Nonostante il moniker , la musica dei toscani Tomviolence ha
pochissimo da spartire con i Sonic
Youth e il noise-rock. Tra le nove tracce di questo omonimo esordio,
piuttosto, troverete il suono rock che ormai da tempo ci ostiniamo a definire
post- , e che segue coordinate ben precise: Slint, Mogwai, June Of ‘44, e via di questo passo.
Un affresco elettrico e dal sapore malinconico che, grazie all’apporto di
violino e sax, sa farsi anche raffinato, ovvero sconfinato nel suo scandagliare
profondità spirituali che, ad esempio in "Walthamstow Central" (con l’
l’elettronica di Luca Di Mira dei Giardini Di Miro), esprimono bene il senso di
un sinfonismo che potremmo definire "introspettivo", capace di lussureggiare
implacabile e in crescendo.
A modo suo, una band che sa essere epica nel
tratteggiare zone d’ombra e rivoli di luce crepuscolare ("To Set Something
Convivial"), e, oltre il rock, riesce ad andarci anche con quel respiro
"cameristico" che ha radici lontane e prospettive senza tempo ("Too Steaming To
Impress"). Giochi di sfumature, giochi di pulsazioni digitali e di voci lontane,
con tanto di glockenspiel (Garlo Frigeri dei Joe Leaman) in "Another Fashion
Victim".
Tutto, in fondo, da qualche parte già sentito, già prefigurato,
ma, a dirla tutto, sempre vitale, sempre capace di farci andare oltre noi
stessi, per quel poco che basti a non farci perdere per sempre il controllo.
Sappiamo bene, in fondo, cullarci con attenzione tra le maglie di un sogno che,
prima o poi, potrebbe tramutarsi in un incubo senza fine, anche se è davvero
difficile scorgerne i contorni, nascosti, come sono, dietro un volto opaco
("Heartbeat"). E, quando lì fuori l’autunno spoglia gli alberi e raggela i
silenzi, cosa c’è di meglio che mettere su una ballata minima, fragilissima,
scarnificata nel cuore e nell’anima come "Good Morning"? E se cercate qualcosa
che minimante vi faccia tornare con la mente alla band di "Evol", allora vi
bastino "No Years Old" (squarciata da improvvise vibrazioni elettriche) e "Quite
Good Not Song" (math-rock come è giusto che sia, e in modo che il noise sia solo
una superficie grumosa, ruvida, ribollente, raggiunta per strade impervie, tra
saliscendi e scorciatoie perigliose).
Un esordio promettente, insomma,
nonostante il suo essere un po’ troppo calligrafico. Ma, come dire, questo non è
propriamente un difetto, anche perché crediamo che il talento ci sia tutto. Ed è
per questo che concediamo loro qualcosa, anche se, sia detto per inciso, d’ora
in poi si accettano solo salti di qualità e maggiori dosi di personalità.