Saper incantare, al giorno d’oggi, non è un’operazione
semplicissima, né scontata. Vi riesce invece Aki Tsuyuko, a ogni sua uscita. La
sua è una musica sospesa fra la terra e il paradiso, un complesso di suoni soavi
e soffici, un acquerello dipinto con i colori più vivaci e spumeggianti.
Il
suo obiettivo è creare un’atmosfera sognante con l’ausilio di pochi elementi,
cesellare una melodia che va oltre al semplice intrattenimento musicale,
trascendendo dal suono e catturando mente e anima, con i suoi toni
deliziosamente fragili e bambineschi.
L’angelo capace di queste meraviglie
venne scoperta a suo tempo da Nobukazu Takemura, uno degli artisti più
importanti di tutta la scena giapponese, autore di album dal gusto armonico
inconfondibile ("10th", "Child And Magic"). Produce diversi singoli di Aki,
consapevole del suo valore artistico, si fa prestare la voce in diverse
produzioni e, non di scarsa importanza, porta con sé la ragazza in giro per il
mondo, nei suoi tour, nella veste di video-maker.
Il processo di
formazione da parte di Aki è stato molto intenso, partita con gli studi di
organo in prima adolescenza (nel suo paese natale, Gifu), catturata dalle arti
visive, cura e perfeziona diverse performance che ibridano suono e
immagine, sia in patria, sia al di fuori dei confini giapponesi.
Precisamente nel 2000, Jim O’Rourke, si accorge del valore di questa
artista, e ne ristampa il suo primo album completamente strumentale,
"Ongakushitsu", pubblicato per la Mokai. Un’opera che scintilla di luce propria,
un groviglio morbido e giocattoloso fatto di stille elettroniche svolazzanti,
note di organo vaganti per lo spazio, erranti animi digitali con il sorrisino
sulla bocca. Lo xilofono è lo strumento dominante e sembra di vivere sotto un
temporale di pioggia eterea, con il viso rivolto verso il giardino delle
delizie.
Siamo al 2006, e arriva "Hokane", album uscito per l'autorevole
etichetta americana Thrill Jockey.
Impostato diversamente rispetto al suo
predecessore, il disco lascia intravedere un amore spassionato per la musica
classica d’autore, un sapiente lavoro di trasposizione di suoni antichi e
tradizionali, che invade ogni singola composizione. Non molto dissimili da
quelli di un’altra bambina amante dell’elettronica come Sawako, i suoi bozzetti
si distinguono senza lasciar all’ascoltatore una sensazione di già sentito, o un
vago gusto amaro in bocca. Questo album, come detto in principio, affascina con
il suo fare minimale e gentile, attraverso tocchi teneri e carezzevoli.
Si inizia con una suite , formata da quattro atti, l’incantevole
"Como Suite". Come in "Ongakushitsu", lo strumento predominante era lo xilofono,
qui è l’organo a far da padrone. S’aggiunge qualche arco, poco altro, per
produrre una marcetta per fanciulli innamorati. Dopo questa introduzione,
vengono proposte una coppia di pezzi cantati (dalla stessa Aki e dal fratello).
Dal dolce incedere di "Owlet Hymn", adagiato su un prato rigoglioso, si prosegue
con la voce maschile ovattata di "Bud Of A Song", una piccola fiaba magica.
Un’aura di bellezza ricopre queste due gemme.
Una filastrocca per folletti
danzanti diffonde colori ovunque ("Dune and Clarinet"), musica per un bosco
fatato, cantata con un tocco di raffinatezza ("Zou and Chou"), la suite infinita
e profonda, adatta per un tramonto dipinto da tinte soffuse ("Aquilo"). E
ancora, cullare i propri pensieri immaginifici con la musica composta da una dea
terrena ("Noel’s Organ"), sognare e viaggiare, amare e sfiorare il cielo con la
sonorizzazione di un ruscello che scroscia ("Rainbow Train"), salutare il
paradiso, ascoltando la colonna sonora del ritorno ("Dance At Happy Night").
Ancora, dal Giappone, trame sonore utili per rilassare un animo
distrutto, risanare dolori provenienti da lontano, adagiare le membra in un
piacevole torpore per una mezz’ora di sogni e sorrisi.
18/05/2006
1. Como Suite
2. Owlet Suite
3. Bud Of A Song
4. Dune and Clarinet
5. Zou and Chou
6. Aquilo
7. Noel’s Organ
8. Rainbow Train
9. Dance at Happy Night