Questo disco è strano. Strano perché è di un italiano ma è cantato in inglese, strano perché è uscito nel 2005 ma contiene anche canzoni scritte negli anni 70, strano perché è scritto e cantato da un comico, strano perché è scritto e cantato da un comico ma è tutt'altro che comico.
Gli appassionati di Daniele Luttazzi sapranno già della sua onnivora passione per la musica (da Battisti a Zorn, dai Beatles ai Devo) che l'aveva portato alla fine negli anni 70 a fondare una band, gli Ze Endoten Control's. Di quell'esperienza sono sopravvissute alcune canzoni contenute in questo disco, "Money For Dope", che è (definizione dello stesso Luttazzi) un "musical elegiaco" in dieci tracce, della durata di circa 45 minuti.
Le parole di presentazione contenute nel booklet sono poche, ma interessanti: Luttazzi ricorda come l'eroina, arrivata in Romagna verso la fine degli anni 70, abbia falcidiato un'intera generazione, e in particolare una sua carissima amica. Quella tragedia lo spinse a comporre nel 1979 la canzone "Money For Dope", diversissima dalle altre sue composizioni di allora (una new wave fra Talking Heads, Joy Division e Gaznevada), che è anche l'ultima traccia di questo disco.
Insomma, paradossalmente, la costruzione di questo musical è partita dalla fine e le nove tracce precedenti, composte a posteriori, raccontano altri momenti di vita di quell'amica: la famiglia, le esperienze di vita, gli amori. Partiamo anche noi dalla fine, allora: perché è innegabile che la title-track sia il pezzo migliore dell'album: minimalista, pessimista, raggelante. Ancor più raggelante proprio perché viene dopo nove pezzi che sembrano fare della spensieratezza il loro motto: alcuni sembrano davvero essere usciti da un musical di Broadway, come "Vienna, Vienna", altri hanno qualche debito verso la disco-music ("I Can't Stand It"). Accompagnato da un'orchestra di dieci ottimi elementi e un folto coro, Luttazzi mostra di voler far sul serio, e inanella una serie di pezzi sorprendenti per la varietà e la perfetta costruzione: il primo, "Silence", risale addirittura al 1979, e porta con sé tutto il meglio dell'atmosfera new wave di quegli anni. E' come se due percorsi convivessero: il primo, quello della ragazza, così allegro e intriso di gioia di vivere per nove decimi, bruscamente e tragicamente interrotto dalla droga; il secondo, quello di Luttazzi stesso, che con la perdita di un'amica importante, entra all'improvviso nell'età adulta.
"Soprendente", si diceva qualche riga fa. E la sorpresa prosegue anche dopo essersi accorti che del Luttazzi comico non è sopravvissuto niente in quest'esperienza musicale: perché il disco è davvero bello, profondo e sincero. Tanto che già si parla di un possibile tour e di un nuovo disco già l'anno prossimo: quello che potrebbe sembrare un curioso esperimento ha tutte le carte in regola per trasformarsi in una carriera parallela.