Vangelis

Blade Runner

1982 (Eastwest)
film score, progressive electronic, new age

Gli appassionati del cinema di fantascienza sanno bene quanto questo genere abbia avuto, nei decenni, punti di svolta notevoli che hanno rappresentato spartiacque netti, che con il senno di poi hanno segnato un prima e un dopo. Il primo di questi ha una data universalmente accettata ed è il 1927, l'anno di "Metropolis", il pionieristico capolavoro di Fritz Lang che traccia il passaggio da una fase primordiale del cinema di fantascienza a una più matura, non priva di ambizioni intellettuali.
Nei decenni successivi, il genere è diventato via via più diffuso, sino a divenire negli anni 50 e 60 (a questo link uno speciale a tema su OndaCinema) un genere di intrattenimento di massa, ora segnato da ipotetiche invasioni aliene ("La guerra dei mondi"), ora esaltatore dello sviluppo tecnologico visto come la panacea di ogni male ("Viaggio allucinante") o, al contrario, ammonitore nei confronti dello stesso mediante figure di scienziati pazzi che utilizzano la scienza per i propri scopi malefici ("L'esperimento del dottor K.", "L'uomo dagli occhi a raggi X"). Altre volte il genere è stato capace di sviscerare le paure più profonde di quegli anni, dalla guerra atomica ("L'ultima spiaggia", "Il pianeta delle scimmie", "La Jetée") all'ipotetico pericolo comunista ("Il villaggio dei dannati").

Secondo momento di decisa cesura col passato e di evoluzione è il 1968, anno del celeberrimo "2001 Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick, che, insieme al capolavoro sovietico "Solaris" di Andrej Tarkovskij di quattro anni dopo, fa uscire definitivamente il cinema di fantascienza dal perimetro dei cosiddetti B-movie e lo spinge di diritto nel novero del cinema d'autore. Anche esaminando le colonne sonore di questi due film è possibile denotare uno sforzo maggiore degli autori e propendente verso la maturità di genere; quella di "2001 Odissea nello spazio" non è originale, ma fa un utilizzo geniale e iconico di partiture di classica contemporanea preesistenti, mentre quella di "Solaris" del compositore russo Eduard Artem'ev è un capolavoro di musica d'avanguardia.
Un nuovo punto di svolta per il cinema di fantascienza e, in parallelo, per le colonne sonore del genere è stato proprio il 1982 di "Blade Runner". Con le sue riflessioni dickiane, l'apparato scenico imponente quanto romantico e decadente, il noir sci-fi di Ridley Scott si sarebbe imposto per oltre un ventennio come la più prominente pellicola fantascientifica del panorama - l'unica vera rivoluzione posteriore ad essa sarebbe stata quella operata dal cyber-punk gibsoniano "Matrix" delle sorelle Wachowski e poi, volendo estendere il raggio d'esame al mondo seriale, quella posta in essere dall'inimitabile "Black Mirror" di Charlie Brooker.

L'estetica congegnata da Ridley Scott per mettere in scena le riflessioni di Philip K. Dick e le stesse idee del seminale autore di Chicago (il film è tratto liberamente da "Do Androids Dream of Electric Sheep?") avrebbero permeato decenni di cinema fantascientifico a venire, così come la musica di Vangelis avrebbe influenzato le annesse colonne sonore. La soundtrack realizzata dal compositore greco per il film di Scott ha però un'importanza, o perlomeno un raggio d'azione, addirittura più estensivo. La sua influenza travalica infatti i confini del mondo del cinema e si dirama verso quelli della musica tutta.
Dirompente l'impatto di Vangelis sulle successive generazioni di musicisti elettronici, al pari del suo influsso sulla musica pop. La new age e l'ambient continuano a nutrirsi dei suoi luminescenti tappeti sintetici e delle sue invenzioni percussive, ma anche generi più recenti, come l'intero filone vaporwave, traggono ispirazione dagli scenari musicali e visuali di "Blade Runner" - si pensi tanto alla musica quanto alla copertina di "Atarashī hi no tanjō" del duo di Hong Kong 2814, discendenti diretti della visione congiunta di Scott e Vangelis. Tracce dei sogni cibernetici di Vangelis popolano le produzioni di artisti variegatissimi come Daft Punk, Radiohead, Armin van Bureen, Boards Of Canada e addirittura Donna Summer e Jay Z.

Già leader del seminale gruppo progressive greco Aphrodite's Child, Evangelos Odysseas Papathanassiou arriva a "Blade Runner" a carriera da compositore per il cinema già avviata e premiata. Dopo alcune incursioni nei generi più disparati - si va dal porno "Sex Power" del 1970 a una serie di documentari sul mondo animale intitolata "L'Apocalypse des Animaux" del 1973 - nel 1981 il compositore greco vinse l'Oscar per la migliore colonna sonora grazie alle musiche epiche e romantiche realizzate per il kolossal sportivo "Momenti di gloria" di Hugh Hudson. A renderlo immortale è stata però proprio la colonna sonora per il capolavoro di Ridley Scott.
Benché nel 1982 fu pubblicata una prima edizione della colonna sonora di "Blade Runner" eseguita dalla New American Orchestra, per poter ascoltare tutto il materiale originale composto da Vangelis per la pellicola, con addizioni inedite ed estensioni delle tracce, si dovette aspettare il 1994. È in particolare a questa edizione, curata dallo stesso compositore ed edita da Warner Music, che ci rifacciamo per questo scritto.

Così come per quella di "Momenti di gloria", per la realizzazione della colonna sonora di "Blade Runner" Vangelis si stanziò nei Nemo Studios di Londra. Qui il suo avveniristico armamentario di sintetizzatori si componeva di uno Yamaha CS-80, del ProMars, del Jupiter-4, delle drum machine CR-5000 e di un vocoder VP-330. In addizione alla strumentazione elettronica, Vangelis e i suoi musicisti utilizzarono un pianoforte a coda Steinway e una tastiera Fender Rhodes modificata ad uopo, oltre che un gamelan (una vera e propria orchestra di origine indonesiana composta di tamburi, xilofoni e gong), glockenspiel, gong, timpani e campane tubolari. Il mix di strumenti d'ultima avanguardia tecnologica e di altri dal sentore antico fu il dispositivo vincente per conseguire partiture leggendarie, tanto adatte a catturare l'essenza retro-futurista e noir delle immagini del direttore della fotografia Jordan Cronenweth quanto i sentimenti ancestrali e gli interrogativi filosofici senza tempo che gli androidi di Dick e il suo cacciatore portano con sé.
Fu quindi nei Nemo Studios che Vangelis ricevette il filmato di Scott e Cronenweth e dette libero sfogo a tutto il suo genio. Non soltanto componendo le musiche originali, ma inserendo anche suoni diegetici che corroborassero la potenza delle immagini scure e tempestate dai neon e dalla pioggia incessante, con le riproduzioni di clangori metallici, fumate e altre invenzioni.

Sarebbero bastate le tracce composte per i "Main Titles" e gli "End Titles" a consegnare la colonna sonora di "Blade Runner" al mito e a segnare chilometri di partiture a venire. Nella prima udiamo per la prima volta il sospiro romantico e metallico dello Yamaha CS-80, un canto di balena elettronico che aleggia come un fantasma tra neon e temporali; mentre i sintetizzatori del secondo, in preda a un impeto quasi moroderiano, commentano la fuga tra le montagne di Rick Deckard e Rachel, finalmente liberi dalla pioggia e dalla plumbea Los Angeles del futuro - in questo caso le immagini interpretate non sono del duo Scott/Cronenweth ma di Stanley Kubrick, che prestò al collega diciassette ore di girato in elicottero realizzate per "Shining".
Se all'impatto di suddette tracce riesce il miracolo di creare un universo sonoro tanto autosufficiente quanto incredibilmente coerente con le immagini del film, sono le variazioni sul tema proposte nei vari movimenti intermedi a farne un capolavoro dalle soluzioni sonore infinite e dall'incommensurabile impatto emotivo. Si pensi ad esempio a "Rachel Songs". Gli alti di pianoforte, i giochi di veli dei synth, i carillon e gli xilofoni sono l'ambiente etereo dove si estende il canto da sirena della soprano folk inglese Mary Hopkin. La complessità emotiva e la malinconia di Rachel, androide tanto perfetta da rasentare e superare l'umano, viene resa in musica con potenza e romanticismo struggenti. Quando un sintetizzatore replica, carico dello stesso dolore e delle stesse lacrime in punta d'occhio, la melodia precedentemente eseguita dalla Hopkin, si assiste alla sublimazione del concetto dietro gli androidi (non a caso replicanti) dickiani.
Impossibile non citare anche quella "Love Theme", dove tra manti solenni e digitali Dick Morrisey viene chiamato a piazzare un lacrimoso assolo di sassofono che ha fatto letteralmente la storia. Al punto che si continua ancora a etichettare numerosi escamotage simili come "sax a-là Blade Runner".

In "Memories Of Green" la condizione umana nel futuro distopico della Los Angeles del 2019 danza al ritmo claudicante ma intriso di forza romantica del pianoforte; mentre nei nove minuti languidi di "Blade Runner Blues" sono esclusivamente i sintetizzatori a interpretare e far loro la struttura e gli umori della musica della cotton belt. Tra carillon misteriosi, melodie e vocalizzi mediorientali, "Tales Of The Future" impianta negli scenari futuristici di "Blade Runner" la sacralità profana dei Dead Can Dance. In questo caso è impossibile non trovare un precedente dell'utilizzo che Hans Zimmer, uno degli indiscussi maestri delle colonne sonore contemporanee, farà a più riprese nella sua carriera della voce proprio di Lisa Gerrard.
"One More Kiss Dear" è invece la versione estesa del frammento vocal jazz che Rick Deckard ascolta nella scena della bettola sushi, nella quale Vangelis fa interpretare a Peter Skellern una sua versione credibile, tanto da venir confusa spesso per un vero classico del genere, del pop americano anni 40.

In sintesi, il percorso che ha portato Vangelis al grande successo è stato lento e faticoso, ma a un certo punto folgorante. Una strada lunga, battuta con la fantascienza nel cuore e con l'idea di dare il proprio contributo a un mondo che aveva già una sua letteratura, un suo cinema, ma non ancora un suono. Si pensi, ad esempio, a "Hypothesis" e alla sua splendida copertina science-fiction, un album registrato nel 1971 ma pubblicato (senza la volontà dell'autore) nel 1978, rinnegato da Vangelis, ma capace di dimostrare la volontà (ancora primordiale) di aprire un tracciato originale che (album dopo album) ha portato al suono perfetto della fantascienza della nuova generazione.
Se il maestro Ennio Morricone è stato il padre della nuova generazione di musica per film western, questo primato riferito alla musica per il cinema di fantascienza spetta a Vangelis. Pur trattandosi di due carriere, due suoni e due approcci per molti versi diametralmente opposti, ad accomunare il compositore greco e il maestro italiano non è però soltanto l'importanza miliare nei rispettivi ambiti, quanto anche l'influenza esterna al mondo del cinema, impresa nella quale nessuno è mai riuscito a eguagliarli.

02/02/2025

Tracklist

  1. Main Titles
  2. Blush Response
  3. Wait for Me
  4. Rachel's Song
  5. Love Theme
  6. One More Kiss, Dear
  7. Blade Runner Blues
  8. Memories of Green
  9. Tales of the Future
  10. Damask Rose
  11. Blade Runner (End Titles)
  12. Tears in Rain