Trio di polistrumentisti attivi sin dal 1996, la cui arte è stata scoperta e diffusa sin dal '99 dalla lungimirante label tedesca Prophecy, Tenhi è un progetto volto verso atmosfere dallo spiccato potere esoterico e evocativo. "Maaäet" (termine traducibile come "Madre Natura" o "Madre Terra") è il loro terzo album, e ci mostra un gruppo capace di proporre una formula assolutamente personale. Situata al confine tra un folk rilassato e spettrale e vaghi richiami progressive, la musica di Tenhi sa essere al tempo stesso epica e dimessa, e sa raggiungere un'inaudita profondità emotiva utilizzando il minimo delle risorse.
Gli spartani arrangiamenti acustici donano a queste canzoni un fascino davvero indescrivibile. Tanto indescrivibile che pure la presente recensione ne ha risentito, arrivando infatti in vergognoso ritardo (il disco è uscito a febbraio). Ma mai come nel caso di Tenhi, la musica parla da sola. Cosa si può aggiungere, infatti, quando ci si trova davanti un brano come l'iniziale "Varpuspäivä" e si resta all'istante rapiti e ipnotizzati da quel calmo, funereo incedere della batteria sul quale piano piano iniziano a piovere note di piano, chitarra e violino. E l'abilità dei musicisti nel soffermarsi con tutta la calma necessaria su ogni singola, preziosa nota lascia sbalorditi e dona sensazioni di intenso, estatico straniamento.
C'è da dire che sulle prime il canto/recitato del leader Tyko Saarikko può lasciare interdetti (e non solo perchè rigorosamente in lingua madre finnica), eppure risulta impossibile non lasciarsi avvolgere dalle spire magiche delle loro lente ed eleganti evoluzioni. Ma è quando si entra nel cuore pulsante del disco che si ha la conferma di trovarsi dentro un incantesimo, di essere testimoni di un assoluto stato di grazia da parte dei creatori di tanta bellezza. La bellezza prepotente che esplode dai volteggi disperati della straordinaria "Vähäinen Violetissa", o dal semplice, cullante naturalismo degli arpeggi che si muovono come foglie al vento nella delicata "Kuulut Kesiin". Bellezza che si fa invece cupa e nerissima introspezione nella lunga "Viimeiseen" e soprattutto nella gelida immobilità di "Sarastuskaivija". Tutti brani di tale intensità da far impallidire anche i migliori Black Heart Procession. Tanto è il miracolo espressivo compiuto in questi brani, che altre canzoni come "Kuoppa", che enfatizza gli accenti progressive della loro musica, o il raffinato folk-rock di "Rannaltu Haetta", rischiano quasi di apparire convenzionali e passare inosservate.
Infine, a rendere completo il riflessivo percorso intrapreso dall'album, arrivano anche "Maa Syttyy" e "Aatos", due brevi, umili gemme acustiche che sono ben altro che semplici riempitivi e abbracciano il capolavoro "Tuulenkaato", il brano-summa di tutta l'arte (ultra)terrena messa in campo dal trio lappone.
Dolce elegia delle cose che cambiano, sconsolata contemplazione di lenti e inesorabili movimenti, "Maaäet" si pone come opera totalmente aliena da tutto ciò che si può trovare attualmente nel panorama musicale. Opera di non facile accesso, pretende un'attenzione e un'apertura mentale che forse pochi ascoltatori hanno voglia, o sono in grado, di dare a un "semplice" album musicale. Per quei felici pochi si tratta di qualcosa che resterà nelle più profonde e intime emozioni. Da non perdere.
05/09/2006