Uscita in Inghilterra lo scorso settembre e battezzata a 5 stelle dai più o meno compiacenti media connazionali (Guardian, Nme, Mojo e Rocksound), l'opera prima di Natasha e compagne fa la sua apparizione a un anno di distanza in Italia, storica terra di conquista per i dream-popper d'oltremanica - dai pionieri Cocteau Twins alla Alison Goldfrapp ancora illibata di "Felt Mountain". E fin dal primo ascolto, appare chiaro che "Fur And Gold" ha tutte le carte in regola per tentare un nuovo centro. Undici tracce che ci catapultano per incanto tra maghi e folletti, attraverso scenari fantasy cullati da trasognate melodie elettro-folk.
La Khan, autrice di testi e musiche, si alterna a harpsichord, piano, autoharp, chitarra, beat machine e percussioni, affiancata da Ginger Lee (autoharp, chitarra, piano, percussioni), Abi Fry (viola, batteria, piano) e Lizzie Carey (chitarre, violino, percussioni). Special guest: Josh T Pearson (Lift To Experience), che aggiunge voce e chitarra in tre brani.
Il magical mystery tour prende il via nella fitta selva di harpsichord e voci spettrali di "Horse & I", fiaba à-la Patrick Wolf che sembra uscita da un libro dei fratelli Grimm e che invece nasce da un sogno di Natasha ispirato dal mito di Giovanna d'Arco. Con la cupa "Trophy" si fa subito evidente il debito verso Bjork, fin troppo citata sia nei timbri infantili sia nelle pulsazioni freddamente nordiche, mentre l'immacolata "Tahiti" mette a nudo l'ugola celestiale della Khan, assecondandola solo con tintinnanti rintocchi di piano. Ma è soprattutto il gothic-pop del singolo "What's A Girl To Do" a far gridare al miracolo: un muro di percussioni che ruba l'intro a "Just Like Honey" dei Jesus And Mary Chain, poi, la metamorfosi, con un'arpa ostinata e cori spettrali a incalzare il canto sinistro di Natasha, che strizza l'occhio a due "streghe" doc del passato, come Kate Bush e Siouxsie Sioux.
E se la mesta ballata piano-voce di "Sad Eyes" potrebbe esser stata sottratta al songbook della prima Tori Amos, il seguito del disco accentua i risvolti "pagani" di questo sortilegio sintetico. Il nervoso shuffle di "Wizard" invoca ossessivamente l'avvento del mago ("the wizard comes") mentre tastiere e drumming scandiscono una sorta di danza propiziatoria ("drink his blood and he's our leader"); la sinfonica "Bat's Mouth" ci trasporta dentro una grotta infestata dai pipistrelli in una gelida notte nordica; la tenera nenia di "Seal Jubilee" inneggia al regno animale degli oceani; "Prescilla" e "Sarah", dietro gli handclapping, i beat e i cori mesmerici, nascondono inconfessabili atrocità ("they cut out her heart when she was a little girl"); mentre l'orrorifica chiusura di "I Saw a Light" narra di luci nella foresta e di una coppia suicida nel retro di un'auto, in un crescendo di effetti thrilling.
Manca forse la coesione e il pathos di un "Wind In The Wires", ma, pur con tutte le sue ingenuità e i suoi fin troppo espliciti rimandi, "Fur And Gold" lascia intravedere tutto il talento di Natasha Khan, regina dei ghiacci che si aggira per foreste montane e valli sconfinate con il suo fascino misterioso e inquietante.
(17/07/2007)