La tendenza - recente - a mutuare il nome di un successivo progetto rock a partire dal titolo di un album particolarmente fortunato, si è ormai insinuata anche in Michael Hagerty. Così, dopo Microphones (ora Mt. Eerie, via "Mt. Eerie" del 2003), El Guapo (ora Supersystem, via "Super/System" del 2002, ma da poco sciolti), Jason Molina (Magnolia Electric Co., via "Magnolia Electric Co." del 2003) e pure i nostrani Starfuckers (ora Sinistri, via "Sinistri" del 1994), ora tocca a Howling Hex. Il pretesto, com’è intuibile, è proprio quell’"Howling Hex" (Drag City, 2003) nel quale l’ex chitarrista di Royal Trux e Pussy Galore approfondisce all’inverosimile la sua competenza sul blues-rock primitivo.
Come nei casi sopra elencati, tale conversione ha portato Hagerty alla carta bianca, a un progetto potenzialmente innovativo in primis per lui stesso, a un libero rilancio di una già ben onorata carriera. Con "You Can’t Beat Tomorrow" (2005) si è dimostrato bandleader tradizionalotto, con "All Night Fox" (2005) ha invece rivisitato il verbo beefheartiano. Tecnicamente parlando, il modello globale di quest’ultimo "Nightclub Version Of The Eternal" è una specie d’ibrido tra l’incalzantissimo percussionismo del capolavoro Stones-iano "Sympathy For The Devil" e quella "Spectre" ("Cats And Dogs"; Drag City, 1993) che Hagerty conosce fin troppo bene, avendola composta, suonata, cantata e ricantata a fianco della decadente, monumentale Jennifer Herrema (ora alle prese con il progetto RTX, ndr ). Il risultato finale è anche più autoindulgente delle premesse teoriche.
S’inizia così con "Hammer And Bluebird", tra battito tribale e basso giamaicano, una chitarra acida in riff sottotono, il tutto ad accompagnare un duetto vocale in pieno stile Royal Trux e i successivi assoli esotici di chitarra. La formula si ripete in "How Many Steps Now", "Good Things Are Easy" (con leggero ispessimento ritmico di piatti e tamburelli), "Lips Begin To Move (stesso battito, appena più equatoriale e basso vagamente dub ), "This Planet Sweet" (leggera accelerazione con jam poverelle da sala prove, medesimo canto a due basato su brevi frasi decadenti) e "Six Pack Days" (con aggiunta di effetti di chitarra, dal flanger al wah wah). Tutta roba che fa ancor più ben volere i tardi White Stripes.
A dispetto delle basi poliritmiche e delle pur intriganti incursioni etniche e orientaleggianti, questi estenuanti brani fotocopia riescono a stento - e con le dovute approssimazioni (per eccesso) - ad avere un’autonomia limite di due minuti, passata la quale è lecito pensare che la band bambinesca di "School Of Rock" (Paramount, 2004) alle prese con "Cats And Dogs" rischierebbe di risultare più interessante. Invece, accanto alla chitarra baritona - in luogo del basso - di Hagerty (ora pure pericolosamente incontinente: tre uscite in neanche un anno, inclusi gli inediti di "1-2-3"), stanno Mike Saenz, seconda chitarra, Lyn Madison, seconda voce e percussioni e Dan Sylvester, alle percussioni aggiuntive.
06/12/2006