Quit Your Dayjob

Sweden, We Got A Problem

2005 (Bad Taste Records)
punk-rock
6.5

Dopo la loro partecipazione all'Estragon Summer Festival bolognese di quest'estate, ecco che anche in Italia si comincia a parlare dei Quit Your Dayjob. Strano che nessuno se ne fosse ancora accorto, dal momento che all'estero, tra gli Usa, il Regno Unito e la loro nativa Svezia, qualcuno ha già provato ad affibbiare loro il titolo di "nuovi Devo". In effetti il paragone è abbastanza immediato, basta ascoltare qualcosa del loro primo, omonimo, Ep (2004), ad esempio quella "Look! A Dollar" che ha stuzzicato l'appetito di tutto un pubblico con il suo appeal irresistibile e demenziale.

Ebbene, finalmente sono giunti al primo album, nella maniera a loro più congeniale, per certi versi la più ovvia: diciotto brani lunghi non più di due minuti, in cui si concentrano riff folli ed esasperanti, intessuti sia dalla chitarra che dal synth, per un'esperienza comica e devastante al tempo stesso.
Peccato che alla lunga (per modo di dire, si tratta di mezz'ora scarsa), il feeling concentrato nelle poche tracce dell'extended play tenda a disperdersi un poco (soprattutto verso la fine può risultare un po' pesante), ma comunque "Sweden, We Got A Problem" si può definire una prova all'altezza delle aspettative.

Si inizia con "Banzai Butterfly", introdotta da un suono in feedback che apre presto la strada a un riff di chitarra sparato a tutta velocità: prima ancora di capire che cosa sia successo, che cosa sia quella specie di folle treno espresso che si trova di fronte alle nostre orecchie, ecco che già è passato. E' il turno della title track, che sfodera un formidabile riff di synth e ricorda nel suo cantilenante funky sghimbescio i primi Talking Heads; "Sperms Are Germs" è un'astuta riscrittura di "Freaks Are Out" (dal loro primo Ep), mentre "Evil Ray" potrebbe venir fuori da una session dei Velvet Underground strafatti di eroina con alla voce un John Cale ubriaco fradicio.

Si prosegue con "Pissing On A Panda", già nota per essere stata pubblicata come singolo nel 2004 (e fino a poco tempo fa scaricabile gratuitamente dal sito della band), per poi giungere alla tagliente "Brain In Vain", urlata su un riff tanto elementare quanto efficace con un piglio degno del migliore Iggy Pop.
Le atmosfere quasi western di "E-Bay Ghetto" sono dietro l'angolo e ricordano non poco la già citata "Look! A Dollar" (la chitarra sembra proprio la stessa). "Man Power" è un brano epicamente ballabile che ripete continuamente il titolo su un riff magniloquente e pulsante, sorretto da una batteria disco ineccepibile; "Cities Suck" è una parentesi nichilista che somiglia, ancora una volta, a "Look! A Dollar", ma in un attimo siamo già alla godibilissima "Erase My Face", violenta invettiva su un panorama sintetico.

Il brano con più appeal danzereccio è sicuramente l'irresistibile "Vlado Video", una cavalcata degna di Byrne e soci in un momento di follia, potente e goffa come un gigantesco mammut a pois gialli e rosa. "Shemale Godzilla" sembra una gigantesca pernacchia a tutta la dark-wave, mentre "Touch+Go" è un piccolo capolavoro, con un elementare riff rock'n'roll suonato in maniera esasperante dal solito synth. "I Need A Tourguide For My Own Head" è piuttosto trascurabile, mentre "Subhumanist" assume i connotati di un vero e proprio manifesto dello stile della band, guidata da una batteria elettronica sulla quale le divagazioni di synth, chitarra e voce (che dialoga con un coro con una struttura che ricorda certi patchwork degli Art of Noise) si ripetono nell'effimera e vacua eternità di un minuto e mezzo.

"2 Face" ha dalla sua parte un ritmo tribale e un riff particolarmente brillante; conclude l'album il feedback di "(Ove 2)", seconda parte di un simile intermezzo perso nella successione nervosa delle tracce. Ma non finisce così: infatti i Quit Your Dayjob vogliono avere sempre l'ultima parola, e mettono a chiudere il disco una ghost track piuttosto inutile.

Orbene, se all'ascolto superficiale quest'album può sembrare (e non del tutto a torto) "tutto uguale", non ci si sarebbe potuti aspettare nulla di diverso da una band che ha già costituito un piccolo culto, sia in patria che nella scena internazionale a cui si è affacciata di recente. E, tutto sommato, si tratta di un buon album: speriamo solo che la storia non finisca qui e che il gruppo trovi qualche sbocco nuovo e inconsueto per le proprie intuizioni perché, dopo queste diciotto tracce, si può benissimo ammettere che il loro stile sia stato espresso in lungo e in largo, e ripercorso più volte.

Tracklist

  1. Banzai Butterfly
  2. Sweden We Got A Problem
  3. Sperms Are Germs
  4. Evil Ray
  5. Pissing On A Panda
  6. Brain In Vain
  7. E-bay Ghetto
  8. Man Power
  9. Cities Suck
  10. Erase My Face
  11. Vlado Video
  12. (Ove 1)
  13. She-made Godzilla
  14. Touch + Go
  15. I Need A Tourguide For My Own Head
  16. Subhumanist
  17. 2 Face
  18. (Ove 2)

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