A un certo punto, del progetto Peeping Tom si erano perse completamente le tracce. Tra Fantomas e Tomahawk, il team-up con Kaada (“Romances”, 2004), il disco con gli X-Ecutioners (“Joint Special Operations Task Force”, 2005) e il lungo tour con i Melvins (FantômasMelvinsBigBand, 2005-2006), nell’agenda di mr. Patton sembrava non esserci più spazio per quel famigerato “easy album” annunciato addirittura prima della fondazione della Ipecac Recordings, la delirante roccaforte costruita dall’ex Faith No More e da Greg Werckman nel 1999, ma realmente concepito all’inizio del 2002 (originariamente, doveva seguire il tributo alla musica italiana con i Brutopop). Un disco di collaborazioni illustri che, nelle intenzioni dell’iperbolico Mike, avrebbe riunito gli aspetti più soft del suo particolarissimo gusto musicale in una rilettura “classica” del genere pop. Nulla di strano in verità: dagli episodi più melodici con i Faith No More (“Ashes To Ashes”, “RV”, “Evidence”, “I Started A Joke”, “Easy”…) al disco con Dan The Automator del 2001 (“Lovage - Music To Make Love To Your Old Lady By” in cui Mike amoreggiava con Jennifer Charles degli Elisyan Fields), Patton non ha mai escluso l’ avant-pop (e in tempi recenti, l’electro hip-hop) dal proprio palinsesto sonoro, rivelando funamboliche aperture tutt’altro che circoscritte all’avanguardia più ermetica (“Hemophiliac” di John Zorn, 2002) o alla sperimentazione più audace di album come “Disco Volante” a firma Mr. Bungle (1995).
Non suscita grandi sorprese quindi l’uscita di questo “Peeping Tom” e neanche i metodi di lavoro usati da Mike per la composizione dell’album (Patton e i suoi ospiti non si sono mai incontrati in uno studio di registrazione, con l’eccezione di Nakamura, e i contatti avvenivano esclusivamente via e-mail, scambio di tracce incluso). Coglie alla sprovvista semmai la polivalenza di un musicista capace di creare con la stessa padronanza e maneggevolezza un brano metal, una sfuriata grindcore e un motivetto pop vischioso quanto una hit di Robbie Williams e di farli coesistere misteriosamente assieme. Sicuro, in “Peeping Tom” tale oscura arte non sempre trova felice soluzione, e certi ritornelli ruffiani appaiono alle volte tutt’altro che necessari, tuttavia il risultato finale si presenta grandemente appagante e addirittura dall’ottimo potenziale a livello meramente commerciale.
Ma procediamo con ordine. “Peeping Tom” è il titolo di un film di Michael Powell del 1960 con Karlheinz Bohm, Anna Massey e Moira Shearer (da noi uscito come “L’occhio che uccide”). Un truce assassino a piede libero per Londra si diverte a uccidere giovani modelle. Fin qui tutto normale per un thriller vecchia maniera, ma l’identità del serial killer viene svelata prestissimo senza tuttavia togliere pathos alla narrazione. Una pellicola cult che riflette sullo sguardo di chi sta dietro la macchina da presa, di chi osserva nel buio della sala, in una posizione di indubbia sicurezza. Alla stregua del grande cineasta inglese (autore di opere memorabili come “So dove vado” del 1945 e del celeberrimo “Scarpette rosse” del 1948 girato con l’amico Emeric Pressburger), Patton smaschera immediatamente i volti dei suoi comprimari, quasi a voler anticipare i contenuti del disco: Kid Koala (presente in varie canzoni), Odd Nosdam, Doseone, Rahzel, Dale Crover, Massive Attack, Dan “The Automator” Nakamura, DJ Muggs, Amon Tobin, Bebel Gilberto, Dub Trio, DJ Disk degli Invisibl Skratch Piklz, Kool Keith e Norah Jones (sì, proprio lei). Ma non è che l’ennesimo tiro mancino: proprio come nel caso del folle omicida di Powell che una volta scoperto continua a far paura, le sorprese targate Patton non terminano con la presentazione del cast. Tutt’altro. Perché l’ex-Mr. Bungle ha in mente di sovvertire, turbare l’ascoltatore chiedendo (talvolta involontariamente, come nel caso dei Massive Attack) agli artisti coinvolti “prove diverse” (sono parole di Mike) dal loro consueto corredo genetico (il duetto con la Jones, il trip-hop con Amon Tobin) in una vera e propria rivisitazione pattoniana del pop.
L’ opener è “Five Seconds” con l’ex-cLOUDDEAD Philip Madson alias Odd Nosdam: l’immancabile gong d’apertura, un tema vagamente orientale, brevi scratch , qualche beat al posto giusto, cantato ammiccante e una fortissima inclinazione melodica, il canale sotterraneo che attraverserà tutto l’album. Un pezzo che non si collega ad alcun frangente della produzione cLOUDDEAD ma piuttosto a certi momenti di “Joint Special Operations Task Force” per l’innato senso ritmico assolutamente coinvolgente e alla prima prova solista di Madson, “Burner” (Anticon, 2005; con Mike nelle vesti di vocalist nel brano “11th ave.freakout Part 2”), per l’elettronica minimale. Aspetti che ritornano quasi clonati nella successiva “Mojo” (con Rahzel e l’amico di lunga data Nakamura, produttore insieme a Patton di diverse tracce di questo “Peeping Tom”), primo singolo estratto dall’album, scelto probabilmente per il suo efficace appeal radiofonico.
La natura pop di “Mojo”, alterata da una matrice trip-hop di origine bristoliana e da un indefinibile sottobosco elettronico, conferma la volontà di Mike di rispolverare germi dei Faith No More periodo 1995-97 (enfatizzando tale revival nella conclusiva “We’re Not Alone Remix”) sostituendo, in una singolare parodia di crossover, il rock con il pop (contributi Anticon appariranno anche nella quinta traccia, la divertente “Your Neighborhood Spaceman”, con il nuovo fenomeno Jel e ancora Odd Nosdam).
La solidità della musica di Mike Patton si basa paradossalmente sulla fragilità e sul camaleontismo delle sue idee. Il monumentalismo a volte stucchevole di Amon Tobin (stimato autore di colonne sonore da qualche tempo “prestato” al mondo dei videogiochi) scompare del tutto nel ricordo Portishead di “Don’t Even Trip”, dove Mike si autocita e recupera il medesimo timbro vocale di “The Real Thing” (Slash, 1989).
Nella compagnia di “Peeping Tom” non poteva certo mancare Kool Keith (aka Rhytm X, Dr. Octagon, Dr. Octagonecologyst, Dr. Dooom, Mr. Gerbik, Reverand Tom…), uno dei personaggi più affini a Mike in quanto a spregiudicatezza e versatilità, al quale Patton commissiona un piccola bolgia hip-hop raffrontabile ai primi lavori del discepolo di DJ Shadow (“Sex Style”, 1997). D’obbligo, o quasi, anche la presenza dei Massive Attack (che ospiteranno Mike nel prossimo album di inediti) con un brano però sottotono rispetto le attese, “Kill The DJ”, decisamente deludente, al pari di “Sucker”, il pezzo con Norah Jones (nonostante sia inspiegabilmente soddisfacente ascoltare la graziosa vergine del jazz sussurrare “motherfuck” e altre oscenità simili). Ma la sostanza di fondo rimane apprezzabile, con la bossa della “dea” di casa Ziriguiboom Bebel Gilberto (“Capirinha”), le intuizioni di Kid Koala (Deltron 3030) in “Celebrity Death Match”, dell’altro ex-cLOUDDEAD, Doseone (“How U Feelin?”), e soprattutto con la straordinaria “We’re Not Alone Remix”, la reminiscenza faithnomoriana più esplicita mai eseguita da Mike dallo scioglimento del gruppo nel 1998.
“Peeping Tom” si mostrerà all’inizio come un disco semplice e immediato, forse scontato, addirittura inutile, con strutture-canzoni banali e orecchiabili e nulla di più. Potrà nientemeno suscitare un po’ di fastidio, indurre alla noia e spingere a sostituire il disco con “Mit Gas” o qualunque altra cosa marchiata Ipecac dove il basso e la batteria non siano sintetici. Ma è una sensazione appunto preliminare, perché il Mike Patton di “Peeping Tom” non vuole stravolgere alcunché, ma solo accompagnare, come quel fanfarone di Nathaniel Merriweather, ipotetiche copule estive con una manciata di validi groove, qualche parolaccia e tanto, tantissimo ritmo.
In fin dei conti, è in arrivo il nuovo Tomahawk…
27/07/2006