Dirty On Purpose

Hallelujah Sirens

2006 (North Street)
pop-wave

La carriera di un gruppo è naturale sia segnata dalla crescita dei primi lavori, che possano essere bust o esplosioni di vendite è poi una sentenza che spetta alla critica, al mercato, a mille variabili spesso incontrollabili.
Si presentano così a questo 2006, con "Hallelujah Sirens" (secondo lavoro dopo l’esordio "Sleep Late For A Better Tomorrow" di un paio di anni fa), in questo scenario complicato, i Dirty On Purpose, quartetto di New York.

Mettiamo subito i giusti paletti: con New York, e l'attuale scena da "rock in lavanderia" che la fa da padrona nella Grande Mela, il quartetto c'entra poco o nulla, anzi.
I connotati, semmai, vanno ricercati da noi, nella vecchia Europa, tra l'Inghilterra e la Scozia, in un grand guignol della new wave anni 90.
Insomma, di carne al fuoco ce ne è, e tanta, perché i riferimenti per la terra delle highlands sono proprio i primi che vengono in mente, i Belle and Sebastian, che vengono omaggiati in apertura con "No Radio", canzone tutta pioggia e fiati, e i Mogwai, che qui e lì risultano essere forse la presenza più rilevante del lavoro, sicuramente la fonte ispiratrice della maggior parte degli incipit delle canzoni, vedi le splendide aperture di "Your Summer Dress", che riportano indietro ai tempi di "Young Team", o "Marfa Lights", autentico spettacolo emo minimale che potrebbe essere un outtake di "Mr. Beast".

Cosa ci aggiunge di suo il gruppo, un feedback fragoroso, che (pensa un po') richiama echi di shoegaze e post-punk, il tutto rielaborato non in maniera semplicistica e facile (da classifica, alla Radio4 per intenderci), ma aggiungendo varianti notevoli (vedi appunto la parte centrale di "Marfa Lights", autentica sintesi del Dirty On Purpose pensiero), come ritmiche, assolutamente impazzite che miscelano dark-wave anni 80 alternate a semplificazioni à-la U2 e ritornelli catchy , autentici chiodi in testa, al limite del pop.

Gli ascolti fatti in camera da adolescenti si sentono, ed escono fuori sulla strumentale "Monument" (un nome un programma), dove echi Cure provenienti da "Pornography" riempiono sorprendentemente quattro minuti abbondanti di chitarre pulite, quasi spartane, a rinverdire e omaggiare echi di wave e dell'intera trilogia che ha fatto la storia del dark , dove a mancare è solo la voce di Smith.
Ma il disco sorprende anche per questo, nel suo essere una materia mutevole, dove a cavalcate strumentali con noise e basso pompante, si alternano dolcissime ballate di chitarra acustica e pianoforte, e, lasciatemelo dire, qui un paio di cose i Belle and Sebastian ne avrebbero da dire in quanto a "fonti di ispirazione", vedi "Fake Lakes", "Kill Our City" (punta di diamante del lavoro) o "Lake Effect", per i quali ci sarebbero da spendere le stesse parole usate per "Marfa Lights", per ciò che riguarda la rappresentatività del loro sound .

Cosa manca al cd è difficile da dire, è giusto nel suo essere non troppo prolisso (i ragazzi probabilmente non hanno voluto fare il passo più lungo della gamba), manca semmai di un po' di convinzione, ma di tempo ce n'è per crescere; e buttarsi in un mercato dove probabilmente sarai paragonato a mostri sacri della pop-wave anni Novanta, beh, credo che intimorisca chiunque.
Ma è valido il loro essere allegramente incoscienti, il loro voler "citare fino a un certo punto" e uscire fuori dalle ovvie etichette, e ritrovarsi sulla giusta via per costruire un sound che potrebbe fare sfracelli, con un po' di fortuna.
In un certo senso, direi che potrebbero diventare, concettualmente parlando, una risposta con più classe e più ricercatezza, e al limite un minore appeal danzereccio, agli Arcade Fire.
Tutto sta a vedere nel frattempo cosa succederà.
Se la pioggia scozzese continua a cadere, sicuramente è un buon inizio.


19/10/2006

Tracklist

  1. No Radio
  2. Your Summer Dress
  3. Lake Effect
  4. Light Pollution
  5. Car No Driver
  6. Always Looking
  7. Always Looking
  8. Marfa Lights
  9. Monument
  10. Kill Our City
  11. Fake Lakes

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