Maledetti tutti quelli che predicano la morte del rock!
Maledetti, tutte le volte che questi trenta minuti di musica incendiaria si
diffonderanno nell'aria. Una volta per tutte, lunga vita al rock! E guarda caso,
i Times New Viking sono un trio basso-chitarra-batteria. Oh, mio Dio! L'abc. Il
rock, il disordine, la distruzione, la giovinezza, l'oltraggio. Da Columbus,
Ohio, i Times New Viking, come una luce radiosa in questo ultimo scorcio di
2005.
"Dig Yourself" assembla pezzi provenienti da diverse cassette,
andando a costituire, quindi, il primo disco ufficiale della band. Una
deflagrazione goduriosa di noise sbandato, claustrofobico e metallico, ma con
un'attitudine pop da leccarsi le dita. Un gran bel sentire, a cominciare dalle
distorsioni febbrili di "Lion And Oil". Canzoni come killer in agguato dietro
l'angolo. Baccanali garage-noise-wave, tra Chrome e "Sister Ray", con coda
devastata "kick out the jams, motherfuckers!" ("The Statue Pt. II"). Disordine
come luogo simbolico di dislocazione. Tonitruante e sballata: musica malsana e
registrata anche peggio. Ma così adorabilmente-schifosamente orecchiabile nella
sua trasandata acidità fiammeggiante ("Skull Versus Wizard").
Hanno
ragione! Il loro sound è la rappresentazione perfetta di un "nichilismo
romantico". Foga, disperazione e ardore bohémienne . Cuore e viscere.
Non l'uno senza l'altro. Anche quando i Royal Trux fanno capolino nella
dislessia skronk di "The Statue Pt. I". In "Not High", invece, ci sorprendiamo
inebetiti a far da coro dentro un girotondo lo-fi pop. Che fantastici
mattacchioni! Esaltati e storditi. I Dinosaur Jr. in sorpasso, capelli al vento.
Canzoni che fanno venire voglia di fuggire via. In nessun luogo. Ma via
("We Got Rocket"). Melodismo fedeltà zero, istinto e raziocinio ("Natural
Resources, I Love Mine"). Ritornelli sublimi che sbocciano come fiori dentro
recinti radioattivi ("Dance Walhalla"). Liriche come sciroppo per
punkettoni-idealisti. Sognatori non si nasce, si diventa a calci in culo. Così
che scarnificazioni folk-rock come quella di "Indian Winter" sfiorino il cuore
con tocco disumano perché indecifrabile.
Ma che ci fanno gli Stones nel primitivismo
baldanzoso di "Fashion To Talk About The Moon"? Lo sapevo! Jagger & co. non
possono essere quelle mummie drogate che ancora girano il globo. Il loro spirito
è altrove, per fortuna. E per fortuna, i Times New Viking scorrazzano
liberamente, senza paura di reiterare un Verbo psicotico, apocalittico e solenne
("Fuck Books"). Siate loro riconoscenti, maledetti!