléphone è certificazione diretta della loro considerazione, nonostante si siano sciolti nel lontano 1986.
Prima dell'avvento dei
Noir Désir, i Téléphone sono stati la band in assoluto più amata dalla critica locale, e ancora oggi rimangono gli unici che possano reggere il confronto con Bertrand Cantat e compagni; ben distanti invece gli
Indochine, pur essendo i più venduti, in quanto ottusamente osteggiati dai giornalisti per motivi extra-musicali.
I Téléphone sono di fatto stati il primo gruppo francese campione di vendite e capace di intaccare l'immaginario collettivo. Negli
anni Settanta alcuni gruppi di area folk e
prog erano andati piuttosto bene dal punto di vista delle vendite, in particolare
Ange, Malicorne e Tri Yann, ma senza dominare, piuttosto ritagliandosi un angolo alternativo a quello degli
chansonnier: inoltre, a oggi soltanto i Tri Yann mantengono viva la propria memoria, mentre gli altri nomi di quella scena rimangono appannaggio di pochi appassionati.
I Téléphone furono i primi a dimostrare di poter competere con i cantanti solisti di punta e le cui canzoni hanno resistito al passare del tempo e delle mode.
Va detto che la loro formula stilistica li ha aiutati in questo: un conto è resistere all'usura del tempo con musica che è stata completamente rigettata dalle proposte da classifica dei decenni successivi, come è accaduto al
prog (anche
in Italia i grandi nomi di quella scena, che all'epoca vendevano molto bene, sono oggi ricordati da chi l'ha vissuti all'epoca e poco più), un altro è farlo da band autrici di un rock decisamente più collimante con ciò che il grande pubblico identifica col termine, ossia canzoni con durate nella media, strutture lineari,
riff a presa rapida e contagiosi stacchi corali. Questo ovviamente non significa che la musica dei Téléphone sia semplicistica: l'appetibilità presso il pubblico non implica pressapochismo o scarsa qualità della proposta.
Quando si apprestano a registrare "Dure limite", oggetto di questo articolo, i Téléphone sono già ampiamente affermati: i loro primi tre album, tutti registrati a Londra grazie al supporto della Pathé, hanno venduto complessivamente più di un milione di copie. "Téléphone" (1977) è stato prodotto da Mike Thorne, che aveva appena terminato le sessioni di "Pink Flag" dei
Wire, mentre per "Crache ton venin" (1979) e "Au cœur de la nuit" (1980) la band si è appoggiata a Martin Rushent, già alle spalle di
Stranglers e
Buzzcocks.
Firmato un contratto per la Virgin, con un anticipo di cinque milioni di franchi (oltre due milioni di euro al cambio attuale), la band si reca a Toronto, dove fra il marzo e l'aprile del 1982 registra il nuovo album, che raggiunge i negozi il successivo 3 giugno.
I quattro membri appaiono in copertina, come sempre fino a quel momento: da sinistra a destra, il chitarrista solista Louis Bertignac, la bassista Corine Marienneau, il chitarrista ritmico e cantante Jean-Louis Aubert e il batterista Richard Kolinka.
A questo giro il produttore è nientemeno che Bob Ezrin, il più blasonato ottenuto fino a quel momento. Col cambio di etichetta e con ambizioni commerciali più elevate che mai, la band compie una svolta notevole: se fino a quel momento la loro musica si piazzava al confine fra l'hard rock e il post-punk più artistoide, la nuova formula prevede ancora chitarre distorte, ma la grana sonora della produzione è più levigata, vicina alla
new wave da classifica (per la prima volta compaiono le tastiere), mentre l'orecchiabilità aumenta e l'andamento ritmico perde pesantezza, fino a sfociare nel
power pop.
Nel complesso la band è ancora perfettamente riconoscibile e anche se la sua musica risulta appetibile a un pubblico ancora più vasto, l'integrità artistica non è venuta meno: le basi strumentali risultano più variegate di quanto non accadesse solitamente nei dischi che in quel periodo operavano in contesti sonori simili (Go-Go's, dB's, Hoodoo Gurus e dintorni). Questi nuovi Téléphone potrebbero quasi considerarsi un'ipotetica versione dei Cheap Trick in grado di affrontare i cambiamenti di moda e tecnologia avvenuti negli
anni Ottanta, anziché declinare irreversibilmente con l'ingresso nel nuovo decennio.
Il discorso di cui sopra non riguarda ovviamente i testi, che risentono per forza di cose della scuola degli chansonnier (Jacques Higelin in particolare, con cui la band ha intrecciato più volte il suo cammino) e sono nettamente più impegnati dal punto di vista sociopolitico di quanto non fossero gli equivalenti anglofoni.
L'album si apre con la
title track, che viene introdotta dalla chitarra
jangleb pop di Aubert, per poi imbizzarrirsi in un ritornello memore degli
Who, segnato dalle schitarrate acrobatiche di Bertignac e dai
fill della batteria di Kolinka, come a fare da ponte fra due epoche diverse del rock.
Il testo, in parte canzone d'amore e in parte metafora di un mondo spaccato dal muro di Berlino, si sposta gradualmente dall'introspezione romantica dei primi versi all'analisi militante degli ultimi:
È questo il desiderio?
Dov'è il tuo corpo?
È questa nostra vita
che fa sì che duri ancora?
È la tua felicità
oppure è il mio onore
che mi tiene prigioniero
o che mi rende carceriere?
È l'abitudine,
sempre con la stessa attitudine,
il vuoto di ogni giorno
e la mancanza d'amore.
È l'amore, un amore strano,
è la dolcezza delle tue carezze, cuore mio.
Un confine duro, un muro d'amore,
un confine duro, un amore immaturo.
Muro, cocci di bottiglie,
griglie e cani che sorvegliano,
tutti in guardia, tutti in guardia,
i confini, i fallimenti di ieri,
le altre terre, tutti i nostri cimiteri.
E il muro di Berlino non ha fine,
non il muro di Berlino,
tu ne hai uno, io ne ho uno,
taglia la Terra in due,
come una grande mela,
ti taglia la testa in due,
un po' come la prima mela,
ti taglia la testa in due,
e ti rende donna o uomo,
se vuoi,
il serpente si snoda fra due terre
e ti fa combattere tutte le guerre
I versi di "Ça (c'est vraiment toi)", dal taglio esclusivamente sentimentale, sono forse meno interessanti, ma la band schiva le convenzioni abbinandoli a un ritmo cavalcante al confine fra new wave, garage rock e rockabilly, con un ritornello
punk corale e aggressivo. Rimane a tutt'oggi una delle più famose canzoni rock francofone.
Un organo elettrico fa capolino nel ritornello di "Jour contre jour", in parte rock da arena, con l'arpeggio non a caso simile a quello di "(Don't Fear) The Reaper" dei
Blue Öyster Cult, in parte vicina al pop chitarristico di stampo alternativo che andava nascendo proprio in quel periodo, mentre "Ex-Robin des Bois" si avvicina al pop punk degli
Undertones.
Interessante il testo, critica al senso di appagamento di molti militanti socialisti dopo la vittoria elettorale ottenuta da François Mitterrand il 10 maggio 1981, che pose fine a decenni ininterrotti di gollismo:
Roger è stato un attivista per ventun anni,
Roger si è preso il suo tempo,
e intanto sta avanzando,
simpatico, socievole,
come i suoi genitori e i suoi nonni,
Roger ha realizzato ciò che chiamiamo cambiamento
Ex Robin Hood, non corre più nei boschi,
Ex Robin Hood, lavora per il re.
Roger e i suoi compagni faticavano
mano nella mano,
la speranza dopo il lavoro,
stavano costruendo il domani,
incontri sindacali, idee fondamentali,
scrivendo sul giornale, posizioni radicali,
e il manifesto rosso e nero
con la scritta "cambiamento".
Ex Robin Hood, non è più un fuorilegge,
Ex Robin Hood, lavora per il re,
ma dopo il 10 maggio
Roger è molto cambiato,
passa le serate davanti alla televisione,
ad ascoltare, a guardare,
altri lo citano, altri governano,
e le stesse persone parlano al Presidente
Se Aubert è un cantante perfetto per l'attitudine dimostrata, con una voce capace di tratti interpretati a gran velocità, linee melodiche pulite, arrochimenti alla bisogna e impennate a pieni polmoni, la band decide comunque di mescolare le carte in tavola assegnando un paio di brani ad altri membri.
"Le chat" è così cantata da Mariennau (prima di allora era accaduto soltanto in "Ne me regarde pas" del 1979): la bassista domina anche la traccia strumentale, una sorta di mutazione per l'epoca new wave del rhythm and blues e del jazz vocale anni Cinquanta (viene in mente "Fever" di Little Willie John, in particolare nella versione di Peggy Lee), con tanto di assolo di sassofono.
Bertignac si ritaglia invece il suo spazio in "Cendrillon", mettendo in luce una voce delicata e perfetta nelle sue incertezze. Il brano, etereo inno jangle pop, diventa il secondo grande successo del disco, grazie anche a un testo che canta le fragilità a cui va incontro l'universo femminile in una società che non fa abbastanza per sostenere le ragazze madri, le tossicodipendenti e in generale tutte le giovani donne con problematiche tipiche dei contesti suburbani della Francia dell'epoca, con tanto di stilettata alla religione organizzata negli ultimi versi:
Cenerentola per i suoi vent'anni
è la più carina delle ragazze,
il suo bell'amante,
il principe azzurro,
la accoglie sul suo cavallo bianco.
Lei si scorda del tempo
nel suo palazzo d'argento.
Per non vedere che un altro giorno sorge,
chiude gli occhi
e nei suoi sogni
se ne va,
piccola storia graziosa.
Cenerentola per i suoi trent'anni
è la più triste delle mamme,
il principe azzurro è fuggito
con la bella addormentata nel bosco.
E ha visto cento cavalli bianchi,
lontani da lei, portare via i suoi figli.
Così comincia a bere,
a trascinarsi per i bar,
avvolta dalla sua depressione,
ora batte il marciapiede.
Dieci anni di questa vita son bastati
a renderla una tossica
e in un sonno infinito
Cenerentola vede finire la sua vita.
Le luci ballano sull'ambulanza,
ma lei uccide la sua ultima speranza,
tutto ciò non ha più importanza.
Padre nostro che sei così vecchio,
hai fatto veramente del tuo meglio?
Perché sulla terra e nei cieli,
i tuoi angeli non vogliono invecchiare
Il finale è riservato a "Ce soir est ce soir", creata con l'aiuto di Ivan Král, rimodellando una linea melodica che il chitarrista del
Patti Smith Group aveva inizialmente proposto a
Iggy Pop, vedendosela rifiutata. Da ammiratori di Smith, la cui influenza era evidente in particolare nei loro primi album, i Téléphone non si fanno sfuggire l'occasione quando Ezrin gliela propone.
Lunga sei minuti, la canzone alterna una strofa d'atmosfera, dominata da uno scarno giro di basso, a un ritornello corale che sembra portare un raggio di luce nella notte. I versi di Aubert descrivono un giovane che cammina per Parigi, cercando di fare ordine nella confusione che gli alberga dentro, in una sorta di manifesto sull'alienazione urbana dai contorni intergenerazionali (in fin dei conti, sono parole valide ancora oggi):
Cammino sui Grand Boulevards
tra una folla di gente emaciata
e non vado da nessuna parte.
Cammino sul Grand Boulevard
e cerco il tuo sguardo,
ma tu non puoi vedermi.
Non posso continuare,
ho bisogno di riposarmi,
condividi il tuo cuscino,
sono stato sveglio per troppo tempo.
E per tutto il lungo viale,
film sdolcinati il sabato sera,
navigo accanto a una costa senza faro,
illuminami.
Stasera è stasera, ho bisogno di vedere,
stasera è stasera, ho bisogno di crederci.
Riflessi sulla biotite
come fantasmi dalla pelle sbiadita,
credo di cadere sul marciapiede,
buco nero.
Stasera è stesera, ho bisogno di sperare,
stasera è stasera, ho bisogno di credere
"Dure limite" diventa il primo album della band a raggiungere il numero 1 e supera le 750mila copie, risultando il secondo album francese più venduto fra quelli pubblicati durante il 1982 (lo supera soltanto l'omonimo di Jean-Jacques Goldman, oggi meglio noto come "Quand la musique est bonne").
Il successivo "Un autre monde" (1984), pur fermandosi inizialmente al numero 2, riesce addirittura a superarlo, assestandosi sopra le 850mila copie, dopodiché i contrasti fra i vari membri diventano insanabili, portando allo scioglimento (non era del resto neanche scontato che la band durasse dieci anni, contando che le tensioni l'attraversarono da subito: Aubert era infatti contrario alla presenza di una donna in formazione, per quanto poi ebbe modo di ricredersi).
In seguito Aubert ha ottenuto un notevole successo come solista, mentre fra il 2015 e il 2017 la band si è riunita per una serie di concerti, pur utilizzando come intestazione Les Insus anziché il nome originario, a causa dell'assenza di Marienneau, con la quale si vocifera non siano ancora avvenuti i chiarimenti necessari. Il 16 settembre 2017 il trio, supportato dal giovane bassista Aleksander Angelov, si è esibito allo Stade de France, segnando l'ultimo trionfo di una carriera leggendaria.
28/09/2024